domenica 21 ottobre 2012

Empatia/Boella

Il gioco Empatie digitali richiama, visto il successo e l’ambiguità del termine empatia, una adeguata introduzione. Note da Laura Boella, Sentire l’altro. Conoscere e praticare l’empatia, Cortina, Milano 2006.

Definizione di empatia
"l'empatia è l'atto attraverso cui ci rendiamo conto che un altro, un'altra, è soggetto di esperienza come lo siamo noi: vive sentimenti ed emozioni, compie atti volitivi e cognitivi" (p. XII ).

Potenzialità dell'empatia
Da un lato il discorso sull'empatia potrebbe essere scontato: siamo inseriti in un contesto in cui le relazioni costituiscono sin dall'origine un dato ineliminabile e può esser considerato intuitivo che le persone con cui abbiamo a che fare siano simili a noi.  Vanno però considerate potenzialità che possono anche essere o non colte o tradite: "Certo, occorre ripeterlo, ognuno di noi si trova in un contesto intersoggettivo, cioè in una rete di scambi e relazioni sociali, ognuno di noi appartiene a una comunità di lingua e di tradizione prima del suo concreto incontro con un altro. È tuttavia necessario, forse, riscoprire un dato di fatto: che l'incontro concreto [...] aggiunge qualcosa di nuovo, non si limita cioè a rendere esplicito il vincolo che ci lega agli altri"(p. XXVIII).

Cosa non è l'empatia
Non è la simpatia: c'è differenza tra  empatia e simpatia (l'empatia è condizione di possibilità della simpatia) ( p. 11-12).
Non è un sapere congetturale, non è una magica comunicazione di anime: uno dei meriti di Edith  Stein è di considerare l'empatia come "il fondamento di tutti gli atti (emotivi, cognitivi, volitivi, valutativi, narrativi ecc.) con cui entriamo in rapporto con un'altra persona" (p. 21). Viene così ad essere superato la sterile alternativa tra empatia come "forma di sapere congetturale" da un lato ed empatia come "magica comunicazione delle anime" dall'altro” (p. 21).
Non è una forma di immedesimazione:  "empatia vuol dire allargare la propria esperienza, renderla capace di accogliere il dolore, la gioia altrui, mantenendo a distinzione tra me e l'altro, l'altra. Empatia è "rendersi conto", cogliere la realtà del dolore della gioia di altri, non soffrire o gioire in prima persona o immedesimarsi" (p. 24).
Non è una intuizione: c'è un processo, un movimento empatico che implica prima l'emozione dell'incontro, poi un immaginare e comprendere, e infine una trasformazione di sé (pp. 28-29).

Il processo dell’empatia
Empatia e incontro:  importanza ma anche limiti del volto (in tal senso Boella  critica Lévinas perché il suo è un volto indefinito, pp. 42-43).
Ci si trova comunque di fronte ad un processo paradossale, perché l'empatia è paradossale:  “L’empatia mi mette in contatto sensibile, mi rende accessibile qualcosa di inaccessibile, a volte di incomprensibile” (p. 44). Tuttavia va tenuto conto che si possono ritrovare espressioni identiche in culture diverse: “le espressioni di gioia, dolore, paura, ira, sorpresa, disgusto, tristezza, sdegno hanno un loro universalità o perlomeno alcune di esse sono uguali in tutte le culture” (p. 46. Il riferimento è a P. Ekman).
Rimane aperto il problema centrale se davvero possiamo conoscere cosa prova un altro: è questa la domanda fondamentale chiaramente formulata (p. 64). Interessante la posizione della Boella “ “mettersi nei panni dell’altro” vuol dire sperimentare se stessi al di là delle vie battute, al di là dei propri confini” (p. 67). in definitiva l’empatia più che una una ricostruzione ipotetica dell’altro è riflessione e sperimentazione della propria identità: “L’incontro con l’altro non è il mistero della comunicazione delle anime. Significa innanzitutto rendersi conto di ciò che si è modificato in me  o ho scoperto  di me, a partire dal momento in cui la gioia, il dolore di un altro ha "mosso" la trasmissione del sentire tra me e lui” (pp. 72-73). 

Formare all’empatia
Non servono tecniche, ma sicuramente forme di pratica: “sbagliato sarebbe pensare all’apprendimento di una serie di tecniche, anche se di fatto l’empatia richiede esercizio, impegno, deve essere coltivata come un’essenziale capacità umana” (pp. 90-91).
L'esercizio dell'empatia si configura quindi come riflessione-revisione della propria identità: "Esercitarsi all'empatia significa innanzitutto essere chiamati a un esercizio con se stessi, a correggere e a completare la percezione che ognuno ha di sé, arrivando ad accettare anche la novità e la durezza di possibilità di essere , provenienti dall'altro, che possono entrare in conflitto o indebolire l'idea che, a volte con fatica ci siamo fatto di noi, ma che non possiamo assolutamente escludere siano presenti nella nostra profondità più intima oppure possano un giorno stravolgere la costruzione operosa della nostra identità" (p. 96). Empatia insomma come correttivo a forme narcisistiche di riflessioni troppo centrate su di sé.

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