Gianfranco Staccioli, Ludobiografia: raccontare e raccontarsi con il gioco, Carocci, Roma 2010
Appunti di lettura – seconda parte: i giochi
Offrire un quadro dei tanti ed interessanti giochi proposti è decisamente un compito arduo. Segnalo, sulla base di una griglia personale, quelli che potrebbero essere sviluppati in una dimensione digitale.
1. giochi con le parole
L’idea di fondo è data dal fatto che giocare con il nome costituisca un tratto proprio della ludobiografia. Sono proposti Gli acrostici (tautogrammato, economico, dei sogni, delle vacanze) (pp. 44-45), I logogrifi (pp.46-47), Nomi in rima (p. 47), A bigliettini (pp. 47). Fortissimo è ovviamente il legame con i giochi di parole in generale (altri spunti possono venire dai Draghi Locopei della Zamponi, che propone giochi usando nome e cognome). La dimensione narrativa e autobiografica è del tutto embrionale: ho avuto però esperienza di come l’anagramma del proprio nome e cognome possa diventare una descrizione di sé. L’utilizzo di un blog può essere uno strumento efficace per pubblicare e condividere i lavori.
2. giochi con gli oggetti
Che cosa porto con me (p. 69): il gioco riprende la classica domanda su cosa porteresti su un’isola deserta. Interessante la proposta di gestirlo in gruppi e dando un limite agli oggetti. Potrebbe essere usato con la variante cosa portare in classe, o cosa portare in università.
3. giochi con le immagini
In relazione alle immagini sono rilevanti le premesse teoriche presentate: a) le immagini che ci ritraggono sono sempre in qualche modo ambigue, incomplete "non siamo noi, siamo qualcosa di noi" (p. 91), “L’immagine della realtà non corrisponde alla realtà” (p. 92) (interessanti le note sul rapporto tra fotografia e identità); b) “Chi fa un ritratto, e ancor più chi si fa un autoritratto, costruisce un dialogo fra sé e l’immagine” (p. 92) (potrebbero essere riprese alcune osservazioni di Saramago); c. la dimensione ludica: “Il gioco e il divertimento che si possono provare nel rappresentare con le immagini […] non sono in contrasto con l’esigenza di “dare forma” a ciò che si vien facendo” (p. 93).
Il gioco Le cornici (p. 74) parte dall’idea che “vedere è scegliere, vedere è scartare, vedere è selezionare, vedere è interpretare” (p. 72) e consiste nell’uso di una cornice in cartone per delimitare parte di ciò che vediamo. Potrebbe essere trasposto al digitale utilizzando il comando area di Flickr. La dimensione narrativa, solo in nuce se limitata all’individuazione di un titolo e di una didascalia, potrebbe essere implementata riprendendo il suggerimento di Munari in Codice Ovvio.
4. giochi narrativi con le immagini
Se-dici carte (p. 50): bel gioco sia perché le immagini/carte sono realizzate dai giocatori sia perché la dimensione narrativa è ben espressa. Mi ricorda il Calvino de Il castello dei destini incrociati.
Le colonne percettive di Daniela Orbetti (pp.106-107): anche questo è un bel gioco, decisamente più creativo implicando la realizzazione di disegni che rappresentino una emozione/evento.
In entrambi i casi si potrebbe pensare ad un trasposizione con Flickr.
Autoritratti (p. 100): alla luce dell’osservazione che più una fedele riproduzione l’autoritratto è una interpretazione - legata anche alla dimensione creativa e artistica - vengono proposte una serie di tecniche con cui realizzare un autoritratto. La dimensione digitale potrebbe essere aggiunta dalla creazione di un avatar utilizzando gli appositi siti on line e proponendone l’uso all’interno di social network.
5. giochi narrativi con i suoni
Un suono in testa (p. 82): idea interessante. Scegliere un suono, riprodurlo, farlo indovinare, spiegare la scelta… Ho in mente la trasposizione digitale utilizzando i sound effects disponibili gratuitamente on line.
6. giochi narrativi di tipo empatico (prospettiva interculturale)
Un aspetto/uso che andrebbe valorizzato nelle proposte di Staccioli è quello legato alla dimensione empatica/interculturale. Interessante Come se… , che consiste nel raccontare [scrivendo] un’esperienza personale abbandonando il proprio punto di vista mettendosi nella testa e negli occhi altrui: “L’evento viene narrato con gli occhi di un altro o con gli occhi dell’oggetto che è protagonista del racconto ” (p. 61). L’esempio presentato è relativo alla visita da parte di bambini di una fattoria: un uso in contesto adulto sarebbe da provare.
7. giochi narrativi di tipo empatico basati sulle immagini (prospettiva interculturale)
Le proposte più convincenti mi sembrano quelle che legano narrazione, immagine ed interculturalità. Primo gioco da segnalare è Foto e narrazioni (p. 113-114), che utilizza fotografie, possibilmente primi piani, per realizzare narrazioni: “L’elemento importante è che questa scrittura dovrà essere fatta “come se” il personaggio ritratto parlasse in prima persona” (pp. 113-114). Molto simile Primi piani (p. 97). Anche Storie in cartolina (pp.114-115) segue il medesimo criterio sostituendo alle fotografie delle cartoline: “Raccontare una cartolina non è solo descrivere ciò che si vede, ma è, allo stesso tempo, entrare dalla finestra del tempo e mescolarsi con la gente di allora, prendendo parte ai movimenti vitali che attraversavano quelle persone che sono presenti nell’immagine” (p. 114). Molto simile Carto-linee (p. 96). La dimensione empatica/interculturale potrebbe essere accresciuta utilizzando foto/cartoline di altre epoche e culture: potrebbe essere proficuo per lavorare sugli stereotipi (sto pensando alle tante foto “coloniali” del regime fascista). Il tutto potrebbe essere riproposto su base digitale.
Appunti di lettura – seconda parte: i giochi
Offrire un quadro dei tanti ed interessanti giochi proposti è decisamente un compito arduo. Segnalo, sulla base di una griglia personale, quelli che potrebbero essere sviluppati in una dimensione digitale.
1. giochi con le parole
L’idea di fondo è data dal fatto che giocare con il nome costituisca un tratto proprio della ludobiografia. Sono proposti Gli acrostici (tautogrammato, economico, dei sogni, delle vacanze) (pp. 44-45), I logogrifi (pp.46-47), Nomi in rima (p. 47), A bigliettini (pp. 47). Fortissimo è ovviamente il legame con i giochi di parole in generale (altri spunti possono venire dai Draghi Locopei della Zamponi, che propone giochi usando nome e cognome). La dimensione narrativa e autobiografica è del tutto embrionale: ho avuto però esperienza di come l’anagramma del proprio nome e cognome possa diventare una descrizione di sé. L’utilizzo di un blog può essere uno strumento efficace per pubblicare e condividere i lavori.
2. giochi con gli oggetti
Che cosa porto con me (p. 69): il gioco riprende la classica domanda su cosa porteresti su un’isola deserta. Interessante la proposta di gestirlo in gruppi e dando un limite agli oggetti. Potrebbe essere usato con la variante cosa portare in classe, o cosa portare in università.
3. giochi con le immagini
In relazione alle immagini sono rilevanti le premesse teoriche presentate: a) le immagini che ci ritraggono sono sempre in qualche modo ambigue, incomplete "non siamo noi, siamo qualcosa di noi" (p. 91), “L’immagine della realtà non corrisponde alla realtà” (p. 92) (interessanti le note sul rapporto tra fotografia e identità); b) “Chi fa un ritratto, e ancor più chi si fa un autoritratto, costruisce un dialogo fra sé e l’immagine” (p. 92) (potrebbero essere riprese alcune osservazioni di Saramago); c. la dimensione ludica: “Il gioco e il divertimento che si possono provare nel rappresentare con le immagini […] non sono in contrasto con l’esigenza di “dare forma” a ciò che si vien facendo” (p. 93).
Il gioco Le cornici (p. 74) parte dall’idea che “vedere è scegliere, vedere è scartare, vedere è selezionare, vedere è interpretare” (p. 72) e consiste nell’uso di una cornice in cartone per delimitare parte di ciò che vediamo. Potrebbe essere trasposto al digitale utilizzando il comando area di Flickr. La dimensione narrativa, solo in nuce se limitata all’individuazione di un titolo e di una didascalia, potrebbe essere implementata riprendendo il suggerimento di Munari in Codice Ovvio.
4. giochi narrativi con le immagini
Se-dici carte (p. 50): bel gioco sia perché le immagini/carte sono realizzate dai giocatori sia perché la dimensione narrativa è ben espressa. Mi ricorda il Calvino de Il castello dei destini incrociati.
Le colonne percettive di Daniela Orbetti (pp.106-107): anche questo è un bel gioco, decisamente più creativo implicando la realizzazione di disegni che rappresentino una emozione/evento.
In entrambi i casi si potrebbe pensare ad un trasposizione con Flickr.
Autoritratti (p. 100): alla luce dell’osservazione che più una fedele riproduzione l’autoritratto è una interpretazione - legata anche alla dimensione creativa e artistica - vengono proposte una serie di tecniche con cui realizzare un autoritratto. La dimensione digitale potrebbe essere aggiunta dalla creazione di un avatar utilizzando gli appositi siti on line e proponendone l’uso all’interno di social network.
5. giochi narrativi con i suoni
Un suono in testa (p. 82): idea interessante. Scegliere un suono, riprodurlo, farlo indovinare, spiegare la scelta… Ho in mente la trasposizione digitale utilizzando i sound effects disponibili gratuitamente on line.
6. giochi narrativi di tipo empatico (prospettiva interculturale)
Un aspetto/uso che andrebbe valorizzato nelle proposte di Staccioli è quello legato alla dimensione empatica/interculturale. Interessante Come se… , che consiste nel raccontare [scrivendo] un’esperienza personale abbandonando il proprio punto di vista mettendosi nella testa e negli occhi altrui: “L’evento viene narrato con gli occhi di un altro o con gli occhi dell’oggetto che è protagonista del racconto ” (p. 61). L’esempio presentato è relativo alla visita da parte di bambini di una fattoria: un uso in contesto adulto sarebbe da provare.
7. giochi narrativi di tipo empatico basati sulle immagini (prospettiva interculturale)
Le proposte più convincenti mi sembrano quelle che legano narrazione, immagine ed interculturalità. Primo gioco da segnalare è Foto e narrazioni (p. 113-114), che utilizza fotografie, possibilmente primi piani, per realizzare narrazioni: “L’elemento importante è che questa scrittura dovrà essere fatta “come se” il personaggio ritratto parlasse in prima persona” (pp. 113-114). Molto simile Primi piani (p. 97). Anche Storie in cartolina (pp.114-115) segue il medesimo criterio sostituendo alle fotografie delle cartoline: “Raccontare una cartolina non è solo descrivere ciò che si vede, ma è, allo stesso tempo, entrare dalla finestra del tempo e mescolarsi con la gente di allora, prendendo parte ai movimenti vitali che attraversavano quelle persone che sono presenti nell’immagine” (p. 114). Molto simile Carto-linee (p. 96). La dimensione empatica/interculturale potrebbe essere accresciuta utilizzando foto/cartoline di altre epoche e culture: potrebbe essere proficuo per lavorare sugli stereotipi (sto pensando alle tante foto “coloniali” del regime fascista). Il tutto potrebbe essere riproposto su base digitale.
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