mercoledì 16 novembre 2016

Raccontare di un insegnante

Per le studentesse e gli studenti del corso di Didattica Generale anno accademico 2016 2017
 
Come avevamo concordato a lezione inserisco un post con cui vi invito a narrare di uno dei tanti insegnanti che avete conosciuto. 
Nella vostra storia di studenti avete avuto modo di incontrare e lavorare con una molteplicità di maestre/i, professoresse e professori. Sono personalmente convinto, ma potrei argomentarlo, che avete elaborato a partire dalle vostre esperienze, in modo più o meno consapevole, una visione dell'insegnamento e che tale visione sia, come criterio guida per la vostra futura professione, molto più efficace ed incisiva di certe forme di conoscenza delle teorie/metodologie didattiche. Allora vi invito a raccontare, ripensando alle vostre esperienze di studenti, di quell'insegnante (non importa se l'incontro è avvenuto alle elementari o alle superiori) di cui conservate ancora oggi un ricordo positivo? Perché, tra i tanti conosciuti, ricordate proprio lui? Come insegnava?
Come scadenza per l'inserimento dei commenti, indicherei la data del 24 novembre. Può andare?
 
Buon lavoro!
 
FB

giovedì 6 ottobre 2016

Per gli studenti del corso di Media education e competenze digitali


Come dicevamo nell'incontro di ieri, ci sono molti modi di concepire ed usare il web. Iniziare a presentare i propri usi della rete può essere un buon inzio per il nostro corso.
Vi avevo segnalato una interessante scala (scala Forrester) che distingue sei possibili usi:
1. Creatori: quelli che pubblicano on line creando blog, pagine web...;
2. Partecipanti critici che commentano (come voi in questo blog...) e discutono on line;
3.
Partecipanti che usano social network;
4. Partecipanti collezionisti che raccolgono contenuti di vario genere;
5. Lettori simpatizzanti che leggono, sentono e visionano contenuti on line;
6. Inattivi. 

Come tutte le scale si tratta di uno strumento imperfetto, ma credo possa offrire uno spunto adeguato per raccontare cosa facciamo della/nella rete.
Vi invito ad inserire le vostre scritture come commento a questo post.  Come concordato sarebbe utile pubblicare i commenti entro martedì sera, così mercoledì mattina posso leggerli e nel pomeriggio li commentiamo (se non avete problemi suggerirei di firmare i commenti, se volete usare pseudonimi avvertitemi).
Se ci sono dubbi o difficoltà contattatemi pure nel gruppo fb.

Buon lavoro e buon fine settimana!

fb

lunedì 8 agosto 2016

Nuovo numero di Form@re a cura di Roberto Trinchero

Il nuovo numero di Form@re è on line. Il tema è quello dell'expertise dell'insegnante ed è curato da Roberto Trinchero dell'Univerisità di Torino.
Questo l'indirizzo:

Buona lettura!

domenica 10 luglio 2016

Federico Bertoni, Universitaly. La cultura in scatola - seconda e ultima parte

Federico Bertoni, Universitaly. La cultura in scatola, Laterza, Roma-Bari 2016.

Non è una recensione... riporto solo alcune citazioni organizzate per concetti rendendomi conto che corro il rischio di fornire una idea parziale…

1.Il futuro dell’università
«volete che da un parte ci siano pochissime università “di eccellenza”, ovviamente al Nord, con tasse stratosferiche e finanziamenti corposi, in cui scalare le classifiche, vincere i Nobel e allevare le future classi dirigenti, e dall'altra una massa indistinta di liceoni dequalificati in cui far pascolare la plebe degli studenti senza speranza né qualità, in barba alla Costituzione?» (p. 28)

«l’equazione subdola tra responsabilità (accountability) e contabilità (accounting) ha trasformato l’università in una consumer oriented corporation, con un sistema di governo oligarchico e una tecnocrazia capillare che ha avocato a sé i mezzi e fini, fondata su criteri come […] la soddisfazione del cliente […]» (p. 99)

Il sistema informatico di ateneo «reclama una massa crescente di dati, adempimenti, informazioni sempre più dettagliate (tra qualche anno ci chiederanno di indicare anche il colore delle mutande con cui andremo in aula). Poi cambia interfacce, sviluppa applicazioni e database, si arricchisce di nuove deleghe, funzioni e piattaforme. E mentre progredisce in efficienza e articolazione, diventa sempre più tirannico e ipertrofico, come se l’accumulo di informazioni fosse il perfetto specchio virtuale dello scollamento tra segni e referenti in cui brancoliamo» (p. 32-33)

Meritocrazia: «finché non ci saranno davvero pari opportunità – miraggio che francamente non si vede all'orizzonte – merito è solo un altro nome per privilegio» (p. 62)

2. Gli studenti
«il rispetto per gli studenti  non ha nulla a che fare con il precetto secondo cui “i cliente ha sempre ragione”» (pp. 120- 121)

3. I docenti universitari
I docenti sono «parte di una grande corporation burocratica in cui non importano le cose che facciamo ma solo le procedure che eseguiamo, in cui gli studenti non sono persone che reclamano il diritto al sapere ma clienti da soddisfare, consumatori di beni e servizi, acquirenti di un prodotto che dovranno vendere a loro volta nel mercato globale» (p. 100) 

«ci stiamo trasformando a tutti gli effetti in amministratori, ingranaggi della macchina ed esecutori solerti di ingiunzioni burocratiche […] l’evoluzione del sistema universitario ha cambiato la natura stessa delle responsabilità: il nostro compito primario non è più contribuire al progresso della conoscenza e condividerla con gli studenti, ma reagire puntualmente alle ingiunzioni ed eseguire i comandi in modo rapido, complesso e preciso» (p. 33)

«il mistero della psicologia sociale del docente universitario […] L’evoluzione della specie lo ha portato a sviluppare alcune abilità specifiche, regole di sopravvivenza che sa applicare con istinto infallibile alle situazioni e a gli ambienti più disparati: sii prudente, non rischiare, non esporti mai, non fidarti di nessuno e guardati anche dalla tua ombra: pensa a te stesso e non fare l’eroe; stringi i denti e porta pazienza, non essere orgoglioso, inchinati a comando se vuoi che un giorno siano gli altri a inchinarsi ai tuoi piedi […] e soprattutto ricordati che sei in grado di adattarti e sopravvivere a qualunque cambiamento» (p. 103)   

4. La ricerca
«la ricerca è fatta anche di spreco, intuizioni causali, punti morti, false piste e sentieri interrotti, e soprattutto dalla curiosità con cui ci si mette in viaggio senza intravvedere la meta finale. Se non ci ostiniamo a credere in questo, e dunque a pubblicare un po’ meno, impegnarci in lavori di ampio respiro, seguire strade meno battute, infischiandocene di indici e parametri, la catastrofe cognitiva sarà inevitabile» (p. 119)

5. Prospettive
«ormai la gente è letteralmente terrorizzata solo all'idea di aprire bocca […] parla, esponi la tua opinione, intervieni quando vedi qualcosa che giudichi sbagliato […] alza la mano nelle ultime sedi deliberanti se vedi approvare nel silenzio generale un provvedimento che non condividi, dì la tua, e se necessario vota  contro» (p. 117)

«ricostruire il senso di una comunità e di un orizzonte condiviso» (p. 117)

«paradigma pedagogico non […] fondato sulla trasparenza e sulla pura trasmissione delle informazioni ma sul confronto, sulla contraddizione, sul dialogo non conciliante, sull'eterogeneità dei soggetti e dei pensieri […] sviluppare il senso critico, insegnare a decostruire i meccanismi ideologici che ci governano, fornire gli strumenti per mettere in discussione il nostro stesso sapere, facendo capire che tutto ciò che succede nei recessi segreti del castello accademico li riguarda da vicino, e riguarderà i loro figli» (pp. 121- 122)

domenica 3 luglio 2016

Insegnanti tra competizione e cooperazione

Sto cercando di capire le motivazioni del rifiuto da parte di tanti insegnanti del bonus previsto dalla buona scuola. Mi piacerebbe raccogliere le dichiarazioni effettivamente usate.
Fino ad ora in rete, a parte dichiarazioni di seconda mano riportate da giornalisti e modelli prestampati , ho trovato solo questo

“La sottoscritta […] chiede la valutazione delle attività ai fini dell’attribuzione del bonus, sulla base dei criteri stabiliti dal D.S. e sulla base della legge 107/15, in cui non si legge in alcun articolo o comma, dell’assegnazione del bonus su richiesta del docente. La sottoscritta, per coerenza e dignità, non intendendo sottrarsi ad alcun giudizio valutativo, chiede che gli eventuali compensi vadano a migliorare la scuola, a sostegno degli alunni più deboli e svantaggiati”

L’originale - con nome, cognome e protocollo -  è qui:

domenica 26 giugno 2016

Per la mia tesista che lavora sulla flipped classroom

Le segnalo tre articoli sulla flipped:

- Flipped Classroom: riflessioni per la ricerca educativa, di
Graziano Cecchinato
- Ambienti di apprendimento e Flip Teaching: l’esperienza
del Bosso Monti di Torino, di Francesca Alloatti, Federica
Viscusi
- Didattica inclusiva, Flipped Classroom e Open Educational
Resources, di Filippo Bruni

Sono tutti all'interno del volume di Pier Giuseppe Rossi e Catia Giaconi (a cura), Micro-progettazione: pratiche a confronto. PROPIT, EAS, Flipped Classroom, Angeli, Milano 2016.

Il volume, in una logica di open access, è disponibile on line all'indirizzo:

Buon lavoro!

domenica 12 giugno 2016

Federico Bertoni, Universitaly. La cultura in scatola - prima parte -


da Federico Bertoni, Universitaly. La cultura in scatola, Laterza, Roma-Bari 2016.

I docenti universitari 


I docenti sono «parte di una grande corporation burocratica in cui non importano le cose che facciamo ma solo le procedure che eseguiamo, in cui gli studenti non sono persone che reclamano il diritto al sapere ma clienti da soddisfare, consumatori di beni e servizi, acquirenti di un prodotto che dovranno vendere a loro volta nel mercato globale» (p. 100)

domenica 22 maggio 2016

Il nuovo numero di Form@re è on line!

Il nuovo numero di Form@re è on line. Il numero si occupa di "Didattica in ambito scientifico e tecnologico nella scuola" ed è curato da Rosa Bottino. Questo è il link:

Segnalo un articolo relativo ad una esperienza realizzata in Molise:

Start App: una esperienza di coding tra scuola primaria e scuola secondaria

lunedì 18 aprile 2016

Giocare con i selfie 04: un selfie per salutarsi

Ecco la proposta finale. Giovedì il corso è terminato e abbiamo concordato l'ultima tipologia di selfie da realizzare: un selfie per salutarsi. Come vi dicevo i selfie possono essere usati per socializzare all'inizio di un percorso trasformandosi in uno strumento di conoscenza reciproca. O possono essere usati alla fine: il selfie di gruppo finale è un poco come la classica foto di gruppo che certifica in modo informale il buon esito di una attività. 
Un selfie finale di gruppo l'avete già realizzato: il fatto che più di uno di voi sia venuto con il classico stick, il bastoncino per i selfie mi fa pensare che ci tenevate a realizzarlo e ne sono ben contento (detto per inciso quei bastoncini sono così inflazionati nei luoghi turistici da essere diventati odiosi ma qui rispondono all'idea, molto bella, che nella foto finale dovevamo starci tutti, proprio tutti). 
L'invito è pensare ad altri selfie, individuali o di gruppo per salutarsi e chiudere il corso. 
Vi propongo di continuare a usare sempre Twitter ma, come già fatto da alcuni di voi, con l’hashtag unimolsel04  (https://twitter.com/search?q=%23unimolsel04&src=typd&lang=en). 
Il premio, a questo punto, ovviamente all'esame!

Grazie a tutti voi!

Giocare con i selfie 03: no standard smile selfie please!

Il gioco va avanti! Ed è bello vedervi coinvolti! A lezione, riprendendo il test proposto da Paul Ekman sul riconoscimento delle emozioni partendo dalle espressioni del volto, abbiamo iniziato a capire quanto articolate e ricche di significato possano essere le diverse possibilità di comunicare emotivamente con il nostro viso. Tante foto, e tanti selfie, mostrano sorrisi stereotipati e le tipiche espressioni di chi si è messo in posa. Capite allora la sfida che vi propongo: selfi che mostrino emozioni, quelle che volete (ormai grazie ad Ekman ne sapete quanto basta) ma non sorrisi stereotipati e di circostanza. Vi propongo di usare sempre Twitter, questa volta con l’hashtag unimolsel03 (https://twitter.com/hashtag/unimolsel03?src=hash&lang=en)
.
Alcuni hanno già iniziato...grazie a tutti voi!

giovedì 7 aprile 2016

Giocare con i selfie 02: il mio luogo del cuore all'Università del Molise

Grazie a tutti coloro che stanno partecipando al gioco...tra poco, a lezione presenterò sia i vostri avatar sia i vostri selfie. 
E vi propongo un'ulteriorie attività, riprendendo l'esempio del FAI che ha lanciato l'idea di segnalare i luoghi del cuore. Ormai avete passato due anni all'interno dell'Università del Molise e ne conoscete aule, corridoi, segreterie...L'invito consiste nell'individuare un luogo dell'Università, tra i tanti che conoscete, a cui siete in qualche modo particolarmente legati (il primo esame? La prima lode? ....). Il passaggio successivo è un selfie con il luogo prescelto come sfondo. Credo possa essere un modo per raccontare la vostra storia in università.  Vi propongo di usare sempre Twitter con l’hashtag unimolsel02. 
In questo caso a vincere è il luogo: vedremo quello a cui siete più legati nei vostri primi due anni...

A tra poco...

FB

lunedì 28 marzo 2016

Giocare con i selfie 01: mostrarsi o nascondersi?


Vi anticipo, in attesa del prossimo incontro, il gioco che intendo proporvi. Avete presente il percorso fatto: assumendo l’approccio proprio della ludobiografia abbiamo giocato con le firme, con le microbiografie professionali di 140 battute usando twitter, con l’autoritratto fatto su carta e penna facendo a gara nell’individuare la persona ritratta. Per gli ultimi tre giochi ritratti vorrei utilizzare il selfie: sapete bene di cosa si tratta, un auto ritratto digitale condiviso in rete. 
  
Il gioco è semplice. Quando  inseriamo una nostra immagine nel profilo di un social network scegliamo di fatto tra due strategie. La prima è legata all’affermazione di sé, la seconda al nascondimento o, se volete, ad un mostrarsi in modo limitato e parziale. Se nel primo caso si tratta di evitare l’effetto foto tessera (ma allora quale sfondo, quale espressione del viso…) nella seconda di tratta di capire quali dimensioni celare.
Una strategia va scelta. Poi mano al cellulare per le fotografie (vi dirò che cos’è la finestra di Johari). Infine, visto che ormai tanti di voi nella precedente attività hanno acquisito una buona confidenza, userei Twitter (consiglio a chi non l’avesse fatto di scaricare l’app).  Vi mostrerò come Twitter  permetta di tagliare  e modificare le immagini. Per concludere il selfie va pubblicato con un messaggio in cui è inserito l’hashtag unimolsel01 e indicata la strategia prescelta.

Sceglierete il selfie che riterrete più efficace ed intrigante per ciascuna delle due strategie indicate. E sarà mia cura trovare un premio adeguato.

A giovedì

FB

domenica 27 marzo 2016

Domenica di Pasqua

"Se noi dai campi di prigionia, ovunque siano nel mondo, salveremo i nostri corpi e basta, sarà troppo poco. Non si tratta di conservare questa vita a ogni costo, ma di come la si conserva"

Etty Hillesum, Lettere. Edizione integrale, Adelphi, Milano 2013, p. 57

domenica 13 marzo 2016

Convegno Sirem 2016

CONVEGNO SIREM 2016 – “L’EDUCAZIONE DIGITALE” – 
#Sirem2016
Modelli pedagogici e pratiche didattiche per la formazione iniziale e in servizio degli insegnanti
17-18 Marzo 2016, Sala Villani
Università degli Studi “Suor Orsola Benincasa”, Via Suor Orsola, 10, 80125 Napoli
il programma è qui

domenica 6 marzo 2016

Per ricordare Umberto Eco: "Perché le università"

Dall'intervento di Umberto Eco "Perché le università" in occasione di la "Magna Charta Universitatum: il venticinquesimo anniversario" (settembre 2013)

"Non si può trovare Dio nel rumore; Dio si palesa solo nel silenzio. Dio non è mai nei mass media, Dio non è mai sulle prime pagine dei giornali, Dio non è mai in TV, Dio non è mai a Broadway. Dio è, dove non c’è agitazione. Questa massima vale anche per chi non crede in Dio, ma pensa che da qualche parte esista una Verità da scoprire, o un Valore da creare. Non si possono trovare verità e creatività in un terremoto, solo in una ricerca silenziosa. Nel tumulto del mondo odierno, gli unici luoghi del silenzio, accanto alle sedi di meditazione religiosa, restano le università. Sono ancora fra i pochi luoghi in cui è possibile un confronto razionale fra diverse visioni del mondo. Da noi universitari ci si aspetta che combattiamo, seppure privi di armi mortali, l’interminabile lotta per il progresso del sapere e della pietas".

L'intero intervento è disponibile on line all'indirizzo:

domenica 14 febbraio 2016

Maria Ranieri, Stefania Manca, I social network nell’educazione. Basi teoriche, modelli applicativi e linee guida, Erickson, Trento 2013

Appunti di lettura

Segnalo cinque snodi

1. Il primo è legato alla dimensione relazionale e sociale che si sviluppa tra realtà e virtualità, diventando un aspetto costitutivo, come segnalato ad esempio da Jenkins, delle competenze digitali. Cogliere lo scarto e la continuità tra le nozioni di rete sociale, con le sue tipologie di legami, di capitale sociale e di social networking (pp. 20-23) permette di evitare visioni dicotomiche ed eccessivamente centrate su una discutibile visione del digitale come dimensione autonoma.

2. Il secondo è quello dell’identità. Oltre a riportare e a puntualizzare i vari approcci al tema delle identità on line, vengono segnalati due questioni che probabilmente segnalano due feconde piste di ricerca. La prima riguarda l’impression management (p. 45), espressione che indica le modalità con cui ciascuno gestisce la propria presentazione, ad esempio nel profilo, cercando di governare e promuovere l’immagine di sé nel contesto sociale. La seconda riguarda la credibilità on line, che insieme al tema della fiducia e delle emozioni, tocca una dimensione non ancora adeguatamente indagata e che, per il rischio di analfabetismo emotivo, risulta essere in termini educativi una sfida di difficile soluzione.

3. Dimensione relazionale ed identità costituiscono le indispensabili premesse per cogliere il valore del dettagliato quadro, realizzato con una puntuale analisi della ricerca internazionale, ed è questo il terzo snodo, su potenzialità e limiti dei social network come ambiente/strumento didattico. Le potenzialità sono, sinteticamente, individuabili in quattro punti: “costruzione di comunità”, “attività collaborative”, “condivisione di risorse”, “ampliamento dei contesti di apprendimento” (p. 80). Ben più consistente sembra essere l’elenco dei limiti segnalati dalle autrici, tra cui spiccano la “mancanza di funzionalità specifiche per l’apprendimento formale”, “l’erosione dei ruoli docente/studente” e la “mancanza di strategia di valutazione adeguate”  (pp. 83-85). Lo scarto tra i due elenchi mostra come il desiderio di utilizzare i social network in chiave didattica, per quanto diffuso e condivisibile, si scontri con la difficoltà di “fornire risposte precise a problemi o esigenze specifiche” (p. 94): del resto “tra i vari contributi che si muovono in questa direzione, ve ne sono alcuni che, presi nel loro insieme, sono indicativi della complessità dell’impresa. Infatti, benché muovano da premesse pedagogiche affini, essi giungono a conclusioni molto diverse su questioni piuttosto delicate” (p. 94). 

4. Di fronte ad quadro complessivo ambivalente, le autrici, oltre a proporre significative linee guida per un uso efficace dei social network nell’apprendimento (pp. 94-97), segnalano – ed è il quarto snodo - la prospettiva data dal lifelong learning. Alla luce di un quadro teorico centrato su una serie di coppie concettuali contrapposte (comunità di pratica/reti di pratica, folla/comunità, comunità/collettivi) vengono esaminate pratiche e prospettive di uso dei social network in relazione alle categorie professionali degli insegnanti, dei medici, degli accademici. Rispetto ad un uso legato alla dimensione formale dell’istruzione sembra prevalere l’aspetto legato al non formale e all’informale. In tal senso le autrici segnalo come emergente la pratica del content digital curation che “sposta l’enfasi dalla produzione di contenuti alla selezione e all’aggiornamento continuo dei contenuti” (p. 126). 

5. Il quinto ed ultimo snodo è dato nelle Conclusioni, dove, in poche pagine, da un lato si affronta il principale problema delle tecnologie dell’istruzione e dall’altro si indicano ulteriori piste di ricerca. Di fronte ai dubbi sull’efficacia della ricerca in relazione all’educational technology, la risposta è duplice. La prima consiste nel rilevare che  esistono comunque nuovi oggetti digitali che di fatto si stanno diffondendo in maniera pervasiva e ciò richiede che siano oggetto di educazione. Serve una “formazione funzionale allo sviluppo di competenze di social networking” (p. 130). La seconda  rileva il dato di pratiche di uso dei social network nei processi di insegnamento/apprendimento. Le buone pratiche vanno valutate ed analizzate: “appare oltremodo ragionevole far tesoro dei risultati della ricerca e trarne indicazioni utili per progettisti, insegnanti, formatori e policy maker nell’ottica dell’educazione con oppure supportata dai social network” (p. 130). Da queste premesse vengono segnalate tre ambiti di interesse per ulteriori ricerche. Il rapporto tra formale e informale, l’identità professionale (“i social network stanno erodendo i confini tra identità personale e professionale, rimettendo seriamente in discussione il concetto di reputazione”, p. 131), e alcune nuove pratiche emergenti come la content curation e l’uso di dispositivi mobili.   

domenica 7 febbraio 2016

Per i partecipanti al primo incontro per gli animatori digitali Iti "Marconi" Campobasso

Per l'incontro dell'8 febbraio con gli animatori digitali delle scuole del Molise presso l'ITI "Marconi" (scuola polo per gli animatori digitali).

Segnalo in primo luogo il link per le slide dell'incontro:

Segnalo anche il link relativo alla proposta operativa:

Qui è possibile trovare l'articolo di Marco Guastavigna sugli animatori virtuali:

Ne approfitto per segnalare una esperienza che mi sembra interessante sul coding unplugged in una scuola elementare


domenica 24 gennaio 2016

Confucio. Sulla motivazione

Il maestro disse: "se non sarete bramosi di imparare, non vi istruirò, se non desidererete ardentemente esprimervi, non vi aprirò la mente".
Confucio, Dialoghi, Einaudi, Torino 2006, p. 69

L'esatto opposto di tanto insegnamento che cerca disperatamente e ottusamente di far apprendere ciò che non si è interessati ad apprendere.