domenica 19 febbraio 2012

Usi ludici delle tecnologie

“Qualsiasi tipo di attività ludica, quella del bambino così come quella dell’adulto, consiste nell’investire un oggetto o una situazione di proprietà diverse da quelle che quell’oggetto o quella situazione hanno normalmente” Alberto Munari in Beba Restelli, Silvana Sperati, A che gioco giochiamo?, Corraini, Mantova 2008, p. 39.

“l’attività ludica […] serve anche per liberare la fantasia ed immaginare mondi diversi dal nostro, dove le ansie e i timori che la vita quotidiana può suscitare, soprattutto nel bambino, possono esprimersi, essere pensate e verbalizzate, senza le conseguenze anche gravi che potrebbero invece avere la loro esplicitazione nella vita “reale”” Alberto Munari in Beba Restelli, Silvana Sperati, A che gioco giochiamo?, Corraini, Mantova 2008, pp. 41-42.

Ho avuto pochi mesi fa il piacere di sentire Beba Restelli, l’allieva di Bruno Munari continuatrice del suo metodo laboratoriale, e sto ripensando alla risposta che mi ha dato. Avevo chiesto cosa avrebbe fatto Bruno Munari se avesse avuto dovuto proporre l’uso dei computer nei suoi laboratori. Visto quanto realizzato con i prelibri che in qualche modo preparano all’uso della “tecnologia” del libro, cosa si sarebbe potuto proporre in relazione al computer? La risposta è stata interessante: Munari non avrebbe avuto preclusioni nei confronti delle tecnologie digitali. La questione non sarebbe contrapporre realtà/virtualità, ma un uso creativo delle tecnologie, che si non si adegui alla finalità intrinseche ed ovvie dello strumento. Ha portato l’esempio dell’uso della fotocopiatrice: come tecnologia ha la finalità di riprodurre copie identiche all’originale. L’uso che ne ha fatto Munari va volutamente contro tale finalità sovvertendola alla radice: usare la fotocopiatrice per realizzare immagini originali (Bruno Munari, Codice ovvio, Einaudi, Torino 1971, pp. 105-108). L’osservazione è interessante e piuttosto che svilupparla nella direzione di un preoccupato esame dei rischi della confusione tra realtà e simulazione (il gioco di per sé crea luoghi e tempi – mondi – non veri…) varrebbe la pena ragionare sui possibili nuovi spazi che si aprono e su come riconoscerli e gestirli. Non c’è solo il videogioco ma anche un uso ludico di tecnologie e strumenti digitali poco esplorato…

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