Ho approfittato della proroga fino al 26 settembre per visitare la mostra di Tullio Pericoli all'Ara Pacis a Roma. Temevo di trovarmi di fronte ad una sostanziale replica di quanto già visto l'estate dello scorso anno ad Ascoli Piceno: mi sono dovuto ricredere. Non solo era presente una sezione dedicata ai ritratti, ma anche le opere presentate nella sezione dedicata la paesaggio erano nuove anche se, come comprensibile, caratterizzate dal medesimo stile.
Significativa la motivazione presentata a sostegno dell'accoppiare ritratti e paesaggi: entrambi intesi come narrazioni, individuali nel primo caso, collettivi nel secondo. L'idea che le loro mutazioni si susseguano come pagine di un libro rinvia al volto/paesaggio come realtà dinamiche che possono, almeno in parte, essere intenzionalmente costruite se non progettate. Se il chirurgo plastico e l'architetto paesaggista rappresentano ovviamente l'estremo, è stimolante pensare come entità intese come ricevute e ben poco modificabili in archi temporali brevi possano implicare ed implichino forme di progettualità e quindi di, almeno relativa, responsabilità.
lunedì 27 settembre 2010
domenica 19 settembre 2010
Per la mia tesista su Munari: calligrafia, apprendimento della scrittura e Monica Dengo
Ho avuto modo di conoscere i libri pubblicati dalla Giannino Stoppani Edizioni: l'occasione è stata una visita alla sezione kids della libreria Feltrinelli di Macerata. Sono uscito tenendo in mano come mio acquisto Penne in Pugno. Piccolo manuale di calligrafia di Monica Dengo. Il testo è un piccolo successo editoriale, uscito nel 2007, è stato ristampato nell'ottobre 2009: ha probabilmente giovato un articolo comparso l'estate dello scorso anno su La Repubblica. Penne in pugno presenta una impostazione semplice ed efficace: le lettere sono presentate in ordine alfabetico, con una serie di esempi, le indicazioni per tracciarle, e tutto lo spazio per fare esercizio...
Mi è venuto spontaneo il confronto con l'Alfabetiere di Bruno Munari (Corraini, Mantova 2007, l'edizione originale è del 1960). L'impostazione è diversa: la successione delle lettere, data dall'attenzione alla difficoltà nell'apprenderle da parte del bambino, è accompagnate da poesie con il suggerimento di ritagliarle dai giornali... certo i fini sono in parte diversi e si potrebbero pensare destinati a fasce d'età non perfettamente identiche.
Il discorso però è interessante. Potrebbero essere autonomamente ripresi: l'evoluzione storica della calligrafia e del suo insegnamento nelle scuole, il rapporto tra insegnamento della calligrafia e i processi di alfabetizzazione, la calligrafia tra arte ed insegnamento (in tal senso anche un riferimento a culture non occidentali sarebbe importante...).
Mi è venuto spontaneo il confronto con l'Alfabetiere di Bruno Munari (Corraini, Mantova 2007, l'edizione originale è del 1960). L'impostazione è diversa: la successione delle lettere, data dall'attenzione alla difficoltà nell'apprenderle da parte del bambino, è accompagnate da poesie con il suggerimento di ritagliarle dai giornali... certo i fini sono in parte diversi e si potrebbero pensare destinati a fasce d'età non perfettamente identiche.
Il discorso però è interessante. Potrebbero essere autonomamente ripresi: l'evoluzione storica della calligrafia e del suo insegnamento nelle scuole, il rapporto tra insegnamento della calligrafia e i processi di alfabetizzazione, la calligrafia tra arte ed insegnamento (in tal senso anche un riferimento a culture non occidentali sarebbe importante...).
martedì 7 settembre 2010
Per A. M.- Google Literature Trip
Cara A. M.,
sempre ripensando alla sua tesi, una delle più comuni critiche formulate nei confronti dei videogiochi consiste nel sostenere che implicano un distacco dalla realtà e dalla corporeità. Sicuramente anche a lei sarà capitato di sentire che lo stare troppo davanti al video può essere collegato a difficoltà nell’instaurare relazioni: videogiocare implicherebbe un dannoso permanere in contesti virtuali intesi nel senso deteriore di ambienti fittizi ed in definitiva falsi, la cui frequentazione comporterebbe forme di disadattamento alla realtà. Un discorso simile potrebbe essere formulato facendo riferimento alla corporeità che, ridotta al più ad un simulacro digitale, non avrebbe più nulla a che spartire con quel sano esercizio fisico che ha caratterizzato il gioco in strada di tante generazioni passate.
Può quindi essere interessante andare ad esaminare quelle forme di videogioco in cui realtà e virtualità si incontrano. A parte alcune osservazioni sulla nintendo wii, che può immaginare, le segnalo http://www.googlelittrips.org/ . La caccia al tesoro è un gioco troppo noto per essere spiegato: ciò che è interessante è una sua ripresa in chiave digitale. Max Giovagnoli, in un interessante testo che le consiglio di consultare (Max Giovagnoli, Cross-media. Le nuove narrazioni, Apogeo, Milano 2009) presenta all’interno delle nuove forme di narrazione le urban quest (p. 183 e seguenti). Google literature trip è una versione educational di urban quest che permette di mettere insieme letteratura, geografia e gioco anche per fasce di età molto basse. Sarebbe interessante visionare gli esempi presentati e sperimentarne l’uso: potrebbe venirne fuori un bel capitolo… ci pensi!
sempre ripensando alla sua tesi, una delle più comuni critiche formulate nei confronti dei videogiochi consiste nel sostenere che implicano un distacco dalla realtà e dalla corporeità. Sicuramente anche a lei sarà capitato di sentire che lo stare troppo davanti al video può essere collegato a difficoltà nell’instaurare relazioni: videogiocare implicherebbe un dannoso permanere in contesti virtuali intesi nel senso deteriore di ambienti fittizi ed in definitiva falsi, la cui frequentazione comporterebbe forme di disadattamento alla realtà. Un discorso simile potrebbe essere formulato facendo riferimento alla corporeità che, ridotta al più ad un simulacro digitale, non avrebbe più nulla a che spartire con quel sano esercizio fisico che ha caratterizzato il gioco in strada di tante generazioni passate.
Può quindi essere interessante andare ad esaminare quelle forme di videogioco in cui realtà e virtualità si incontrano. A parte alcune osservazioni sulla nintendo wii, che può immaginare, le segnalo http://www.googlelittrips.org/ . La caccia al tesoro è un gioco troppo noto per essere spiegato: ciò che è interessante è una sua ripresa in chiave digitale. Max Giovagnoli, in un interessante testo che le consiglio di consultare (Max Giovagnoli, Cross-media. Le nuove narrazioni, Apogeo, Milano 2009) presenta all’interno delle nuove forme di narrazione le urban quest (p. 183 e seguenti). Google literature trip è una versione educational di urban quest che permette di mettere insieme letteratura, geografia e gioco anche per fasce di età molto basse. Sarebbe interessante visionare gli esempi presentati e sperimentarne l’uso: potrebbe venirne fuori un bel capitolo… ci pensi!
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