mercoledì 24 ottobre 2012

Huizinga, Homo ludens

Sempre per gli studenti del corso di Metodologie del gioco e dell'animazione, ecco le slide relative a Huizinga, Homo ludens.
Questo è l'indirizzo:

martedì 23 ottobre 2012

Caillois, Gli uomini e i giochi

Per gli studenti del corso di Metodologia del gioco e dell'animazione
Pubblico, come promesso, le slide relative a Caillois, Gli Uomini e i giochi.
Questo è l'indirizzo:

domenica 21 ottobre 2012

Empatia/Boella

Il gioco Empatie digitali richiama, visto il successo e l’ambiguità del termine empatia, una adeguata introduzione. Note da Laura Boella, Sentire l’altro. Conoscere e praticare l’empatia, Cortina, Milano 2006.

Definizione di empatia
"l'empatia è l'atto attraverso cui ci rendiamo conto che un altro, un'altra, è soggetto di esperienza come lo siamo noi: vive sentimenti ed emozioni, compie atti volitivi e cognitivi" (p. XII ).

Potenzialità dell'empatia
Da un lato il discorso sull'empatia potrebbe essere scontato: siamo inseriti in un contesto in cui le relazioni costituiscono sin dall'origine un dato ineliminabile e può esser considerato intuitivo che le persone con cui abbiamo a che fare siano simili a noi.  Vanno però considerate potenzialità che possono anche essere o non colte o tradite: "Certo, occorre ripeterlo, ognuno di noi si trova in un contesto intersoggettivo, cioè in una rete di scambi e relazioni sociali, ognuno di noi appartiene a una comunità di lingua e di tradizione prima del suo concreto incontro con un altro. È tuttavia necessario, forse, riscoprire un dato di fatto: che l'incontro concreto [...] aggiunge qualcosa di nuovo, non si limita cioè a rendere esplicito il vincolo che ci lega agli altri"(p. XXVIII).

Cosa non è l'empatia
Non è la simpatia: c'è differenza tra  empatia e simpatia (l'empatia è condizione di possibilità della simpatia) ( p. 11-12).
Non è un sapere congetturale, non è una magica comunicazione di anime: uno dei meriti di Edith  Stein è di considerare l'empatia come "il fondamento di tutti gli atti (emotivi, cognitivi, volitivi, valutativi, narrativi ecc.) con cui entriamo in rapporto con un'altra persona" (p. 21). Viene così ad essere superato la sterile alternativa tra empatia come "forma di sapere congetturale" da un lato ed empatia come "magica comunicazione delle anime" dall'altro” (p. 21).
Non è una forma di immedesimazione:  "empatia vuol dire allargare la propria esperienza, renderla capace di accogliere il dolore, la gioia altrui, mantenendo a distinzione tra me e l'altro, l'altra. Empatia è "rendersi conto", cogliere la realtà del dolore della gioia di altri, non soffrire o gioire in prima persona o immedesimarsi" (p. 24).
Non è una intuizione: c'è un processo, un movimento empatico che implica prima l'emozione dell'incontro, poi un immaginare e comprendere, e infine una trasformazione di sé (pp. 28-29).

Il processo dell’empatia
Empatia e incontro:  importanza ma anche limiti del volto (in tal senso Boella  critica Lévinas perché il suo è un volto indefinito, pp. 42-43).
Ci si trova comunque di fronte ad un processo paradossale, perché l'empatia è paradossale:  “L’empatia mi mette in contatto sensibile, mi rende accessibile qualcosa di inaccessibile, a volte di incomprensibile” (p. 44). Tuttavia va tenuto conto che si possono ritrovare espressioni identiche in culture diverse: “le espressioni di gioia, dolore, paura, ira, sorpresa, disgusto, tristezza, sdegno hanno un loro universalità o perlomeno alcune di esse sono uguali in tutte le culture” (p. 46. Il riferimento è a P. Ekman).
Rimane aperto il problema centrale se davvero possiamo conoscere cosa prova un altro: è questa la domanda fondamentale chiaramente formulata (p. 64). Interessante la posizione della Boella “ “mettersi nei panni dell’altro” vuol dire sperimentare se stessi al di là delle vie battute, al di là dei propri confini” (p. 67). in definitiva l’empatia più che una una ricostruzione ipotetica dell’altro è riflessione e sperimentazione della propria identità: “L’incontro con l’altro non è il mistero della comunicazione delle anime. Significa innanzitutto rendersi conto di ciò che si è modificato in me  o ho scoperto  di me, a partire dal momento in cui la gioia, il dolore di un altro ha "mosso" la trasmissione del sentire tra me e lui” (pp. 72-73). 

Formare all’empatia
Non servono tecniche, ma sicuramente forme di pratica: “sbagliato sarebbe pensare all’apprendimento di una serie di tecniche, anche se di fatto l’empatia richiede esercizio, impegno, deve essere coltivata come un’essenziale capacità umana” (pp. 90-91).
L'esercizio dell'empatia si configura quindi come riflessione-revisione della propria identità: "Esercitarsi all'empatia significa innanzitutto essere chiamati a un esercizio con se stessi, a correggere e a completare la percezione che ognuno ha di sé, arrivando ad accettare anche la novità e la durezza di possibilità di essere , provenienti dall'altro, che possono entrare in conflitto o indebolire l'idea che, a volte con fatica ci siamo fatto di noi, ma che non possiamo assolutamente escludere siano presenti nella nostra profondità più intima oppure possano un giorno stravolgere la costruzione operosa della nostra identità" (p. 96). Empatia insomma come correttivo a forme narcisistiche di riflessioni troppo centrate su di sé.

domenica 14 ottobre 2012

Gli animali di Enzo Mari

I viaggi di lavoro lasciano sempre qualche ora libera. Ne ho approfittato qualche mese fa a Milano per una visita al negozio di Danese con l'obiettivo di regalarmi un gioco: i 16 animali di Enzo Mari  prodotto per la prima volta nel 1957 (non ero ancora nato). Gioco costoso, ma bellissimo: non so quanto davvero utilizzato da bambini. Comunque un'idea quella del puzzle (in questo caso composto di 16 animali, i cui elementi possono essere utilizzati singolarmente visto lo spessore del piano in legno utilizzato) che potrebbe essere ripresa in classe coinvolgendola nella stessa progettazione e costruzione del gioco. Qui le immagini:  
Ad  avere un cilindro in legno ed utilizzando il coperchio della scatola si potrebbe trasformare in realtà l'idea far fare l'altalena agli animali, come suggerisce lo stesso Mari in un suo libro più volte ristampato (Enzo Mari, L'altalena, Corraini, Mantova 2011, quarta ristampa). 

domenica 7 ottobre 2012

Damiano Felini - Video game education

Per gli studenti del corso e del laboratorio di metodologia del gioco e dell'animazione: parleremo, spero ampiamente, dei videogiochi. Vi indico, in relazione al testo adottato, alcuni snodi a cui prestare attenzione nello studiarlo...

Damiano Felini (a cura), Video game education. Studi e percorsi di formazione, Unicopli, Milano 2012.

Provo a procedere per punti:
Un primo aspetto è quello dei molteplici approcci che è possibile avere nei confronti dei videogiochi. Felini riprende una bella espressione aristotelica  e la applica ai videogiochi: il rapporto tra videogiochi ed educazione "si dice in molti modi". Ne individua cinque: rapporto tra video game e mondo giovanile; videogiochi come agenti di educazione implicita; tutela dei diritti dei minori; uso didattico dei video game; video game education (nella triplice dimensione del comprendere, fruire, produrre)  (pp. 11-13). Saper distinguere, cogliendone le specifiche peculiarità, più approcci è la premessa per sfuggire a banalizzazioni, purtroppo frequenti del tema, uscendo da contrapposizioni non utili alla effettiva comprensione del fenomeno.
In tal senso, secondo aspetto, è importante cogliere gli stereotipi legati ai videogiochi (Michele Aglieri e Giulio Tosone, Parlare per stereotipi. Luoghi comuni su videogiochi e educazione): sfuggire alla contrapposizione  tra uno stereotipo negativo ed uno positivo muovendosi verso tentativi di descrizione in qualche modo neutri può costituire un passo significativo.
Diventa quindi importante, terzo aspetto, individuare una serie di coppie concettuali che permettano di entrare nell''universo del videogioco: è possibile rinvenirle sia nel contributo di Aglieri e Tosone sia nel contributo di Massimiliano Andreoletti (Gioco e videogioco: riflessioni tra educazione e intrattenimento). Le coppie potrebbero essere così sintetizzate: gioco analogico/gioco digitale, videogiochi/corporeità, stimolo alla creatività/strumento ipnotico, solitudine/socializzazione, seduzione/educazione (a quest'ultima coppia possono essere affiancate quelle sinonime di divertimento/apprendimento e video game/seriuos game). 
La definizione superficiale di videogioco ("un gioco le cui regole sono gestite autonomamente da un dispositivo elettronico che utilizza un'interfaccia uomo macchina basata su un display come sistema di output", p. 42), quarto aspetto, è comunque indispensabile premessa per coglierne i tratti. Andreoletti segnala in tal senso l'interazione, la simulazione e l'immersione (nelle sue vari tipologie e livelli) come caratteristiche del videogioco. Passando alle pratiche di gioco, dimensione fondamentale che se trascurata corre il rischio di lasciare il videogioco in un limbo indefinito, viene proposta la distinzione tra esplorazione (processo di conoscenza e comprensione delle regole che governano l'azione ludica) e padronanza (percorso con cui il soggetto riesce a governare tali regole) ( (pp. 45-47).
Un quinto aspetto, di grande interesse, è il rapporto tra gioco ed interculturalità. Il contributo di Alessia Rosa (I videogiochi come palestra di sperimentazione valoriale) offrono significative considerazioni a proposito. Partendo da un un esame dei diversi significati dell'idea di valore, segnala come tale dimensione sia presente, ad esempio, sia pure in maniera scarsamente consapevole, nella creazione dell'avatar. La dimensione interculturale, comunque esplicitamente presente in alcuni giochi (Go west, Rescate) rimane una questione aperta: da un lato "l'esistenza di valori universali, che trascendono le differenze culturali, è oggi un'idea controversa", dall'altro "non è ancora chiaro come vengano percepiti i valori di un certo videogioco all'interno di realtà geografiche e culturali distanti" (p. 59) e permane comunque una sorta di "etnocentrismo videoludico" (p. 60) di fronte a potenzialità interculturali ancora inespresse.
Il sesto aspetto è legato all'analisi e alla valutazione dei videogiochi a cui possono essere ricondotti i due contributi di Felini (Analizzare videogiochi nel lavoro didattico e Rating e dintorni. Classificazione dei)  videogiochi e controllo parentalein cui è presentata sia una griglia di analisi basata su dieci aspetti (perché gioco a questo videogioco?; questo videogioco cosa mi propone di fare?; quali abilità questo videogioco mi propone di utilizzare?; la storia e i suoi personaggi; il fattore spazio/ambientazione; l'audio; la meccanica del gioco; il fattore tempo; l'interfaccia; lo sviluppo del senso critico) sia un quadro aggiornato su prerogative e limiti dei rating utilizzati per classificare i videogiochi.
Rimangono infine da segnalare il contributo di Angela Bonomi Castelli (Video game education: per quale formazione estetica?) e la sezione dedicata alle esperienze.
Qui le slide che userò a lezione: 
http://www.slideshare.net/filoan/felini-video-game-education.
Buon lavoro!