domenica 29 aprile 2012
Per M.N. Due albi illustrati per l’intercultura
martedì 10 aprile 2012
Per F.C. Ad occhi aperti
Gentile F.C. , pensando alla sua tesi sul libro pop-up, ho avuto modo di leggere un volume che credo possa essere anche per lei interessante: Hamelin, Ad occhi aperti. Leggere l’albo illustrato, Donzelli, Roma 2012. Si tratta di una raccolta di saggi di più autori (Hamelin è il nome dell’associazione culturale cha ha promosso la pubblicazione). Le segnalo i passaggi che credo essere più significativi per il suo lavoro.
1. Diversità tra la visione adulta e quella infantile in relazione alle immagini e ai testi. Per l’adulto “i contenuti vengono spesso associati alla sfera del testo, mentre tutto ciò che è forma, immagine, viene ascritto, secondo una gerarchia discendente, a un ambito più “frivolo”, quello dell’esperienza estetica” (Ilaria Tontardini, Meccaniche celesti: come funziona un albo illustrato, p. 24). Dall’ altro lato, “i bambini conoscono la forma e il senso delle cose come un’unica informazione indistinta” (ibidem). L’osservazione potrebbe essere ripresa in relazione al rapporto testo/immagine nel libro pop-up.
2. Criteri di analisi. Sempre nel saggio della Tontardini: si propone una interessante scansione in relazione all’analisi/fruizione dell’albo illustrato: prendere e toccare, sfogliare, guardare e (è) leggere, raccontare/raccontarsi. In qualche modo può essere applicata anche ai libri pop-up?
3. Ancora sul rapporto tra immagini e testo. Due fondamentali tendenze. La prima: ”comprendere le immagini che accompagnano le parole allo scopo di rendere visibile, ovvero sensorialmente esperibile, quanto evocato dalle parole” (Martino Negri, Parole e figure: i binari dell’immaginazione, p. 61). La seconda: “le immagini sono portatrici di informazione ulteriori rispetto a quelle presenti nel testo verbale” (ibidem). Di nuovo: come queste considerazioni possono essere riprese in relazione al libro pop-up?
4 Komagata. Sul bellissimo libro pop up di Komagata, Little tree, le segnalo le osservazioni di Roberta Colombo, Sulla natura, pp. 228-230.
Buona lettura e buon lavoro!
venerdì 6 aprile 2012
Esicasmo
“La parola “esicasmo” deriva dal termine greco “esychìa”, che letteralmente significa riposo, pace spirituale, quiete inferiore. Il verbo “hesychàzo” si riferisce ad un monaco che vive in solitudine e in silenzio, che conduce una vita centrata sulla preghiera, sulla sobrietà e sull’attenzione interiore. L’ideale dei padri esicasti viene programmaticamente delineato dal motto di Abba Arsenio: “Fuge, tace, quiesce!”. Seguendo le esortazioni di S. Paolo ai primi cristiani di “vivere in pace” […], di “condurre vita pacifica” […], gli esicasti intendevano condurre una vita separata dal mondo coltivando il silenzio e la pace dell’anima” (Alberto Temporelli, L’esperienza mistica e ascetica di Evagrio Pontico e la sua influenza sull’esicasmo, in "Hermeneutica", vol. 8, 1989, p. 341).
Certi modi di vivere, per quanto abbiano non solo un certo fascino ma anche un profondo significato, non credo possano essere attuati da tutti o per tutta la vita. Se però penso a tanti iperattivi inconcludenti, a certi campioni della chiacchiera fine a se stessa, a chi cerca costantemente di mettere il cappello sul lavoro degli altri, a coloro che hanno narcisismi formato extralarge, a quei bei personaggi che non sapendo fare amano “coordinare” chi invece ha effettivamente le competenze, a chi ha smanie di potere e di controllo, la mia simpatia per gli esicasti cresce… L’invito a vivere in pace va fatto in primo luogo a se stessi, ma, detto con grande affetto, penso che ne abbiano bisogno anche altri…