domenica 19 novembre 2017

Per le studentesse e gli studenti del corso di Didattica Generale anno accademico 2017 2018
Come ormai nella tradizione di questo corso abbiamo concordato a lezione il post con cui vi invito a narrare di uno dei tanti insegnanti che avete conosciuto. 
Nella vostra storia di studenti avete avuto modo di incontrare e lavorare con una molteplicità di maestre/i, professoresse e professori. Sono personalmente convinto, ma potrei argomentarlo, che avete elaborato a partire dalle vostre esperienze, in modo più o meno consapevole, una visione dell'insegnamento e che tale visione sia, come criterio guida per la vostra futura professione, molto più efficace ed incisiva di certe forme di conoscenza delle teorie/metodologie didattiche. Allora vi invito a raccontare, ripensando alle vostre esperienze di studenti, di quell'insegnante (non importa se l'incontro è avvenuto alle elementari o alle superiori) di cui conservate ancora oggi un ricordo positivo.Perché, tra i tanti conosciuti, ricordate proprio lui? Come insegnava?
Come scadenza per l'inserimento dei commenti abbiamo concordato la data del 30 novembre. 
Buon lavoro!
FB

107 commenti:

  1. Tema: “L’insegnante di cui conservate ancora un ricordo positivo”

    Per questo compito vorrei parlare della mia prof.ssa di latino del biennio.
    Esteticamente somigliava ad una famosa “signorina buonasera” della rai e lo sapeva; “Me lo dicono tutti!” commentava se meravigliati si provava a farglielo notare; sempre fasciatissima e sexy, soprattutto ai colloqui con i genitori, aveva la fila lunga un chilometro! Dava sempre l’impressione di essere sicura di sé ed era sempre gentile con tutti e sorridente. In particolare mi è rimasta impressa la sua attenzione per i dettagli: mi consigliò, una volta, mentre svolgevo un compito in classe, anche come dovevo sfogliare il vocabolario in modo da fare meno fatica. Oltre a insegnarci i contenuti della sua materia, ci parlava spesso dei fatti suoi e ricordo ancora i suoi aneddoti sulla cameriera semianalfabeta a cui lei insegnava come pulire in maniera più efficace ed efficiente possibile e che non buttava mai una carta perché non sapendo leggere aveva paura/rifiuto di sbagliare e che lei teneva a servizio più per un fatto di umanità che perché ne avesse realmente bisogno (diceva). Ricordo anche la prof. di Italiano A.R., cui io già a 15 anni dissi che “se non mi fossi sposata per me non sarebbe stato un problema” e lei cercò di convincermi che non dovevo dire così perché “c’è sempre speranza: ci sono i vedovi, i divorziati, i separati…”.
    Ma potrei parlare anche della prof. di filosofia che tutto faceva tranne la sua materia in quanto fissatissima con la “Dante Alighieri”, l’educazione civica e il volontariato, che una volta mi fece distendere a terra al posto del manichino (che non c’era) solo perché avevo la tuta!!!…in sintesi ciò che accomuna tutti i professori e le professoresse che mi sono rimasti impressi più o meno positivamente è “il fattore umano”, il momento in cui hanno cercato di fare di più, di trasmetterci qualcosa in più della semplice materia che di volta in volta si trovavano nello specifico ad insegnare; che si trattasse di latino, storia, filosofia o matematica quello che ho sempre apprezzato è stato il momento in cui si mettevano nei nostri panni e diventavano “eroi”, punti di riferimento; ognuno aveva il suo stile, ognuno il suo carattere ma quando entravano in classe credo che si “trasformassero” e spero di aver lasciato anch’io un qualche buon ricordo a loro.

    Falzarano Filomena

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  2. La mia scelta universitaria la devo proprio alla mia maestra di italiano. Ricordo ancora quando mi fece la fatidica domanda “Che cosa vuoi diventare da grande?” E io, senza alcun indugio le risposi “Voglio fare la maestra". Il suo metodo d'insegnamento era davvero creativo e originale nonostante l'età: non ricordo momento in cui non avrei seguito volentieri una sua lezione. Sapeva bene come guadagnare l'attenzione: curava molto oltre che il piano comunicativo-didattico, anche quello comunicativo-gestionale riguardante il comportamento complessivo della classe, agendo attraverso la comunicazione paralinguistica ed extralinguistica. Molte volte faceva svolgere lavori di gruppo attraverso lezioni collaborative per rafforzare il clima di cooperazione e collaborazione; ad esempio ricordo l'elaborazione di un cartellone sul popolo romano per imparare la storia o quello su una buona alimentazione ritagliando le immagini dai giornali. Lo spazio riservato alle lezioni frontali era davvero minimo al fine di privilegiare esperienze “sul campo”, a partire dai classici esperimenti scientifici del fagiolo piantato nell'ovatta, all’osservazione dell'ombra di un bastone per comprendere il movimento della terra intorno al sole, fino alle osservazioni e ricerche fatte nella natura. Ricordo ancora il giorno in cui piantammo nel cortile una piantina e come giorno per giorno dovevamo occuparcene. Riusciva sempre ad aiutare tutti e a mantenere un clima di ascolto molto alto. Era in grado di mettersi "nei nostri panni": quando qualcuno era in difficoltà, gli si sedeva accanto, gli parlava dolcemente e brevemente, senza mai disturbare il lavoro e la concentrazione degli altri. Grazie a lei ho potuto coltivare il mio interesse verso la lettura; ogni mese per tutti i 5 anni, dovevamo andare in biblioteca a scegliere un libro da leggere in relazione alla nostra età, per poi raccontarlo e leggerne una pagina che ci era piaciuta di più alla classe. Questo è stato uno stimolo efficace, perché di solito il libro che leggevo lo compravo e lo tenevo nella mia biblioteca “personale”. Anche il suo metodo valutativo era efficace: all'inizio dell'anno ci forniva degli adesivi rappresentanti la classica faccina sorridente o triste che dovevamo assegnare ad ogni compito che facevamo al fine di autovalutarci. Aveva premura di controllare quaderno per quaderno, ed ogni lavoro fatto bene corrispondeva un bravo o bravissimo col visto da far vedere a mamma e papà. Quando venivano consegnate le temute pagelle per ogni alunno compilava una scheda dove descriveva l'andamento generale; ne evidenziava i punti di forza e dava consigli su come compensare quelli più carenti. Le sue lezioni erano narrative: presentava i concetti che dovevamo apprendere sotto forma di una buona storia, di un racconto in modo che comprendavamo tutti rapidamente anche le nozioni più complesse. Nel periodo delle festività dedicavamo alcune ore ai classici lavoretti e alla creazione di decorazioni per la classe, delle vere e proprie opere ai nostri occhi; grazie alle capacità manuali e artistiche davvero straordinarie della maestra, ognuno di noi portava a termine il proprio lavoro ed avevamo la soddisfazione di mostrarlo ai genitori. Ogni anno il primo giorno di scuola faceva trovare sul banco di ogni bambino un cioccolatino, una matita e una sorta di lettera che scriveva su un quaderno. Al di là dello specifico metodo di insegnamento, è riuscita ad instaurare un feeling con ogni ragazzo. Un giorno si ruppe la copertina del mio quaderno preferito e mi misi a piangere, allorché la maestra mi chiese cos'era successo. Prese una sedia al centro della classe, si sedette e mi invitò accanto a lei. Mi guardò negli occhi e mi disse:” Carmen ricorda: a tutto c'è rimedio, fuorché alla morte". Per quanto non possa essere positivo creare dipendenza tra insegnante e alunno, considero ancora oggi la maestra una seconda mamma: è riuscita a creare un ambiente rassicurante e accogliente, senza ansie e preoccupazioni.
    Carmen Coppola

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  3. Nella mia esperienza scolastica, ho avuto bravi professori e maestre ma in particolare ne ricordo una, la professoressa di italiano del liceo delle Scienze Umane che ho frequentato. La ricordo perché oltre ad essere un’insegnante, era anche un modello di vita: una donna, una professoressa, una madre di due bambini, una moglie e all’istituto ricopriva anche il ruolo di vicepresidente. Questo ruolo la portava ad assentarsi a volte dalla classe e, quando ritorna, subito riprendeva il filo del discorso. A volte, scherzando, affermava di voler andare in vacanza e non farsi più vedere, infatti, lei era chiamata dai colleghi, dal dirigente scolastico per motivi burocratici e mentre spiegava, era costantemente interrotta per firmare entrate e uscite anticipate degli alunni e con i suoi tacchi passava dalla segreteria al secondo piano in pochi minuti, prendendo un tè al volo. Questo mi colpiva di lei, la tenacia che aveva nello svolgere tutti i suoi incarichi e appariva come una donna, anche se stanca, sempre attiva e disponibile. Per quanto riguarda il suo metodo, al biennio quando insegnava il latino alla classe, lei dava molta importanza allo studio, ad esempio, delle declinazioni chiedendole giornalmente e voleva che noi facessimo l’analisi puntuale di tutti i termini della versione. Se pretendeva impegno, a sua volta donava noi affetto e conoscenza. Era bravissima a spiegare tutti i contenuti e mentre spiegava, si poteva notare la passione per il suo lavoro e aiutava noi molto anche nello studio a casa, presentandoci l’argomento, l’autore in modo chiaro e con un’ottima spiegazione. Sul piano umano, è una donna che sa scherzare, disponibile e si affeziona ai suoi alunni e posso definirla solo una grande donna e insegnante!
    Ylenia Garofalo

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  4. Gli anni del liceo sono davvero gli anni più belli in cui incontri insegnanti che hanno la capacità di lasciare un segno indelebile. Il mio pensiero più grande al termine degli esami di terza media era:"Gli insegnanti mi guideranno in questo nuovo percorso?”. Mai potrei dimenticare l’incontro con la docente di scienze umane e filosofia. E’ stato uno di quelli incontri che ricordi come se fosse ieri. Una seconda mamma per tutti già dal primo giorno, in cui si è esposta raccontandoci la sua vita fino a quell’istante, i suoi problemi con la famiglia che sono la conseguenza del suo modo di vestirsi eccentrico che non lascia inosservato nessuno. Fuori poteva regnare il caos, mai noi costantemente sapevamo che nell’aula avremmo trovato ordine e la possibilità di imparare. E’ una di quelle persone che nei momenti più bui sa come risollevarti, una di quelle persone che quando nota che c’è qualcosa che ti turba preferisce non svolgere la normale lezione per esserti vicina. Un insegnante e persona umana sotto tutti i punti di vista. Era l’insegnante con cui trascorrevo più tempo, con lei non avevi mai il timore di sbagliare e le sue parole marchiavano per molto tempo fino a plasmare personalità e pensieri. Se mi fermo a pensare a quei giorni, posso ricordare perfettamente le sue lezioni. Filosofia: disciplina che turba tutti per la sua complessità e vastità eppure avevi il piacere di ascoltarla perché sapevi che al termine della spiegazione avrebbe lasciato mezz’ora di tempo per ascoltare le nostre considerazioni e per darci un nuovo compito per il giorno successivo: cos’è per te la felicità, cos’è per te l’amore? Quali sono i ricordi più belli della tua adolescenza? Come dimenticare gli infiniti disegni e progetti da svolgere durante le feste di Natale o di Pasqua. Per ogni argomento un PowerPoint in gruppi, la gioia di riunirsi a casa di una compagna e consegnare il progetto. Raramente capitava che qualcuno non riusciva ad essere pronto per l’interrogazione o per un compito perché lei dava molta importanza all’ascolto e ogni giorno chiedeva alla maggior parte di noi la lezione spiegata il giorno prima; eri certa così che il giorno dell’interrogazione la maggior parte di noi era seduta lì, vicino alla cattedra. Ricordo che ad ogni compito lei dava sempre un voto positivo perché sapeva che era difficile esporsi e malgrado gli errori di ortografia o di grammatica che ti faceva presente, lei dava il voto su quello che avevi raccontato e non sul modo; per ogni alunno inseriva in fondo alla traccia un commento..ricordo uno in particolar modo “l’educazione è cosa di cuore: non c’è forza più grande dell’amore e solo nell’amore è possibile quel miglioramento che si auspica dai propri alunni.”. Lei mi ha insegnato che la scuola è una specie di periodo di prova prima di farsi largo nel mondo, un insegnante può aiutare ad essere pronti per questo ma non tutti ci riescono, ci provano, fanno del loro meglio ma sono pochi che vengono ricordate per i loro insegnamenti…di vita. Un bravo insegnante è umile ed è capace di far esaltare le doti di tutti anche di coloro che non trovano la voglia di studiare, un bravo insegnante ti fa sentire libero. Non ringrazierò mai abbastanza la mia insegnante, colei che non accetta i ringraziamenti e i complimenti perché ti afferma che è il suo lavoro.
    Marta Addante

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  5. Durante il mio percorso di studio delle superiori, ho incontrato e conosciuto tanti professori. Ognuno di loro, pur avendo diverse sfaccettature, ha lasciato un vivo ricordo dentro di me. Colui che mi ritorna in mente con piacere e in modo immediato quando mi si chiede “parla dell’insegnante che ti ha colpito in maniera positiva”, è un professore di filosofia che ho avuto nel quinto anno.
    La prima cosa che notai, fu il modo in cui si presentò alla classe: sincero, schietto e simpatico.
    In un secondo momento, quando iniziò a introdurre la lezione del giorno, capii davvero quanto fosse importante per lui quella materia ma soprattutto la passione che metteva nel trasmetterla.
    E’ nel quinto anno delle superiori che riuscii a capire il fascino della filosofia, non solo perché il mio professore era tagliato per insegnarla ma soprattutto perché metteva davanti ad essa i suoi alunni.
    Il buon rapporto con gli alunni gli stava a cuore, ad esempio spesso ci chiedeva :“Come state?" “E’ andato bene il fine settimana?” oppure raccontava le sue esperienze ai tempi del liceo e dell’università mettendosi quasi alla pari con noi. Questo tipo d’interazione è da apprezzare poiché durante le interrogazioni e l’esame di fine anno anche la persona più timida era a suo agio. Sapeva gestire bene una classe in modo molto tranquillo, sapeva attenuare le nostre paure e le ansie. Ognuno di noi poteva esprimersi liberamente, sia per chiedere delle delucidazioni sia per parlare di alcuni problemi.
    Quando portava avanti le lezioni, non c’era giorno in cui non riprendesse ciò che nella lezione precedente era stato detto. I concetti più difficili erano spiegati nella maniera più semplice ed essenziale, facendo riferimenti a svariate cose (serie tv, cartoni animati, gruppi musicali..) pur di arrivare ai suoi alunni. Inoltre, importanti furono gli approfondimenti da lui forniti: seminari, film riguardanti i filosofi studiati..
    E’ per me un grande esempio d’insegnante, non solo per la cultura che possiede ma per la pazienza, la premura e l’amore con cui svolgeva e svolge tutt’ora la sua professione.
    Credo sia uno dei pochi insegnanti che abbia mostrato, fino a questo momento, interesse per i suoi alunni e per il loro futuro.
    Marta Ruggiero

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  6. Nell’arco della mia carriera scolastica ho avuto un sacco di insegnanti di cui conservo un ricordo positivo, ma quella che mi ha stimolato di più è stata una mia professoressa del liceo. Per me è una persona straordinaria, il suo modo di insegnare mi ha fatto riavvicinare allo studio in un momento di sconforto, dal primo istante che è entrata in classe ho sentito la sua passione nel lavoro, mi ha fatto capire cosa volevo fare nella vita, cioè insegnare. Il suo metodo si basava soprattutto sulla lezione frontale, il giorno dopo chiedeva quello che avevamo studiato della lezione precedente, così da farci capire che non bisogna tralasciare niente di quello che lei ci aveva insegnato, che ogni cosa è importante, e non bisogna studiare solo per le verifiche, se no sarebbe stato solo un lavoro inutile perché dopo non avremmo più ricordato niente. Lei mi faceva amare le sue materie, come la filosofia e le materie umanistiche, molte volte ci portava nel laboratorio, adoravo quelle lezioni perché era un modo per fare qualcosa in gruppo e sviluppare l’argomento datoci come volevamo noi. La professoressa mi ha fatto capire il lato positivo della scuola con i temi che ci dava per casa, e non erano solo sulla sua materia, ma anche su alcune cose che riguardavano le nostre vacanze, la nostra famiglia, etc.… Quando non sapevo ancora cosa fare in futuro, e le chiesi consiglio lei subito mi disse di seguire il mio istinto e i miei sogni; quello che lei mi ha insegnato non è stato solo scolastico, ma anche di vita perché lei ci chiedeva se avevamo bisogno di parlare, di avere qualche consiglio, ci incoraggiava quando le cose andavano male e ci confidava cosa le accadeva fuori della scuola. Questo nostro parlare mi ha lasciato un ricordo indelebile dei suoi insegnamenti, non solo scolastici ma soprattutto umani. Quando sono arrivata al quinto mi ha molto incoraggiata per l’esame e in modo particolare sul mio percorso futuro dicendomi che credeva in me e che ero in grado di superare qualsiasi ostacolo con le mie sole forze. Anche se col passare del tempo tendiamo a dimenticare i professori che abbiamo incontrato, io credo che lei avrà sempre un posto speciale nel mio cuore che andrò a rispolverare ogni volta che mi sentirò confusa delle mie scelte scolastiche.
    Anna Giuliani

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  7. Durante tutta la mia carriera scolastica ho avuto il piacere di conoscere tantissimi insegnanti, ma sono veramente pochi quelli che ricordo in modo particolare.
    Uno di questi è sicuramente un professore del biennio di scuola superiore.
    Ricordo che secondo il parere di tutti era il più severo dell'istituto date le sue aspettative altissime nei confronti di tutti e le sue temute interrogazioni "a tappeto" giorno dopo giorno.
    La prima volta che lo vidi fu in seconda suoperiore, quando ancora non era mio docente: entrò in classe all'insaputa di tutti per una supplenza e subito alla sua vista calò il silenzio più totale in aula.
    Puo sembrare la trama di un film horror, ma posso assicurarvi che non è così! Dopo qualche minuto passato a parlare e a presentarsi, quello che per tutti era il professore più severo e temuto della scuola ai miei occhi divenne subito una persona sincera, simpatica (anche se a tratti molto schietta e severa) ed estremamente umana e che quello che c'era dentro di lui andava ben oltre le sue temute interrogazioni.
    Ricordo che passò un'ora intera a parlare della materia che insegnava (che avremmo poi iniziato l'anno successivo) e della sua importanza e io capì subito non solo quanto quella materia gli stesse a cuore, ma quanto gli stesse a cuore l'istruzione dei suoi alunni e tutte quelle parole fecero crescere in me una grande curiosità.
    Curiosità che si rivelò fondamentale durante gli anni successivi, infatti durante le sue lezioni cercava sempre di far nascere in noi una grande curiosità, in modo tale da riuscire a farci apprendere al meglio tutte le sue lezioni attraverso video, siti web, film, dispense sui vari argomenti, libri e documenti.

    Nonostante questo, quando arrivava il momento delle (tanto) temute interrogazioni, lui entrava in classe e si avvertiva sempre quell'atmosfera da "se mi interroga non so niente" e tutti, improvvisamente, iniziavano a fare finta di niente nella speranza di non incrociare il suo sguardo ogni volta che con il dito iniziava a scorrere sull'elenco della classe.
    Ricorderò sempre quella volta in cui, al terzo anno, dopo solo una decina di lezioni toccò a me "aprire le danze" al primo turno di interrogazioni dell'anno. Quel giorno entrò in classe, prese posto e subito senza nemmeno aprire il registro alzò lo sguardo e mi vide in piedi mentre stavo temperando delle matite e mi disse: "ok, visto che sei già in piedi resta qui e parlaci dell'argomento della scorsa lezione!" anche se fuori sorridevo, dentro di me c'era un misto tra ansia e disperazione a cui quasi non volevo credere.
    Incredibilmente per me, una volta lì in piedi davanti a lui e tutta la classe, non fu molto difficile parlare e rispondere alle sue domande (nonostante fossero domande molto difficili e mirate) non solo perchè avevo studiato ma perchè con il suo carattere riusciva quasi sempre a mettere tutti a loro agio una volta lì in piedi davanti a lui.

    Fu uno di quei professori che pretendeva sempre il 200% dai suoi alunni ma che nonostante ciò non smetteva mai di sorprendermi attraverso la sua ironia, la passione che metteva nel suo lavoro e il rapporto di amicizia che aveva instaurato con me e con la maggior parte dei miei compagni di classe.
    Fu uno di quelli che non scorderò facilmente.
    Pierpaolo Innaimo

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  8. TEMA: L’INSEGNANTE DI CUI CONSERVATE ANCORA UN RICORDO POSITIVO
    Durante le prime lezioni di didattica, il prof Bruni ci ha invitati a scrivere un racconto su un’insegnante di cui possediamo ancora un ricordo positivo. Da quel momento la mia mente ha iniziato a viaggiare nel tempo e a pensare ai tanti insegnanti che ho incontrato nel corso degli anni. Pensavo e ripensavo, ma la mia mente si focalizzava sempre su due persone in particolare. Dunque…sono ben due le insegnanti di cui posseggo un ricordo positivo nel mio lungo percorso scolastico: l’una, nei miei primi cinque anni di scuola primaria, l’altra, negli ultimi tre anni di liceo. Iniziando dal principio, voglio parlarvi della mia maestra di italiano, M.R. Sono pochi i ricordi che posseggo di lei, ma ciò che mi ha colpito è stata la sua dolcezza nei momenti del bisogno, ma anche la sua “severità” quando necessitava. Ricordo sempre che nelle sue ore di lezione, la porta della nostra classe era sempre aperta, non c’era bisogno di chiuderla perché riusciva a tenere gli alunni in assoluto silenzio, dunque si lavorava in tranquillità. Non era una maestra autoritaria, ma autorevole; riusciva a farsi rispettare, ma allo stesso tempo rispettava anche noi e i nostri bisogni. Quando c’era da lavorare, si lavorava, ma se percepiva stanchezza e calo di attenzione da parte nostra, non esitava a darci cinque minuti per riposarci e riprenderci. Tra le tante maestre, lei era l’unica che prendevo come modello da seguire. Ricordo ancora quando giocavo con mia sorella a fare le maestre: io imitavo sempre LEI! Dai singoli atteggiamenti fisici a quelli comportamentali e d’insegnamento. Col trascorrere degli anni ho rivissuto quasi la stessa cosa con la professoressa di Scienze Umane. Ho avuto modo di conoscerla come insegnante solo a partire dal terzo anno, fino ad allora la conoscevo solo in veste di vicepreside dell’istituto. Ricordo il primo giorno di scuola. Lei era lì, nei corridoi, ad aspettare che tutti gli studenti entrassero in classe e ad incitare i ritardatari a muoversi ad entrare. Rivivevo la stessa scena ogni singolo giorno. Avevo timore di lei: sembrava una donna fredda, cruda, severa ( la classica e rigida “signorina Rottermeier” di Heidi). Quando seppi che sarebbe diventata la mia prof a partire dal terzo anno, iniziò ufficialmente il periodo d’ansia. Pensavo: “questa ci boccia tutti”. Quando arrivò il giorno della sua prima lezione, tutto si mostrò diverso ai miei occhi. La donna fredda e severa non c’era più, al suo posto vi era una donna gentile, “quasi” simpatica; trasmetteva serenità. Rimasi subito colpita dal suo metodo d’insegnamento: innanzitutto, come la mia maestra di italiano, in classe quando c’era lei, tutti erano al proprio posto in silenzio ad ascoltare le sue spiegazioni; d’altra parte erano proprio le sue spiegazioni a colpirmi: a differenza di altri prof che utilizzavano, come punto di riferimento, il libro, lei l’aveva chiuso sulla cattedra e iniziava a spiegare, come un racconto, l’argomento da trattare. Diverse erano anche le interrogazioni: non vi era la classica interrogazione con domanda precisa- risposta precisa bensì chiamava 4-5 persone alla cattedra e si iniziava a discutere su quanto studiato. Era una conversazione con la prof, un dialogo diretto da lei. Era pesante come interrogazione, ma era il giusto metodo per capire se avevamo interiorizzato i concetti chiave. Inoltre ciò che mi ha colpito era anche la sua “giustizia”: i suoi voti erano meritevoli e giusti. Sono questi, a mio avviso, i validi metodi di insegnamento al fine di arricchirci culturalmente e spiritualmente.
    MARIA ROSARIA DE MARCO

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  9. Nell' arco del mio percorso scolastico ho avuto modo di conoscere tantissimi professori , ma quella che ancora oggi porto nel cuore è la mia professoressa di scienze umane del liceo. Dal primo giorno in cui l'ho vista ho capito che aveva qualcosa di diverso da tutti gli altri. Solitamente i professori ci consideravano la classe più chiassosa dell' istituto , ma con lei tutti eravamo coinvolti e interessati alla lezione ed era l'unica in grado di saperci gestire. L'ho sempre ammirata e stimata come insegnante , ma anche come donna , i suoi rimproveri sono stati per me fonte di crescita , amava i suoi alunni come se fossero suoi figli per questo era pronta a punirci per atteggiamenti scorretti o a gratificarci per i nostri successi . L' amore per l'insegnamento mi è stato trasmesso da lei , ogni volta che la guardavo pensavo e speravo che un giorno potessi avere il suo stesso spirito . Le sue spiegazioni erano molto interessanti e per farci apprendere in modo migliore organizzava degli stage in modo tale da non inculcarci solo conoscenze , ma anche competenze. Per lo studio della pedagogia aveva organizzato uno stage in una scuola dell' infanzia , nei giorni precedenti a quest'ultimo noi alunni divisi per gruppi da tre abbiamo preparato attività da far svolgere ai bambini durante la lezione. Questa esperienza ha avuto un grande significato nella mia vita perchè ho capito a cosa aspiravo per il mio futuro . Per lo studio della psicologia ci siamo recati in un centro psico-sociale in cui si trovavano persone con disturbi psichici e abbiamo potuto partecipare alle loro attività affrontando da vicino gli argomenti di studio . In fine per lo studio della sociologia siamo andati in un istituto penitenziario e abbiamo avuto modo di confrontarci con assistenti sociali , di visitare l' istituto e di partecipare alle attività che questo organizzava al fine della reintegrazione sociale . Questa professoressa ha avuto e avrà sempre un posto importante nella mia vita , sicuramente per me sarà fonte di ispirazione ; il mio sogno è quello di diventare come lei e di trasmettere ai miei alunni quello che lei ha trasmesso a me.
    LETIZIA RATENI

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  10. Io ho avuto molti professori o maestri sui quali potrei spendere mille parole, ma c’è un professore in particolare dove mille parole sono pochissime; infatti vorrei parlare del mio professore di chimica delle superiori. Avendo frequentato il liceo delle scienze umane, la domanda sorge spontanea: perché parlare di un professore che insegnava una materia che non sia di base? A questa domanda c’è una risposta immediata: è stato l’unico professore che in questi cinque lunghi anni che mi ha sostenuto fino al giorno della mia maturità. Io lo ammetto, non sono mai stata un genio della chimica, però il modo in cui il professore la spiegava, mi ha portata ad appassionarmi. Il suo metodo è principalmente tradizionale, ovvero lui spiegava e noi prendevamo appunti, poiché avevamo solo due ore a settimana di chimica e quindi non potevamo trattare molti argomenti, però il suo modo di spiegare non era come tutti; la lezione, per quanto potesse essere difficile, risultava talmente semplificata da ridursi a materiale di studio da ripassare a casa. Però a lui piaceva molto dimostrarci quello che spiegava, infatti quando si presentava l’opportunità, ci portava nel laboratorio di chimica nella sede centrale e ci faceva fare gli esperimenti. Un metodo che mi è rimasto impresso che purtroppo ha attuato solo al quinto anno è l’EAS: lui ci ha fornito dei materiali,che andavano da siti di ricerca a video preparati da lui personalmente, e noi dovevamo analizzarli e creare un lavoro in power point e rappresentarlo in classe dopo circa due settimane. Ha creato inoltre una classe virtuale su Google Classroom, dove lui pubblicava esercizi e video di soluzione dei problemi, in vista dell’interrogazione o di un compito in classe. In questo modo ogni alunno aveva tutti gli strumenti adatti per raggiungere l’obiettivo,e nel caso non ci fosse riuscito avrebbe sempre potuto recuperare in un secondo momento.
    È stato un professore che mi è stato vicino, come detto precedentemente,infatti lo considero come l’orso “coccoloso” della situazione; non lo vedevi mai arrabbiato ed era sempre molto disponibile. Un aneddoto che ricorderò sempre riguarda il secondo superiore, quando mio nonno è venuto a mancare,lui si è dimostrato molto disponibile e ogni volta che mi vedeva al cimitero, mi salutava con un sorriso a trentadue denti e una piccola carezza.L’ultimo episodio riguarda il giorno dell’esame di maturità, dove il professore è arrivato addirittura a scontrarsi con altri docenti, i quali non volevano chiaramente premiarmi, dandomi una valutazione a mio dire ingiusta. Lui si è battuto fino all’ultimo per me,e purtroppo per questo non sono mai riuscita a ringraziarlo, ma spero di esserci riuscita con questo racconto, anche se indirettamente.
    Angela Modola

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  11. Tra i tanti insegnanti conosciuti, in modo particolare, mi ha colpito e segnato per sempre la professoressa d’italiano incontrata al quarto anno del liceo scientifico. Essa, in primo luogo, si differenziava degli altri per l’impegno e la grande passione che riusciva a trasmettere a ogni alunno. Ricordo lei perché era in grado di far avvicinare alla letteratura anche i ragazzi che ritenevano questa materia inutile e noiosa, trattandosi, appunto, di un indirizzo scientifico. La sua grande passione era accompagnata, oltre da un eccellente preparazione, da una straordinaria capacità di esporre gli argomenti in modo chiaro e semplice, tanto è vero che, io, a distanza di 3 anni, ricordo tutto il programma fatto.
    Il primo giorno che entrò nella mia classe si presentò come un insegnante molto severa ed esigente che aveva un unico obiettivo quello di far arrivare tutti, alla conclusione dell’anno, con un ottimo livello d’italiano. Ogni volta che entrava in classe, immediatamente, il silenzio calava e iniziava subito con le sue appassionati lezioni, che non erano una semplice esposizione di argomenti, ma erano un viaggio, ognuno dei quali ci trasportava in tempi lontani e ci faceva immedesimare in ogni personaggio che andavamo ad analizzare, andando ogni volta oltre il contenuto del libro. Bastava guardarla negli occhi, che gli brillavano, per capire quanta passione riusciva a trasmettere, da subito, a ognuno di noi. Le sue lezioni erano frontali, ma nonostante questo, riusciva a coinvolgere tutti e a mantenere sempre la massima attenzione, infatti nessuno faceva fatica a seguire dal primo fino all’ultimo minuto. Tutti, e dico tutti, quell’anno eravamo innamorati della sua materia, difatti, era riuscita a far riscoprire, a ognuno di noi, l’amore di studiare e analizzare un testo antico, da una semplice poesia a un poema cavalleresco a un romanzo ecc…
    Spesso durante la lezione, a turno, ci chiamava alla lavagna per tracciare uno schema o una tabella riassuntiva che ci permetteva, immediatamente, di focalizzare i punti fondamentali. Nelle interrogazioni e nei compiti in classe era molto precisa, esigente e severa. Ricordo, come se fosse ieri, il suo primo compito in classe, a parecchi alunni andò male. Quando, il giorno dopo, riportò i compiti corretti, prima di consegnarli a ciascun alunno, chiamò il ragazzo il cui compito era andato peggio, lo fece uscire fuori dalla classe e gli andò a parlare privatamente, gli spiegò perché e dove aveva sbagliato e come fare per migliorare. Lo fece uscire fuori perché lui era un ragazzo molto sensibile e se gli avrebbe parlato davanti la classe avrebbe solo peggiorato la situazione. Così facendo, il ragazzo si sentì sempre più sicuro di sé e con i suoi costanti aiuti riuscì a migliorare radicalmente nella scrittura, raggiungendo ottimi risultati alla fine dell’anno; da questo episodio traspare il suo lato umano, un insegnante molto attenta all’animo di ogni suo alunno.
    Questa prof, di fatto, cercava sempre di non lasciare nessuno indietro, tutti dovevano arrivare con un’ottima preparazione. La prima a crederci fino in fondo era lei, così facendo ci trasmetteva tutta la sicurezza nelle nostre capacità, il non arrendersi mai perché niente è impossibile se ci si crede davvero. Grazie alla sua determinatezza e alla sua gande passione, è riuscita a formarci non solo dal punto di vista culturale, dandoci della ottime basi e un corretto metodo di studio, ma anche, e soprattutto dal punto di vista umano.
    In un anno era riuscita a creare un forte legame con tutti i ragazzi, eravamo e saremo per sempre i suoi alunni. La ricorderò per sempre con affetto e ammirazione. Una frase che al meglio la sintetizza è “Insegnare non è riempire un secchio, ma accendere un fuoco” ad a me, di sicuro, l’acceso!
    Panichella Carmen

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  12. Di solito agli alunni non va mai bene un insegnante, hanno la capacità di trovare tutti i suoi difetti, da quelli più piccoli a quelli più nascosti. Ma dall’altra parte è quasi impossibile che uno di loro non ti entri nel cuore. Ripenserai quando capirai ciò che ti hanno donato: tempo, conoscenza e forse qualcosa di più di questo. Tra i miei ricordi spicca la mia maestra di italiano che mi ha accompagnato per cinque anni alle scuole elementari. La ricordo brillante e creativa, in grado di attirare l’attenzione dei suoi alunni quindi garantirne l’apprendimento. Non sono capace di trascrivere in maniera ordinata la mia esperienza con lei perché è trascorso un bel po’ di tempo, ma proverò a far capire cosa mi ha suscitato. Sin da bambina la vedevo come un modello, forse è uno dei tanti motivi per cui ho deciso di intraprendere questo percorso. La prima cosa che mi ha colpito è stato il sorriso, quel calore che mi ha spinto a dare il meglio di me. Non si limitava a fornire informazioni, ma un concetto ce lo faceva ricavare, lo faceva diventare nostro. Ci ha spiegato l’alfabeto facendoci pensare a delle parole che conoscevamo oralmente, quindi associando l’esperienza di tutti i giorni a qualcosa di nuovo. Per mostrarci la forma della Terra ha portato un frutto (non ricordo quale fosse); girando su se stessa ci ha fatto capire la rotazione della Terra. Ricordo particolarmente la disposizione dei banchi a ferro di cavallo, riuscivo a vedere tutti e mi sentivo a mio agio. Ciò che più adoravo erano i “lavoretti” fatti a mano con il materiale più comune che riuscivamo a trovare. Per esempio raccoglievamo in autunno le foglie cadute per poi costruire qualcosa. Lei ci aiutava in tutto ciò, stimolava la nostra immaginazione. Credevo fosse banale raccontare di come avessi passato l’estate, ma ho invece capito che con il confronto ci sentivamo parte di qualcosa. Ovviamente ci sono stati momenti critici. Mi ricordo limpidamente un episodio: lei ci aveva dato un compito per casa, ma io ne ho fatto solo una parte; in classe le ho mentito, ma subito dopo mi sono sentita in colpa e le ho detto la verità. È stata comprensiva, ma contemporaneamente mi ha fatto capire dove ho sbagliato. Grazie a lei sono cresciuta con degli obiettivi e determinata nel compierli.
    Rosa Bernadette Gravina.

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  13. Nell’arco della mia carriera scolastica ho incontrato molti docenti, tutti con diversi metodi d’insegnamento. Una professoressa in particolare mi ha colpito per il suo modo d’insegnare in quanto è riuscita a stimolare in noi alunni la curiosità e l’interesse della materia. È un’insegnante di spagnolo e mi ha accompagnato negli ultimi due anni delle superiori; mi trasmetteva la voglia d’imparare grazie al suo modo d’essere come nessun altro professore è riuscito a fare. Ci ha insegnato sia la grammatica che la letteratura spagnola. Riguardo l’insegnamento della grammatica il suo metodo consisteva nel spiegare le regole grammaticali all’inizio della lezione e poi uno alla volta andavamo alla lavagna per applicarle. Grazie a questo sistema ogni dubbio sull’argomento poteva essere colmato. Per la letteratura, invece, ci introduceva l’argomento in italiano e poi lo rispiegava in spagnolo, aggiungendo sempre degli elementi in più rispetto al libro. Tutto questo ha richiesto impegno da entrambi i lati della cattedra ma alla fine dell’anno scolastico i risultati sono stati ben evidenti con un ottimo padroneggiamento della lingua da parte di noi alunni. Inoltre ogni settimana ci assegnava un tema di ordine generale da svolgere ed imparare ed è stato soprattutto grazie a questi temi che abbiamo migliorato le nostre conoscenze. Tuttavia, ciò che personalmente mi ha fatto affezionare ancor di più a lei è stato dopo un episodio in particolare: verso febbraio potevamo frequentare un corso per conseguire a maggio l’esame DELE B2 di spagnolo. Inizialmente non mi sentivo in grado di poterlo sostenere, ma è stata lei a incoraggiarmi dicendomi che ero pronta per quel livello e che quindi l’avrei superato. Aveva fiducia in me più di quanta ne avessi io di me stessa e così decisi di provarci. Fortunatamente lo superai e da quel momento capii che quando si studia nonostante i mille timori e le ansie è meglio provare che non tentare proprio. In conclusione sono molto lieta di averla incontrata perché ci ha insegnato molto non solo a livello culturale ma anche a livello morale. Tra tutti i docenti che ho avuto sono orgogliosa di lei e spero che in futuro sarò in grado di seguire il suo esempio.
    Angelica Severino

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  14. Mentre mi veniva assegnata la traccia del compito dal Prof. Bruni, il mio pensiero è tornato indietro di ventinove anni, a settembre del 1988. Ho pensato subito a lei: la cara e dolce maestra M. di prima, seconda e terza elementare.
    Me lo ricordo benissimo il primo giorno di scuola di prima elementare, emozionata ma altrettanto timorosa varcavo la soglia di quella che sarebbe stata la mia scuola per otto anni.
    Lei era lì, davanti alla porta della prima A, una donna distinta sui sessant’anni, alta, magra dai capelli dorati, indossava una gonna a godet color terra bruciata ed una camicetta di seta color pesca, aveva le labbra leggermente colorate e un profumo che sapeva di buono.
    Quell’anno si formò una sola classe, lei ci ripeteva continuamente che la nostra era una classe unica e speciale, ma questo lo capimmo con il tempo.
    Ci avevano collocati nella zona “in” della scuola, piano terra a destra dell’entrata principale. Oltre ai tre scalini per accedere all’aula c’era anche una pedana costruita proprio in quell’anno, era per il mio compagno di classe M. ma alla fine la usammo tutti.
    M. era un bambino disabile, non camminava, era seduto su una sedia a rotelle, aveva una mano completamente immobilizzata e l’altra parzialmente funzionante, non parlava bene ma se voleva si faceva capire benissimo.
    Quando entrammo l’ aula era disposta secondo uno schema tradizionale, cattedra centrale e tre file di banchi disposti a due a due scegliemmo il nostro posto ma da subito la maestra ci annunciò che i posti sarebbero cambiati, avremmo ruotato ogni due settimane, lei diceva che era noioso stare sempre vicino alla stessa persona ma infondo voleva solo che ognuno di noi si sedesse vicino a M. solo così avremmo potuto conoscerlo e magari aiutarlo in caso di bisogno.
    Alternava la disposizione tradizionale con quella a ferro di cavallo, in questo caso M. era seduto sempre esternamente ma anche in questo modo ogni due settimane si ruotava di posto.
    Mi piaceva quella disposizione, non avevamo nessuno davanti e nessuno dietro, solo accanto.
    Prima delle lettere ci fece diventare dei perfetti “corniciai”, ci faceva fare pagine e pagine di cornicette finché il tratto non divenne preciso e sicuro. M. non riuscì mai ad avere un tratto preciso come il nostro, ma l’obiettivo della maestra era quello di fargli usare matita e colori in completa autonomia, e ci riuscì.
    Ricordo che ci faceva scrivere tanto, soprattutto in classe. I miei quaderni delle elementari sono pieni di quelli che lei chiamava “pensierini liberi”, una frase dedicata alla mattinata trascorsa o una riflessione su qualcosa di accaduto a scuola. La ricordo anche come la maestra dei dettati, quanti ne abbiamo fatti! Mentre dettava girava tra i banchi, si sedeva ora su un banco, ora su un altro, era sempre in piedi tra di noi, alla cattedra quasi mai, solo per compilare il registro.
    I primi dettati erano lenti, dettava piano, pensavamo fosse una sua modalità ma invece capimmo che quel lavoro era rivolto soprattutto a M. che era alle prese con la sua prima macchina da scrivere e quando M. diventò padrone del suo nuovo “mezzo” lei velocizzò la dettatura.
    Verso fine settembre del primo anno arrivò in classe una nuova maestra, era quella che avrebbe aiutato M. durante il suo percorso scolastico. Non fu sempre la stessa, cambiò ogni anno, ma per M. non fu un problema (almeno fino alla terza elementare), la sua maestra di riferimento era la maestra M.

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  15. M. non poteva mangiare da solo, durante l’intervallo, la maestra M. gli si sedeva accanto e lo aiutava a consumare la merenda. Dopo un paio di settimane dall’inizio della scuola ci chiese se avevamo piacere di aiutarla, non era un’imposizione ma una collaborazione. Lei riuscì a creare una situazione tale che la merenda di M. divenne un nostro impegno per cinque anni e nessuno poté sostituirci, nemmeno la sua maestra di sostegno. La nostra responsabilità nei confronti del nostro compagno di classe non si limitò alle ore scolastiche ma continuò nel pomeriggio e continua con grande piacere ancora oggi.
    Dopo i compiti il pomeriggio eravamo soliti giocare per strada, all’aperto ma un pomeriggio a settimana decidemmo di giocare a casa di M.
    Fu la maestra M. l’artefice di questa iniziativa, ci divise in 5 gruppi di 3-4 persone, ci aggregammo liberamente e scegliemmo un giorno della settimana e quel giorno si giocava da M.
    Io insieme alle mie compagne scegliemmo il sabato, così alle 17.00 dopo il catechismo, sole pioggia o vento si andava da M. Questo appuntamento divenne per tutti parte del nostro vivere quotidiano.
    Quella donna mi è rimasta nel cuore per tante cose, alcune anche un pó spiacevoli. Fu l’unica maestra in tutto l’istituto a bocciare una bambina in prima elementare. Durante l’anno la maestra ci provò in tutti i modi ad aiutarla ma purtroppo quella bambina viveva in una condizione familiare molto disagiata e questo incise totalmente sul suo apprendimento scolastico. Non sono mai riuscita a condannarla per quel gesto. La maestra spiegò alla nostra compagna le motivazioni di quella sua decisione e lo fece poi con tutta la classe, ebbi la sensazione che cercasse il nostro perdono. Fu un gesto molto coraggioso ma sono sicura che le pesò tanto.

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  16. La maestra M. dava il meglio di se in occasione delle festività in particolare del Natale. Trasformava l’aula in un vero e proprio laboratorio creativo, si dipingeva, si ritagliava, si cuciva, si riciclava qualsiasi materiale. Un anno costruimmo un presepe con la pasta, penne, spaghetti, ziti, farfalle c’erano tutti i formati. Fu un lavoro geniale.
    Con lei lessi anche il mio primo romanzo: “I ragazzi della via Pál”. Contro l’incertezza di qualche collega e di qualche genitore che ci considerava troppo piccoli adottò quel romanzo come libro di testo. Non era un libro semplice ma lei ce lo rese così appassionante, avvincente che divenne il nostro libro, il libro della terza A.
    La maestra M. ci portò fino alla terza elementare poi andò in pensione. Restammo in contatto per molto tempo, andavamo a trovarla spesso, fu lei stessa a chiederci di farlo, voleva sapere di noi delle nostre scelte scolastiche e della nostra vita.
    Sulle prime pagine del quaderno di quarta elementare leggo poche righe che la riguardano: “ ..mi manca tanto la maestra M., con lei ho imparato a pensare e a ragionare da sola”. Credo che il suo merito più grande sia stato proprio quello di insegnarci a fare da soli a guidarci verso l’ autonomia.
    Quando penso a lei però non riesco a scinderla dal mio compagno di classe M., prima di parlarci di lettere e numeri il suo obiettivo primario fu l’integrazione, ci ha educati all’accoglienza, al confronto e all’accettazione delle differenze, è riuscita a fare della diversità un valore aggiunto e questo ha reso la nostra classe speciale.
    Teresa Tavaniello


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  17. Nell’immediato, se penso ai momenti positivi che ho vissuto in relazione agli insegnanti, mi vengono in mente soprattutto quelli vissuti all’asilo e alle scuole elementari, con maestre che mi coccolavano con i loro elogi sulla mia “bella scrittura”, il mio essere educata, il mio costante impegno, il mio essere ordinata etc. Riflettendoci meglio, però, mi rendo conto che la positività di questi ricordi risiede più che altro nel riflesso che questi insegnanti mi hanno restituito di me stessa. Se provo a ricordare più in generale il loro atteggiamento nei confronti degli altri bambini, riesco a ricordare come queste trattavano quelli che avevano più difficoltà e che venivano considerati gli ultimi della classe. Mi metto nei loro panni, e mi rendo conto che il mio ricordo positivo non sarebbe esattamente lo stesso, avendo vissuto le mie stesse situazioni, con la stessa maestra, che però da loro si aspettava solo errori.
    Tra le insegnanti di cui porto un ricordo molto affettuoso c’è la maestra delle scuole elementari, Marianna, che ha sempre avuto un fare molto materno. Ci accoglieva sempre con il sorriso e non ci risparmiava mai parole rassicuranti. Ricordo positivamente il suo sperimentare con noi pratiche sempre diverse in quanto a disposizione in aula e lavori di gruppo, e i progetti nei quali ci ha coinvolti (una volta abbiamo creato del sapone profumato, spesso abbiamo fatto uscite all’aria aperta per studiare le piante, le varie forme delle foglie, i colori che cambiano durante le stagioni…). Ricordo il clima sereno che si creava quando tutta la classe era chiamata a partecipare alla stesura di un racconto, a cantare una canzone, o a fare esperimenti (come quando la maestra, munita di carta velina di vari colori, ci ha invogliati a sovrapporre in tanti modi diversi i fogli, per vedere quale nuovo colore ne sarebbe scaturito). Di lei ho apprezzato tanto il mettere in relazione le situazioni di apprendimento con la vita reale, riuscendo quasi a farmi toccare con mano gli argomenti.
    Forse, a pensarci bene, questo aspetto è quello che apprezzo di più, in linea generale, di tutte quelle persone che mi hanno fatto da insegnante. Infatti anche del liceo porto un ricordo molto positivo di una professoressa che ha sempre presentato gli argomenti di studio legandoli a tematiche valoriali e di attualità, invogliandomi e insegnandomi a sviluppare un pensiero critico e complesso, che penso sia la più grande conquista lasciatami dalla scuola.
    Ad oggi posso dire di aver elaborato una mia visione dell’insegnamento a partire, da un lato, da tutto ciò che di buono mi è stato dato, come lo spazio e il tempo per apprendere, un clima sereno, la fiducia in me stessa e nelle mie capacità e la curiosità verso tutte le cose del mondo, mentre, dall’altra, da ciò che ho notato mancare nei confronti di qualche mio compagno.
    Ripensare oggi a quei ragazzi che alle scuole medie ancora non riuscivano a leggere, che venivano classificati come svogliati, gli ultimi della classe, che i professori “dimenticavano” per bearsi di quelli di noi che invece erano in grado di svolgere i compiti correttamente, mi sensibilizza ad un modello di insegnamento più efficace e paritario.
    L’insegnante che prendo a modello si impegna a dare a tutti i bambini la possibilità di approcciare in modo piacevole e stimolante l’argomento di studio, si mette al servizio degli studenti e della loro voglia di imparare ed apprendere. Allo stesso modo, e con sforzi sicuramente maggiori, si mette al servizio di quelli che si pongono nei confronti dell’insegnante e dello studio con aria di sfida, quelli che si calano perfettamente nella parte dello studente svogliato, disinteressato, del “caso perso”.
    Vorrei essere proprio quell’insegnante che si fa carico di conoscere ogni singolo alunno nelle proprie difficoltà, per aiutarlo a trovare le potenzialità da cui partire per un apprendimento personalizzato e più efficace.
    Mariangela Testa

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  18. Nel mio percorso scolastico ho avuto la possibilità di conoscere diversi insegnanti che certamente hanno contribuito alla mia formazione sia dal punto di vista culturale che da quello umano. Non tutti i ricordi di vecchi professori sono positivi: infatti ripensando agli anni di scuola passati è inevitabile rammentare un insegnante particolarmente temuto per la sua severità ed inflessibilità, o un professore che ti ha portato a detestare una determinata materia. Fortunatamente ho incontrato anche insegnanti che con la loro passione hanno modificato il mio modo di vedere e affrontare il mondo e mi hanno aiutato a diventare la persona che sono oggi.

    Un professore che ricordo con particolare affetto e al quale sarò eternamente grata è il mio insegnante di latino e greco del liceo. È per me una figura di riferimento e di continua ispirazione, in quanto mi ha spinto a credere in me stessa e nelle mie capacità, a continuare a lottare in ciò che credo e nei miei sogni, a guardare la vita con occhio critico, riflettendo con la mia testa piuttosto che affidarmi al giudizio degli altri. Egli è per me l' insegnante ideale che ogni studente merita di avere: assistendo ad una sua lezione era possibile percepire l’entusiasmo e la passione che metteva nel proprio lavoro; sapeva parlare con il cuore agli studenti e rendere interessante la propria materia.

    Grazie a questo insegnante sono in grado di capire l’importanza di accompagnare lo studio teorico a risvolti di tipo pratico, poiché egli spesso oltre che alla classica lezione frontale ci proponeva di integrare le conoscenze acquisite con altre forme di apprendimento: ad esempio, ho trovato molto utile la visione di un film, basato su quanto appreso in classe, dal momento che il video rende più facile la memorizzazione dei concetti. Credo infatti che, oltre allo studio di nozioni, sia importante l'aspetto pratico e concreto per meglio arrivare al raggiungimento dell'obiettivo di qualsiasi insegnante.

    Un altro aspetto che ho apprezzato moltissimo del professore era l’organizzazione delle verifiche: queste consistevano non nell'interrogare sui singoli argomenti o capitoli, ma su macro-sezioni, spaziando con domande che potevano riguardare anche il programma dell’anno precedente. Questo ci garantiva la possibilità di avere uno sguardo costante su tutta la disciplina, in modo da avere un quadro globale e non selettivo dell’argomento specifico. Inoltre mi è stato utile sia il "metodo" di insegnamento che ha adottato, che consisteva nel fare interagire noi ragazzi nella spiegazione con le domande o chiedere cosa pensavamo in merito all'argomento sia quello della “sintesi” a fine lezione. Credo che sia importante perché consente di fare il punto della situazione e garantisce a coloro che non hanno appuntato alcuni concetti, o semplicemente non li hanno capiti, di riscriverli e riascoltarli.

    Per me un insegnate ideale è colui che riesce a trasmetterti il suo stesso amore per una materia, che scopre i tuoi pregi e le tue qualità migliori e ti spinge a comprenderli, a seguirli e coltivarli. Un professore perfetto è quello che ti mette una penna in mano, ti incoraggia a tradurre brani del passato, a migliorarti, a esprimere a pieno le tue capacità. Insegnare non è solo proporre una lezione a degli studenti annoiati, far cadere su di loro giudizi e voti, assegnare compiti e punizioni. Insegnare è anche far appassionare e incuriosire, è sorprendere e far aprire gli occhi dei propri studenti. L’insegnante ideale è, per me, colui che alimenta il tuo desiderio costante di apprendere e migliorarti, è colui che non si limita a insegnare ciò che è previsto dal programma scolastico, ma ti spinge a riflettere sul mondo che ti circonda e sui fatti della cronaca moderna, a esprimere le tue idee e opinioni.

    Spero che un giorno anch’io possa insegnare con la passione e l’amore del mio insegnante, cosicché anche i miei futuri alunni possano avere il mio stesso ricordo.
    Francesca Di Marco

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  19. La mia indimenticabile maestra!

    Segnare positivamente la vita di un bambino è una missione, sicuramente portata a termine dalla mia maestra di italiano, matematica e scienze delle elementari. In classe ripeteva sempre che bisogna fare tutto con passione. La sua creatività era insuperabile. Una volta al mese ci assegnava un racconto di fantasia da ideare e si eleggeva il più originale, per poi partecipare ad un concorso di scrittura tra scuole a fine anno.
    Selezionava opportunamente dei libri per creare la biblioteca di classe. Alla fine di un libro chiedeva un commento scritto e ricordo quanto per noi era importante stupirla, perché la ragione della nostra soddisfazione era trovare Super Bravissimo sul quaderno.
    Nelle lezioni di matematica richiedeva un brainstorming collettivo sul nuovo argomento. Si soffermava sui concetti fondamentali ed eseguiva gli esercizi alla lavagna spiegando il procedimento corretto e i possibili errori da evitare. Riassumeva sempre anche la lezione precedente. Dopo le spiegazioni formavamo 4/5 gruppi per lo svolgimento degli esercizi in completa autonomia. In ciò consisteva la maggior parte del nostro lavoro perché lei sosteneva che la matematica si apprende soprattutto a scuola e comprendeva i nostri impegni extra-scolastici.
    La sua soddisfazione maggiore consisteva nell’osservare i progressi dei bambini in difficoltà, anche attraverso il nostro aiuto.
    Anche la competizione aiuta a migliorare. Arrivare in finale nella gara delle tabelline significava conquistare la stima della maestra, oltre al giocattolino come premio.
    Inconsapevolmente le nostre abilità crescevano, anche nell’elaborazione di ipotesi per risolvere un problema di realtà alla fine di ogni argomento.
    Ricordo inoltre il periodo della raccolta delle foglie di diverso tipo da incollare sul cartellone di scienze.
    E non mancavano lavoretti, poesie da imparare per le festività e recite divertenti di fine anno per cui alcuni giorni erano dedicati alla memorizzazione del copione, di canzoni e movimenti.
    La mia maestra è diventata il mio modello di vita per la sua disponibilità a far maturare le nostre differenti capacità, creando infinite condizioni per apprendere.
    A casa studiavo immaginando davanti a me una numerosa classe di bambini a cui spiegare la lezione. Da ciò ho capito che la scuola sarebbe diventata la mia seconda casa.
    Giuseppina Medina

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  20. Durante il mio percorso da studentessa ho conosciuto numerosi insegnanti, ognuno con qualcosa da insegnare e ognuno con qualcosa che lo caratterizzava. Ma c’è un insegnante che, in particolar modo, ha segnato il mio percorso studentesco e di crescita aiutandomi a vedere con occhi nuovi quelle piccolezze che fino a quel momento consideravo inutili. E’stato proprio grazie a quelle piccole cose che ho iniziato a pormi in modo diverso dinanzi ai problemi che mi si presentavano. Il professore in questione è il mio insegnante di storia e filosofia del liceo. Un professore solare ma allo stesso tempo composto, severo ma contemporaneamente comprensivo. Il suo metodo, con il passare del tempo, si è dimostrato molto utile ed efficace. La sua lezione aveva una struttura molto precisa, in un primo momento richiamava alla mente i concetti chiave della lezione precedente, in modo da non perdere il filo con quest’ultima, successivamente c’era la correzione delle domande assegnate durante quella lezione che la riassumevano, in modo che noi la studiassimo, o almeno la leggessimo, volta per volta. Questo modo di fare, ci ha abituati a tenere la mente sempre allenata e fare in modo da non rimandare tutto il lavoro a pochi giorni prima del compito o dell’interrogazione. A volte, però, si dava la precedenza al chiarimento di alcuni dubbi o incomprensioni riguardo argomenti già trattati. La lezione era frontale. Per rendere meno pesante la spiegazione ci dava delle brevi pause per farci riposare. Venivano anche organizzati lavori di gruppo in modo da renderci partecipi in prima persona della lezione. Durante questi lavori di gruppo, che venivano fatti poche volte, il prof. ,dopo averci dato le linee guida per il corretto svolgimento del lavoro, si metteva da parte per lasciarci più liberi possibile così da far emergere il nostro lato critico e creativo. Alla fine del mio percorso da liceale, e dopo aver ben assimilato il metodo di studio che mi ha trasmesso, ho potuto costatare l’efficienza di quest’ultimo che penso mi servirà ancora… .
    Vanessa Piemontese

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  21. Sin dalla tenera età fino a giungere agli anni della maturità, il ruolo dell’insegnante svolge una rilevante funzione in quanto non solo è colui che trasmette conoscenze ma anche colui che è in grado di dare ascolto, che si offre come modello, che fa emergere le potenzialità di ciascuno e che aiuta gli studenti nel momento del bisogno. Tali concetti, a volte, difficilmente vengono assimilati poiché una persona che giudica i lavori o dà un voto, non viene visto di buon occhio da gran parte degli studenti. A tal proposito, mi torna in mente la figura della mia maestra delle elementari. Si chiamava Assunta e già dai primi giorni di scuola ebbi piena fiducia in lei nonostante non la conoscessi perfettamente. Era una signora di mezza età, robusta, biondina ma con un suo modo di fare che ricordo ancora oggi. A lei devo tanto di quello che sono ora, in quanto non solo mi ha trasmesso importanti valori semplicemente facendo lezione. Conosceva i suoi studenti oltre il voto, riusciva a comprendere le nostre difficoltà, aiutandoci a diventare delle persone migliori anche fuori da quelle mura. Era innamorata del suo lavoro, paziente ma severa quanto bastava. Utilizzava lezioni frontali che, però, non annoiavano affatto poiché erano cinque ore in cui prendevamo parte attivamente alle attività svolte. Inoltre, nonostante il programma di grammatica fosse un bel po' noioso, usufruiva di un modo di spiegare davvero coinvolgente e rendeva a dei bambini pimpanti, come quelli della mia classe, facile e divertente capire tutto ciò che spiegava. Adoravo in particolar modo quando leggevamo racconti presi dal nostro libro di italiano perchè non solo imitava le voci dei personaggi ma anche perché ci chiedeva di fare dei riassunti disegnando tali storie. Lei era la sola maestra a dare importanza alle varie festività, facendoci fare lavoretti di gruppo raggruppandoci in piccole isole. Ma non solo, era l’unica maestra a darci la possibilità di fare una pausa e a farci uscire in giardino tutti insieme per giocare. Inoltre la mia era una classe formata da numerosi bambini tra cui anche una bambina africana, una rumena e due cinesi e lei riuscì a farci comprendere, alla nostra età, l’importanza che ha una classe in cui vi sono bambini di diverse nazionalità, non solo perché in tale modo vi sia un confronto tra le diverse culture ma anche perché così, come diceva sempre lei, avevamo la possibilità di vedere le cose attraverso punti di vista differenti. Per questo se dovessi scegliere tra le mie vecchie maestre e professori, sceglierei, senza alcun dubbio, la maestra Assunta, la quale attraverso passione, dedizione e gentilezza, mi ha fatto comprendere che la scuola non è solamente il luogo del sapere ma anche un luogo in cui crescere e imparare l’importanza dei fattori relazionali, emotivi e sociali.

    Miriam Leone

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  22. Sono figlia di insegnanti e, forse anche per questo, mi duole molto ammettere che sono stati veramente pochi i docenti che mi hanno lasciato qualcosa di positivo. L'esperienza peggiore, purtroppo, l'ho avuta proprio alle scuole elementari, non avendo mai avuto le stesse maestre per tutta la durata del ciclo. Non ricordo neppure tutti i loro nomi, per non parlare del fatto di non aver mai avuto il desiderio di scrivere la classica letterina che di solito tutti i bambini riservano alla “maestra del cuore”. Una cosa, questa, di cui mi dispiaccio molto e che ho sempre avvertito come una sorta di grande vuoto della mia infanzia. Anche le esperienze successive non sono state sempre positive. Molti insegnanti erano preparati nella loro disciplina ma non riuscivano, purtroppo, a trasmetterla agli studenti e a motivarli. Da questo grande calderone dei ricordi di docenti poco stimolanti, tuttavia, emerge il ricordo positivo di una professoressa, l'unica che sento di dover difendere, la sola che è stata per me un vero esempio e con la quale, dopo dieci anni, sono ancora in contatto. Si tratta della mia professoressa di italiano del liceo, docente che ci ha guidati dal primo al quinto anno. Aveva una passione per la sua materia che raramente ho visto in altri docenti. Ad un certo punto del percorso, avrebbe dovuto chiedere il trasferimento per motivi familiari ma decise di fermarsi ancora un anno per portare la mia classe alla maturità. Antepose gli studenti alla famiglia e per noi, questo, significò tanto. Le sue lezioni non erano mai una perdita di tempo. Non restava mai indietro con il programma e all'ultimo anno ci fece affrontare autori che molto spesso vengono tralasciati. La cosa che ricordo di lei, era il suo modo di farci analizzare gli autori. Ci spronava sempre a pensare con la nostra testa, a non aver paura di far fuoriuscire il nostro pensiero critico, a dire cosa pensassimo di un autore, se fossimo d'accordo o meno con le sue idee. Ci teneva a conoscere il pensiero di ognuno di noi e ci spronava in questo. Ricordo con piacere, inoltre, quando un anno decise di riservare l'ora del sabato ad un percorso di lettura individuale. Ognuno di noi portava un libro a piacere da casa e lo leggeva per conto proprio. Ovviamente alla fine ogni studente avrebbe dovuto raccontare alla classe di quel libro, se gli fosse piaciuto o meno e se eventualmente lo avrebbe consigliato ai compagni. Ognuno doveva far emergere il proprio pensiero critico, sempre. Altra cosa che ricordo positivamente è la sua umanità. Era una persona buona e aveva a cuore i problemi di ogni singolo alunno. Ci teneva sempre a mantenere una certa distanza con gli studenti ma, qualora ce ne fosse stato bisogno, era disposta a rompere quella barriera per aiutare e, talvolta, per consolare. Io stessa a metà percorso dovetti affrontare un periodo molto difficile per via della perdita di mio padre. Fu un periodo molto duro e lei fu l'unica professoressa ad aiutarmi, a capirmi. Può sembrar strano, ma fu davvero così. Io stessa rimasi sconcertata da come gli altri docenti riuscissero a far finta di niente. Per questo accumulai un po' di rancore nei loro confronti. Rancore, purtroppo, che mi porto dietro ancora oggi. Lei, invece, fu l'unica che non riuscì ad avere un atteggiamento distaccato. E per questo non smetterò mai di ringraziarla. È vero, un docente non dovrebbe mai essere amico di un alunno ma credo che l'umanità sia una virtù sempre gradita, in ogni campo. E un buon docente (soprattutto se ha a che fare con bambini o adolescenti) dovrebbe essere umano, mai freddo e distaccato. In futuro, se diventerò anch'io un'insegnante, è a lei che voglio ispirarmi. Come lei, vorrei far appassionare i miei studenti, vorrei motivarli e dargli sempre fiducia. E vorrei riuscire sempre ad avere un atteggiamento il più possibile equilibrato, mai troppo severa, né troppo amica. Ma con la giusta dose di umanità, proprio come la mia cara professoressa di italiano.
    Amy Tozzi

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  23. UN AMICO-INSEGNANTE

    Cinque anni. Liceo delle scienze umane. Cinque anni bellissimi. Nei " bellissimi" metto anche i momenti di ostacoli e difficoltà che si, ci sono stati, ma che mi hanno fatto diventare ciò che sono; questo anche grazie ai miei professori che con il loro impegno costante e con il loro amore per l' insegnamento hanno esternato le mie qualità, le qualità di ogni mio compagno di classe.
    Professori con voglia di vivere, con la voglia di lasciare un insegnamento utile e valido per la vita.
    Chi maggiormente ha saputo correlare teoria e prassi nei suoi insegnamenti è stato il mio prof di letteratura latina e di italiano, il prof A.T.
    Con la sua voglia di fare mi ha trasmesso l' amore per le sue materie e per la conoscenza multiculturale .
    Responsabile, sensibile, creativo, determinato, empatico e coinvolgente.
    Dedicava i primi quaranta minuti alla spiegazione e gli ultimi minuti li passavamo a riflettere sull' argomento trattato, a parlare di ciò che ci aveva colpito e non.
    In classe tutti erano coinvolti emotivamente, lui riusciva a creare un ambiente ideale e così facendo oltre che " insegnante" riusciva a diventare anche un amico .
    Un amico-insegnante.
    Preciso nella valutazione e dedito al proprio lavoro.
    Un insegnante da cui tutti dovrebbero prendere esempio.

    Anna Carrozza

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  24. - PARTE I -
    Trovo conforto nel leggere i racconti dei miei “colleghi- studenti” del primo anno, o quantomeno della maggior parte di loro.
    E’ straordinario scoprire di essere stati illuminati dalla figura di un insegnante per il loro percorso scolastico e professionale futuro. Una grande cosa: costruire sin da piccoli un progetto così a lungo termine e…trovarmeli in aula alla lezione di Didattica con tutta l’intenzione di diventare Maestri come il loro Maestro. Fantastico!

    Per quanto riguarda me, al contrario, non posso riferire altrettanto.

    Mi trovo sulla soglia dei Quaranta, al primo semestre del primo anno di università (certo, per la seconda volta), come se quanto abbia fatto in passato non avesse costruito il mio lineare percorso.
    Non un progetto unico, che filasse dall’inizio alla fine.
    Nessuno che mi avesse “cucito addosso” i panni del mio Mestiere. Nessun suggerimento, da parte delle persone competenti, per trovare la mia dimensione.
    Tante esperienze, tutte diverse, in settori distinti…ed ora eccomi qui. L’ennesima scelta frutto unicamente della mia testa e dei continui spunti delle mie due bimbe.

    E’ vero il pensiero di insegnare, di trasmettere la mia ricchezza ad altri mi ha sempre contraddistinto, dai banchi al parquet del campo da pallacanestro, ed ora in casa (sbirciando qua e là nel pomeriggio, i testi della primaria di mia figlia); l’aria da “professoressina” qualcuno, ironicamente, mi aveva detto di averla… amici, conoscenti, parenti…insomma personale non qualificato!
    E il mio obiettivo è sempre stato “dare qualcosa in più”, ciò che manca nel contesto, ma che serve.
    Carpire il dettaglio fondamentale e poi, il passaggio del “testimone”.
    Per fare questo, c’è bisogno di una “preparazione supplementare in termini di affiatamento e sincronismo” (secondo quanto descrive Wikipedia circa la “staffetta”) con chi hai di fronte.

    Questo, ad esempio, giusto per toccare un aspetto a cui oggi si da rilievo, a me, nessuno a scuola lo ha mai insegnato. E’ come se avessi frequentato la Scuola del Superficiale.
    Tuttavia, è divenuto il frutto delle esperienze nei cosiddetti ambienti “non formali”, “informali”. Dove permea la vera voglia, dove la motivazione ad insegnare e ad apprendere non si spegne dopo pochi mesi.
    (to be continued ...)

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  25. - PARTE II -
    Nessun/a maestro/a dell'asilo, delle elementari o insegnanti delle superiori, né tanto meno professori dell'Università finora conosciuti (sono alla seconda laurea, spero in quest’altra), sono diventati il mio idolo, il modello da prendere a riferimento e dai quali vengo ispirata.

    Da alunna, non so cosa significhi lavorare in gruppo, seguire lezioni di esperti esterni, essere ascoltata circa le mie riflessioni personali, le mie esigenze. E come me, i miei vecchi compagni.

    Insomma, probabilmente i tempi del: circle-time, cooperative learning, della flipped classroom e della geografia d’aula, delle strategie metacognitive… l’autonomia, le competenze, i BES, la LIM, etc. etc., erano ancora mooolto lontani!
    La Commissione europea a Bruxelles non si era ancora riunita. Lo avrebbe fatto all’incirca 3 lustri dopo il mio ingresso nella Scuola…
    Sarà stata una delle cause? Il profumo della Rivoluzione informatica ed i suoi cambiamenti repentini ancora non si respiravano; la nuova dimensione tecnologica con i suoi strumenti sembrava fantascienza; come se la Didattica come disciplina, come Scienza non era stata ancora approfondita, anzi minimamente contemplata.

    A ripensarci oggi e a leggere le testimonianze dei miei giovanissimi attuali compagni di corso, la mia Scuola era già vecchia e superata.
    Con questo non voglio dire che non abbia “prodotto” anche Bene/i, ma solo che per me non lo ha fatto.
    Strano, ma evidentemente una serie di coincidenze, non hanno permesso agli insegnanti che ho incontrato di creare le “condizioni più favorevoli” per me ed i miei compagni di allora.
    Essi portavano avanti il programma, come gli era stato indicato, le loro materie le sapevano bene, i libri li avevano letti, ma poi non so quantificare quanto di quello che ci hanno trasmesso, ci fosse rimasto dentro.
    La verifica dell’apprendimento che interessasse loro veramente, si limitava a scrivere sul registro il maggior numero di bei voti. E i voti, spesso, risentivano del personalismo del docente nei confronti del discente.
    Quelli che avevano brutti voti, raramente poi avrebbero potuto cambiare la loro sorte. Sin da scolaretti.

    C’ero il prof. più simpatico, imprevedibile, quello più austero, ma nessuno che incentrasse il proprio modo di insegnare, la sua visione sulla relazione con gli studenti (dai disambientati bimbini agli scatenati adolescenti). Empatia? E a cosa sarebbe servita?
    Meglio la straziante interrogazione alla cattedra-patibolo. Il “dominio” rimaneva dell’insegnante.
    Il “piattume” più totale, un grigiore disarmante. Quando mi confronto con i miei coetanei, nessuno di loro tornerebbe indietro, tornerebbe in aula. Anche quelli più “scolasticamente” dotati.
    “Compiti in classe, interrogazioni, umiliazioni? No no…meglio il precario mondo del lavoro!”
    Figuriamoci un po’..

    ASSENZA DI UN RIFERIMENTO “POSITIVO” VERO E PROPRIO
    (Questo il titolo del mio racconto, nell’accezione negativa. Per questo, ho preferito inserirlo in coda).

    Ma pazienza, nella vita poi l’ho tracciata da me, questa strada tutta a ghirigori…vediamo.
    Stiamo a vedere se ho imboccato la via giusta di fronte questo nuovo bivio.

    CONCLUSIONI
    (Dal sapore ottimistico).
    I Tempi sono maturi, la spinta giusta c’è…
    La sfida, oggi, è sovvertire la vecchia scuola, vivendo “dentro” la scuola, sfruttando quanto di buono ci possa essere dell’”era del virtuale” per colorare i muri delle aule, o persino abbatterne i confini, nutrendo i bimbini di euforia, gioia e curiosità, autostima, solidarietà, compassione; evitando, realisticamente, di spegnere in loro spontaneità, diversità, emozioni, identità del sé e sociale…
    …Essere il Maestro che non ho mai avuto.

    THE END

    Alice Mandrone

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  26. Facendo una rapida carrellata di tutti i docenti che mi hanno accompagnato durante il mio percorso scolastico non posso non ricordare con affetto la professoressa di inglese del liceo. La vidi per la prima volta la prima ora, del primo giorno di scuola, del primo anno di liceo quando, essendo arrivata in ritardo a causa dell'autobus, timorosa bussai alla porta della mia nuova aula e lei mi accolse con un sorriso facendomi sedere in prima fila. Quel piccolo gesto per me fu molto importante perchè contribuì subito a mettermi a mio agio in un ambiente completamente nuovo. Sin dalla prima lezione fui colpita dal suo modo di insegnare, così semplice ma intrigante e a tratti anche divertente. Ci faceva lavorare tanto ma il tutto non ci pesava perchè era in grado di inserire attività originali e coinvolgenti che le consentivano di arrivare anche a coloro che non amavano la sua disciplina. Ad esempio ci faceva usare molto i colori, ci faceva disegnare, guardare film e videoclip musicali che poi riusciva a collegare alla perfezione all'argomento da trattare. Grazie a questo suo metodo studiare oltre ad essere molto più divertente era anche più facile. La sua passione per l'inglese era così evidente durante le spiegazioni di letteratura che riusciva a trasmetterci il suo entusiasmo ed era impossibile non essere curiosi e non attendere con ansia la prossima lezione per saperne sempre di più. Oltre ad essere un'ottima insegnante si rivelò una grande alleata sia per la classe sia per ognuno di noi. Potevamo sempre parlare con lei di qualsiasi problema avessimo, di ingiustizie fatte da altri professori, di difficoltà con alcuni argomenti. Non si limitava a darci la colpa di tutto, come molti altri professori, ma ci ascoltava e riusciva a comprendere le nostre necessità. Sembrava di parlare con una nostra coetanea che però aveva tanta esperienza alle spalle. Per me in particolare è stata importante anche perchè mi ha aiutato a realizzare il mio sogno di fare un viaggio a Londra. Durante quel viaggio organizzato con altri miei compagni al di fuori della scuola ho constatato che il lato del carattere che ci mostrava a scuola in realtà non era affatto diverso dal suo comportamento al di fuori della scuola. Ancora oggi pur avendo ormai finito il liceo siamo rimaste in contatto e a volte mi manca assistere alle sue bellissime lezioni di letteratura. Spero un giorno di riuscire ad instaurare con i "miei" bambini lo stesso rapporto che lei è riuscita ad instaurare con noi e mi auguro di essere in grado di insegnare e appassionare cosi come lei è riuscita a fare con noi.

    Ilaria Esposito

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  27. Parte 1
    Mi sono sempre chiesto cosa ricordassero i bambini della scuola dell’infanzia. Ho avuto modo di fare tirocinio per 150 ore nella scuola dove sono stato alunno per i primi anni della mia vita. Il tirocinio formativo era un modo per mettersi in gioco come futuri educatori e scelsi la mia prima scuola per un senso di appartenenza. Non ho bei ricordi della scuola dell’infanzia, e a ben pensarci non ho bei ricordi neanche della scuola primaria e delle medie. Ma andiamo per ordine, altrimenti finirei per buttar giù contenuti sparsi, così come li ho in questo momento in testa. L’infanzia, come si è detto a lezione , è la tappa fondamentale di ogni bambino, e la mia non è stata delle migliori. La mia colpa è stata quella di essere mancino. Perbacco Dom, e che c’è di male nell’esser mancini? Per me nessuna, ma per la maestra che aveva il compito di darmi lezioni di pregrafismo l’essere mancini probabilmente era paragonabile ad un handicap, o ad un osso rotto che andava ingessato, qualcosa da correggere insomma. Il come correggerlo non era importante. Ho 22 anni, e ciò succedeva quando avevo 5 anni, nel 2000. L’unico ricordo che ho della scuola dell’infanzia è me, seduto ad un tavolo con altri bambini, o probabilmente ero da solo che completavo una scheda di pregrafismo con la mano destra, mentre la sinistra, la mano con la quale volevo scrivere mi veniva tenuta a forza dietro la schiena. Nei rari momenti dove la maestra si girava per andare dagli altri bambini, impugnavo il mio colore con la mano sinistra e completavo la scheda, per poi rimettere il colore nella mano destra. Lo stesso succedeva quando dovevo riempire le paginette con il mio nome e il mio cognome. Scrivere con la mano sinistra era la mia piccola battaglia, volevo scrivere con la sinistra, colorare, disegnare, ma niente da fare. Ogni tentativo era inutile con la mia maestra intorno. Non ricordo molto di lei, se non quei riccioli corti biondi e quel suo camice a quadrettoni verde chiaro e bianco. Probabilmente è stato questo il motivo che mi spinge a voler studiare Scienze della Formazione Primaria. Durante il mio tirocinio per conseguire la mia prima laurea vedevo che molte maestre, le più anziane, urlavano, urlavano parecchio, dalla mattina fino al pomeriggio. Quei poveri bambini erano traumatizzati. Ho maturato l’idea che quelle maestre purtroppo appartengono ad un vecchio stampo della scuola, una scuola dove si davano le bacchettate immagino, un modo di fare scuola sbagliato. Ho avuto la fortuna di far tirocinio con le maestre più giovani, con donne che amavano il loro lavoro e i bambini erano felici per tutto il tempo.

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  28. Parte 2
    Mi hanno insegnato che non serve essere autoritari con i bambini, ma autorevoli, saper insegnare il rispetto delle regole, senza la necessità di sbraitare per poter vedere i bambini seduti. Ho avuto la fortuna di poter tenere qualche lezione, aiutandomi con i libri di testo in uso, sotto la supervisione delle maestre. Sentire i bambini che ti chiamano maestro è una gioia indescrivibile. Ancora oggi quando rivado nella loro classe mi saltano addosso perché sono contenti di vedermi. I genitori sono stati sempre gentili con le maestre e con me. Confrontando il metodo di studio utilizzato dalle maestre della sezione dove ho svolto il tirocinio, cioè la lezione basata sull’utilizzo dei libri di testo, le schede da colorare tutte uguali, la frase sentita e risentita del : “Nella scuola mancano i materiali”, i lavoretti di Natale, Pasqua tutti rigorosamente fatti dalle maestre, mi rendo conto che comunque la scuola dell’infanzia è ancora molto indietro rispetto a quello che ci insegnano a lezione. Certo il non urlare per dettare regole e il non traumatizzare i bambini è un notevole passo avanti, ma si dovrebbe continuare a migliorare il tipo di didattica, per renderla veramente una didattica che si adatta al bambino, e non viceversa, come ancora accade nelle scuole. Ci vorrebbe inoltre maggior controllo nelle scuole, perché maestre e maestri che hanno perso l’amore per il proprio lavoro finiscono per far danni ad una fascia d’età così importante. Da un’analisi soggettiva ricordo che l’ambiente di apprendimento era basato sulla ricerca del bello, il colorare dentro ai bordi, il bigliettino per il genitore ben ornato. Conservo ancora a casa una bottiglia piccola di vino, che le maestre diedero ai genitori per la festa del papà, ma che non era stato fatto da me. La geografia dell’aula era a disposizione tradizionale, con i tavoli esagonali sparsi per la classe. Nella primaria invece sono stato fortunato ad avere una maestra di religione che amava molto il proprio lavoro, lo faceva con passione. La religione è un concetto astratto con i bambini, ma lei riusciva a dare un senso non solo alla propria materia, quanto invece all’aiuto del prossimo. Ricordo che organizzava i mercatini di Natale e di Pasqua per raccogliere fondi da dare ai bambini bisognosi. Le attività in classe erano le più svariate, dal creare le palle dell’albero attaccando al polistirolo i pop corn al pasticciare con le tempere per creare un cartellone. Ricordo che ci masterizzò il gioco della bibbia e ci passavo il pomeriggio al computer. E’ tra le migliori insegnanti con un buon metodo di insegnamento, un modello da imitare secondo me.

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  29. Sin dalla scuola dell’infanzia fortunatamente ho avuto insegnanti che, nella maggior parte dei casi, hanno lasciato in me un ricordo positivo, anche se c’è sempre stato un momento in cui, durante le loro lezioni, sorgeva spontaneo dire “che noia”, soprattutto se si trattava di materie a me non molto piacevoli. Ma alla domanda «di quale professore ti è rimasto un ricordo positivo?» non potevo non pensare a lei! E’ stata la mia prof. di religione per ben 5 anni, al liceo. Ricordo ancora il primo giorno del mio primo anno alle superiori; lei ci ha accolto come una mamma, ci ha rassicurato su quello che sarebbe stato il nostro nuovo percorso, soffermandosi sulle cose positive a cui saremmo andati incontro, ma senza tralasciare quelle negative. Con lei la lezione non era mai pesante! Entrava in classe e, dopo la solita domanda «Come state oggi?», chiedeva «Avete domande?»: era molto legata a noi come a tutti i suoi alunni, era sempre pronta a rispondere a qualsiasi nostro dubbio. Solitamente però noi le domande non le facevamo mai, perché volevamo sapere la sua di domanda; partendo da un evento di cronaca, o da un fatto di attualità, lei era così brava da riuscire a “dirigerci” verso quello che era lo scopo ultimo di quella lezione. Lei sapeva che nella società attuale i giovani sono molto scettici riguardo la religione, ed è per questo che partiva da tutto ciò che era distante da essa: quando poi a fine lezione ci spiegava il collegamento tra ciò di cui avevamo parlato durante l’ora e un determinato passo della Bibbia, noi restavamo stupiti nel pensare che un opera così antica potesse essere invece considerata tanto attuale! Riusciva a trasformare anche l’argomento più complesso e delicato in qualcosa di semplice e alla portata di tutti, affinchè anche il più scettico potesse capire l’importanza di quel concetto. Un’altra sua particolarità era che durante la lezione voleva guardare tutti negli occhi, e perciò chi era seduto agli ultimi banchi o chi si nascondeva dietro la persone seduta davanti a lui, già sapeva che si sarebbe dovuto spostare! “Devo vedere oggi chi è più bello”, diceva. Non avevamo un quaderno per la sua materia, sarebbero stati solo fogli sprecati! L’intera ora era dedicata alla parola, allo scambio di opinioni (spesso infatti veniva fuori anche qualche litigio, cosa scontata quando nel periodo adolescenziale qualcuno prova a contraddirti!). Non avevamo paura a confidarle i nostri segreti, sapevamo che erano in buone mani. Le ore con lei volavano, e alla fine di ogni ora sicuramente lei era riuscita ad insegnarci qualcosa di nuovo. Perché la sua non era una lezione come le altre, lei era in grado di “insegnarci ad affrontare la vita senza usare ne’ penna ne’ matita”.
    Nicole Colantuono

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  30. Personalmente credo che gli insegnanti che più restano nella memoria e nel cuore sono quelli che sono riusciti a trasmettere la passione per la propria materia di studio ma anche per la propria professione.
    Se ripercorro il mio percorso di studi, fino ad oggi, potrei elogiare e raccontare di un buon numero d’insegnanti degni di essere ricordati, però, tra questi, una mi ha colpito particolarmente. Vorrei raccontare di una donna di nome Francesca, insegnante d’italiano nella scuola primaria, donna alta, magra, solita ad indossare tailleur e calze color carne, amante di gioielli.
    Svolgeva tradizionali lezioni frontali. Durante le spiegazioni, faceva sempre riferimento a fatti di vita quotidiana, in particolar modo alla sua buona dote nel fare i dolci, per far sì che la lezione non fosse monotona. Infatti, spesso, durante i festeggiamenti che svolgevamo in classe, dopo aver assaggiato varie torte, fatte solitamente dalle nostre mamme, voleva che l’alunno/a le portasse la ricetta, in modo tale che lei potesse ‘copiarla’.
    Spiegava per ore ma il tempo trascorreva, come se la mamma ti stesse raccontando una favola, assegnava parecchi compiti per casa e ogni giorno, nell’ultima mezz’ora di lezione, passava tra i banchi e ci faceva leggere dei racconti, assegnati il giorno precedente come attività da svolgere a casa, in modo tale che potesse valutare le nostre competenze in merito.
    Aspetto fondamentale: era sempre pronta ad ascoltarti e consigliarti.
    Io penso che un buon insegnante, non debba soltanto impartire lezioni in aula nelle sue ore di lezione e tornarsene a casa alla fine di queste, ma considerare e analizzare anche il contesto extrascolastico, il quale in alcuni aspetti è fondamentale, forse più dell’insegnamento in merito alla materia, perché ti permette di socializzare e riflettere meglio sulle situazioni che ti sembrano complesse.
    Lei non solo era sempre disponibile, ma attraverso lo sguardo era capace di capire se andasse tutto bene o se ci fosse qualcosa che non andava.
    Era frequentemente in contatto con i genitori, consigliando loro un giusto atteggiamento da avere per far sì che gli allievi crescessero e apprendessero nel migliore dei modi.
    Oggi affermo che, anche grazie a lei, posso motivare la mia scelta universitaria, affiancandola dal fatto che amo i bambini, i loro atteggiamenti, il loro modo di rapportarsi con il mondo esterno. Li amo, nella loro completezza.
    Concludendo, avrete capito che F. rappresenta il Buon insegnante e che spero, un giorno, di poter avere la sua stessa pazienza, il suo buon senso, la sua passione verso la materia e la professione e di poterla trasmettere ai miei alunni.
    Miriam Mingirulli

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  31. Come la maggior parte delle persone, nel mio percorso scolastico, ho cambiato molti insegnati, anche per la stessa materia. Ciò portò me ed i miei compagni ad avere sempre programmi spezzettati e al doverci riadattare ogni anno ad un metodo di insegnamento diverso.
    Questo accadde soprattutto alle superiori per la materia d’ italiano.
    Per i primi due anni ci toccò la professoressa più severa e più temuta (letteralmente) di tutto il liceo; ma non è di lei che voglio parlare.
    In terzo superiore, fortunatamente, entrò in aula il nuovo insegnante di letteratura. Veniva da un paese vicino Napoli; non era professore da molto e la sua breve esperienza non era stata delle migliori: aveva insegnato in una scuola, nella periferia di Napoli, frequentata da ragazze provenienti da famiglie disagiate. Penso che tutti i possibili episodi li abbia vissuti lui e ce li raccontava ogni tanto durante le pause dalle lezioni.
    Era una persona precisa, ordinata e abitudinaria; aveva il volto simpatico, vestiva bene e portava gli occhiali che tirava su di tanto in tanto. Ricordo la sua risata perché era una delle più strane che avessi mai sentito.
    Passavo le lezioni ad ascoltarlo con la testa e la matita sul quaderno per prendere appunti. Sapeva coinvolgere tutti, anche i più svogliati. Certo, c’erano anche lezioni noiose, ma tutte si svolgevano così: entrava in classe sorridendo, ci salutava, procedeva con l’appello, poi la domanda di rito: ” Siamo pronti?” e poi: ”Oggi vi spiegherò…” oppure: ”L’altra volta eravamo rimasti…”. Poi tirava fuori il suo foglietto con una mappa concettuale, rigorosamente scritta a mano su una qualsiasi superficie di carta che avesse una facciata libera e chiedeva a qualcuno di noi “con una bella scrittura” di ricopiarla alla lavagna; si spostava con la sedia per lasciare la visuale libera e aspettava che tutti finissimo di copiare. Era una mappa concettuale semplice e molto sintetica, ma chiara. Dopo questa fase, passava alla spiegazione, si soffermava sui punti fondamentali, sintetizzava quelli meno importanti e chiariva i punti più difficili da comprendere. Dopo la spiegazione, ci indicava sul libro quali parti studiare e quali parti eliminare.
    Le interrogazioni non generavano ansia, perché lui era in grado di mettere tutti a proprio agio; si tenevano alla cattedra o alle prime file di banchi e, chi avesse voluto, avrebbe potuto portare la mappa da lui preparata “ma senza appunti o altre scritte sopra, solo la mappa!”.
    I compiti in classe si svolgevano come i classici temi di italiano in cui c’è da scegliere e sviluppare una traccia su tre; a volte erano temi su argomenti più o meno liberi, altre volte erano temi su argomenti di studio.
    Questo professore prendeva il suo lavoro sul serio, come pochi fanno, ma come tutti gli insegnati dovrebbero fare. Era sensibile, comprensivo, delle volte anche severo. Era, come si dice, “stretto di voti”, ma nella mia classe andavano tutti bene nella sua materia da quando la insegnava lui.
    Quando finì il terzo superiore, dopo una foto di gruppo, ci promise che sarebbe rimasto in contatto con alcuni dei nostri professori per avere notizie di noi. Mantenne la promessa: ogni anno ci mandava i suoi saluti e in quinto superiore ci augurò il meglio per gli esami di Stato.

    Vanessa Pece

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  32. L’insegnante di cui conservate ancora un ricordo positivo. Molti sono gli insegnanti che hanno lasciato un ricordo positivo, ma in particolare due sono rimaste a me care: la mia maestra di italiano, storia e geografia, R.G., e la mia professoressa di scienze umane, M.C.. Entrambe hanno, con il loro esempio e il loro incoraggiamento, influenzato la mia scelta di intraprendere questo percorso di studi. Ciò che caratterizzava entrambe era la loro apertura nell’ascoltare i bisogni di noi alunni. Ricordo bene come la maestra R.G. ascoltasse tutto ciò che le raccontavo sulla mia sorellina appena nata e come si preoccupasse per me quando mi vedeva arrivare in classe tutta assonnata, perché non avevo dormito a causa della piccola che piangeva sempre durante la notte. Ricordo anche quando ci faceva fare i lavoretti, in particolare un anno in cui per Natale facemmo una tovaglietta ricamata. Avendo una madre sarta, sapevo già (più o meno) come si tenesse in mano un ago e come si usasse. Allora la maestra una volta visto che me la cavavo e che andavo un po’ più veloce, mi chiese di aiutare gli altri, chi avesse difficoltà nel procedere con il ricamo. Quel momento fu importante per me, perché semplicemente significava che lei avesse fiducia in me e che mi avesse responsabilizzato affidandomi il compito di aiutare gli altri. Però anche se molto tollerante e dolce, quando c’era bisogno sapeva essere abbastanza severa. Infatti non posso mai dimenticare quando tutta la classe si comportò male in aula computer mentre lei era fuori: si infuriò. Ci riportò in classe e fece un interrogazione a “tappeto”. Chiamò tutti. Dal primo all’ultimo. Senza mancarne uno. Ed indovinate? Io ero tra le tante che non aveva studiato. Fu l’unico episodio in cui la ricordo davvero arrabbiata. Voleva farci imparare la lezione: dovevamo stare buoni quando lei eri fuori dalla classe. D’allora non successe più una cosa del genere. Fu molto efficiente devo dire!!! Ad oggi incontrandola per strada si ricorda di me e mi ripete di essere stata sempre in gamba! Non è cambiata per niente, sempre con la stessa acconciatura, un po’ scompigliata, tacchi e rigorosamente con la sua valigetta… sempre la stessa. Grazie a lei sin da piccola mi sono innamorata del mestiere di insegnante: avrei voluto essere come lei da grande.
    Angela Pia Morra (prima parte)

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  33. (seconda parte)
    Ma chi mi ha incoraggiato ad intraprendere definitivamente questa strada è stata la prof.ssa M.C.. L’abbiamo avuta con noi per quattro anni e negli ultimi due anni è stata la nostra coordinatrice. Ci ha letteralmente sopportato! Aveva 8 ore a settimana con noi, la vedevamo quasi tutti i giorni quindi. Fino al quarto ha insegnato solo scienze umane, nell’ultimo anno per fortuna è subentrata anche lei per l’insegnamento di filosofia. Per fortuna perché solo con lei siamo realmente riuscite a capire la materia. Durante le spiegazioni cercava di interagire con noi il più possibile non limitandosi alla tradizionale lezione frontale, proprio per vedere se avessimo capito. Molte volte all’inizio delle lezioni faceva fare un resoconto di quanto detto nella lezione precedente o se c’era qualcuno che non aveva capito chiedeva a qualcuno di rispiegarlo per “tastare un po’ il terreno”. Però prima di ogni lezione era d’obbligo perdere quei venti minuti a parlare con lei di ciò che accadeva in classe con gli altri professori, lamentandoci di ciò che non andava e di chi non ci veniva mai incontro. E lei paziente ascoltava e ci consigliava come fare. Era davvero una delle poche che ci aiutava, però se vedeva che non rispettavamo quanto concordato insieme, diventava, giustamente direi, severa. Agli esami di stato ci ha dato una grossa mano. Chi più di lei poteva sapere che come classe avevamo delle carenze in alcune materie, che agli esami erano di commissione esterna, e proprio per ciò ha cercato di consigliarci come studiare e come orientarci per poter andare discretamente. Alla fine quando tutto è finito è stata fiera di noi perché sapeva che nonostante tutto ci avevamo messo tutta la buona volontà e che i voti finali erano frutto del nostro lavoro. Io la definisco la nostra seconda mamma. Ci teneva troppo a noi, alla sua 5°G. Quando ci siamo diplomate e ci ha salutate, la vidi per la prima volta commuoversi, perché all’apparenza a noi ha sempre voluto far sembrare fosse una “tosta” una che non si smuoveva facilmente, ma con noi non le è stato possibile. Tutt’ora manteniamo i contatti con lei, si preoccupa di ciò che facciamo delle nostre vite. In particolare quando le ho raccontato di aver superato il test ed essere riuscita finalmente a poter intraprendere questo percorso, ne è stata felicissima. Eh si! Loro sono le due insegnanti che porto sempre con me nel cuore e che hanno lasciato in me un segno particolare , di cui avrei altro ancora da raccontare, ma meglio fermarsi qui!
    Angela Pia Morra

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  34. Nel corso dei miei studi, ho avuto la fortuna di incontrare alcuni insegnanti, che, con metodologie diverse, sono riusciti a suscitare in me curiosità e a trasmettermi la passione che avevano della loro materia. In particolare ricordo, nel triennio di scuola superiore, l’insegnante di diritto che con un metodo innovativo e coinvolgente riusciva a incuriosire e appassionare un’intera classe alle sue spiegazioni. Stabiliva un rapporto con noi alunni basato su: rispetto reciproco, fiducia e collaborazione. Infatti, appena entrava in classe ci chiedeva subito di mettere da parte i cellulari e prestare attenzione. Iniziava la lezione con il supporto delle slide e ci coinvolgeva nel produrre mappe concettuali sulle varie tematiche trattate, anche di vita sociale. Per ogni argomento proponeva dei compiti di realtà da discutere insieme in classe consultando sia il sito della Repubblica e sia i giornali quotidiani. Inoltre le sue lezioni erano molto interessanti perché inseriva collegamenti con eventi precedenti a quello che stavamo studiando ed eventi di attualità. Mi ha trasmesso la passione per ciò che studiavo, la stessa che impiegava lei quando spiegava, tutto ciò alleggeriva di molto il mio carico di studio. Una docente molto competente che ha sempre preteso un impegno serio e costante nello studio, infatti la sua valutazione teneva conto anche di tutto ciò. Grazie a lei ho appreso un metodo di studio efficace, in quanto ho “imparato ad imparare”. Forse è proprio per questo che la ricordo con affetto e stima ed è per me un punto di riferimento.
    Alessia Grazia Garofalo

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  35. La mia carriera scolastica mi ha permesso di conoscere numerosi insegnanti tutti differenti tra loro. Sfortunatamente in più di un caso avrei preferito non aver aver mai avuto niente a che fare con alcuni di loro a causa dell’atteggiamento disinteressato verso lo studio che sono stati in grado di creare in noi studenti. D’altra parte però posso affermare con certezza di aver sperimentato la conoscenza di insegnanti validissimi, responsabili di aver apportato numerosi cambiamenti al mio modo di pensare e di agire. Primo fra tutti fu il mio maestro delle scuole elementari: un uomo sulla cinquantina, altissimo tanto da essere soprannominato “il gigante buono” e sempre ben curato nei dettagli. Il suo metodo era, a parer mio, infallibile! Cercava giorno, dopo giorno, di stimolare il nostro interesse verso la disciplina, che insegnava, partendo da alcuni giochi di gruppo che non avevano assolutamente scopi competitivi ma che miravano esclusivamente a farci apprendere in maniera divertente e senza alcuna fatica l’argomento del giorno. Ricordo ancora quel giorno in cui ci portò nel cortile della scuola, ci dispose in cerchio, ci fece prendere per mano e ci insegnò la divisione in sillabe delle parole. Ci guidava, dall’interno del cerchio, come se fosse stato un maestro d’orchestra ed ogni sillaba veniva accompagnata da un salto da parte del bambino che l’aveva pronunciata. Tutti gli alunni avevano ottimi voti nella sua disciplina e si sentivano del tutto a loro agio anche nel momento dell’errore da lui considerato come un fugace momento in grado di fornire il maggior numero di insegnamenti rispetto alla lezione stessa. Inoltre è stato in grado di trasmettermi, nei primi anni, il valore della condivisione, del rispetto dell’altro, della difesa della diversità… per cui non finirò mai di ringraziarlo.
    Miriana Gallo

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  36. Non so da chi iniziare.. in 28 anni di “scuola” sono molti gli insegnanti che ho incontrato, e di cui possiedo un bellissimo ricordo, chi più chi meno hanno lasciato un “segno”, un ricordo, un’impressione, spesso positiva ma anche negativa.
    Non posso descrivere uno solo, ma devo citarne almeno due, sicuramente i più indicativi.
    La prima che mi torna alla mente..è lei..la mia primissima maestra dell’asilo( oggi scuola dell’infanzia) tale maestra Maria. Possiedo un ricordo molto sfocato di lei, e del suo metodo d’insegnamento... ciò che , invece, mi è rimasto impresso è la passione che metteva nel suo lavoro. Un vero ciclone organizzava in particolare bellissime recite, lavoretti , e uscite didattiche molto interessanti,sempre in modo professionale e molto attento. Riusciva a coinvolgere tutti, anche le nostre famiglie, impegnandole sempre, soprattutto nelle recite che organizzava!
    All’epoca la consideravo un esempio da imitare, un “mito”, infatti nei giochi che facevo con mia sorella, la imitavo sempre.
    Oggi che sono mamma e porto mia figlia a scuola, mi capita spesso di ripensare a lei, alla sua determinatezza, alla sua passione smisurata, alla sua voglia di fare. Non ho ancora trovato un’altra maestra così appassionata e coinvolgente, che non vive il lavoro in modo “passivo”, ma che crede in quello che fa e lo trasmette a tutti.
    Molto diversa dalla maestra Maria, ma sicuramente altrettanto coinvolgente, è stata per me la professoressa Palladino, professoressa di letteratura italiana al liceo che ho frequentato. Di lei ricordo molto bene il profumo che utilizzava, forte, deciso..e il rossetto rosso che metteva sempre. Lei era così, curata e molto elegante. La stessa eleganza che metteva nell’insegnamento .
    Si vedeva che conosceva bene la sua materia, conosceva bene tutta la letteratura e i grandi autori, e questo si vedeva da come spiegava, precisa, puntuale, senza dubbi. Faceva collegamenti passati, futuri con altri autori e con gli eventi storici.
    Conosceva l’argomento talmente bene e lo esponeva in modo così semplice e chiaro, che tutti riuscivano a seguirla. . Nessuno rimaneva indietro, e ancora oggi ricordo bene le liriche , i saggi , le opere e gli autori studiati con lei.
    Il metodo d’insegnamento si articolava in lezioni frontali , verifiche e interrogazioni ricorrenti, classico, nonostante ciò la professoressa riusciva a tenere alta l’attenzione di tutti, e riusciva a suscitare sempre interesse e coinvolgimento per la lezione.
    Ricordo il clima sereno e motivante che creava ogni volta che iniziava a parlare, una donna carismatica dal punto di vista professionale, ma anche dal punto di vista umano. Infatti riusciva sempre a parlare con tutti e a capire quando qualcuno aveva un problema, sempre senza mostrarsi invadente o arrogante.
    Interagendo con lui con discrezione, mostrando conforto e sostegno. Un vero punto di riferimento per tutti.
    Partendo da questi due esempi, da me riportati, posso dire che l’insegnante modello cui aspiro a diventare deve essere: professionale, competente molto preparato, che s’impegna a dare a tutti i bambini la possibilità di approcciare in modo stimolante all’argomento trattato.
    Deve essere appassionato, entusiasta del suo lavoro, stimolante ma anche umano e soprattutto, efficace nel processo di istruzione-formazione che va ad instaurare.
    Rosa Lorena

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  37. La professoressa di cui vorrei parlare è la mia professoressa di inglese del liceo.
    Di lei mi ha colpito particolarmente il suo modo di comportarsi con noi alunni: era come una mamma sempre pronta a utilizzare le sue ore per dialogare e risolvere i problemi che si creavano in classe (diceva sempre che dialogare non era una perdita di tempo e concludere il programma scolastico non era importante). Quando qualcosa non andava prendeva in disparte ciascuno di noi e con la sua dolcezza sembrava che le cose migliorassero.
    Era molto ferrata nella sua materia, una pronuncia impeccabile e voleva che noi non fossimo da meno! Ore ed ore a fare esercizi di grammatica e quanta pazienza aveva: le sue interrogazioni erano quasi interminabili e sentiva spesso ripetere le stesse cose, ma nonostante questo ci ascoltava cercando di metterci a nostro agio. Le sue lezioni erano frontali, ma anche interattive, con l'utilizzo di scene di film, slide, ascolto di canzoni.
    Spesso era proprio lei a volere che esponessimo noi le nostre conoscenze al resto della classe.
    La cosa che però più mi piaceva del suo metodo erano i lavori di gruppo e gli spettacoli che ogni anno ci portava a vedere al teatro: ricordo ancora il lavoro di gruppo sulle opere di Shakespeare e lo spettacolo in lingua madre di Grease.
    Ancora oggi quando rivedo la mia professoressa, nei suoi occhi noto l'amore per quello che insegna, la premura verso i suoi alunni e la disponibilità per poter parlare con lei in qualsiasi momento. Senza dubbio ricorderò questa professoressa e spero di poter essere anche io come lei un giorno.
    Michela Quitadamo

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  38. Durante il mio percorso scolastico ho avuto modo di conoscere insegnanti di ogni tipo, da quello che credeva in ciò che faceva e nei suoi alunni, a quello che etichettava tutti con un voto. Ognuno di loro però, in negativo o in positivo, ha contribuito alla mia crescita, non solo scolastica ma anche umana. Alcuni hanno avuto l’onore di entrare nelle mie glorie, altri purtroppo no.
    Sarà impossibile dimenticare la maestra C., che, per mia sfortuna, è stata la mia insegnante di inglese soltanto in prima elementare.
    La mia maestra è speciale!
    Arrivò il primo giorno con la sua carrozzina e con un sorriso unico, indimenticabile, dolce; bella, solare, emanava gioia, potrei dire che per tutti noi è stato amore a prima vista.
    Lei è disabile ma ciò non ha di certo compromesso la sua professionalità.
    Ho sempre provato stima nei suoi confronti tant’è che, se qualcuno mi domandasse che tipologia di insegnante vorrei diventare, il mio pensiero andrebbe immediatamente a lei: ecco, in un futuro vorrei essere come lei.
    Era, scolasticamente parlando, molto preparata, ed era sua cura che noi apprendessimo nel miglior modo possibile.
    Con lei, in classe, eravamo disposti a ferro di cavallo: doveva osservare e studiare un nostro qualsiasi movimento o espressione facciale.
    A differenza delle lezioni frontali, a volte noiose, la maestra C. usava una didattica attiva, e pur di facilitare il nostro apprendimento addolciva il tutto con dei giochi. Ricordo che ci fece imparare l’alfabeto inglese sotto forma di canzoncina e noi, “piccoli marmocchietti”, eravamo divertiti, organizzavamo tra di noi una sorta di gara, tutti recitavamo gioiosamente l’alfabeto. Si scatenava l'inferno.
    O ancora, abbiamo organizzato delle recite; ricordo “ Il mago di Oz”, nella cui rappresentazione io ricoprivo il ruolo di presentatrice insieme con un’altra bambina, e anche in quell' occasione non poteva mancare qualcosa che si riconducesse alla sua materia, l’inglese.
    Si impegnava a fare qualsiasi cosa affinché noi, suoi alunni, facessimo una bella figura.
    Aveva a cuore anche le uscite didattiche, voleva che noi esplorassimo il mondo e soprattutto si impegnava perché potessimo apprendere non solo seduti in aula, ma anche all’aperto.
    Il suo modo di fare ci rendeva motivati all'apprendimento, suscitava il nostro interesse, e noi tutti eravamo pronti ad aiutarla.
    Lei ama il suo lavoro, adora i suoi alunni: insegnare per lei è una gioia.
    In conclusione, posso affermare che lei è davvero, per me, un modello di vita.

    Mena Totarella

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  39. Terminato il lunghissimo percorso scolastico, mi soffermo a pensare chi è stata l’ insegnante che ricorderò per sempre? Nel mio percorso di studi ho avuto numerosi docenti che ringrazio per avermi aiutato anche a superare e ad affrontare le difficoltà della vita. L’ insegnante non è solo colui che svolge le sue normali lezioni ma, come sosteneva la Montessori, il bambino deve essere guidato e accompagnato nel suo percorso. Per tali motivi il docente che porto nel mio cuore è la professoressa di scienze umane. Si chiamava Valeria Fiore e sin dai primi giorni di scuola ho capito che di lei mi sarei potuta fidare. Infatti, aveva un bellissimo rapporto con me e i miei compagni. Ricordo ancora il primo giorno di scuola del terzo anno, quando arrivò, tutti eravamo timorosi e agitati di conoscere la nuova professoressa, ma lei con molta calma e tranquillità ci fece disporre in cerchio e iniziò a chiederci i nostri nomi e quale argomento avremmo preferito studiare durante l’anno scolastico. Inoltre, il suo metodo d’insegnamento era molto originale: con lei passava subito il tempo. Il sabato, infatti, con lei avevamo le ultime tre ore di lezione ma lei ci rendeva il tutto più leggero, lavoravamo in gruppo, leggevamo insieme in classe gli argomenti trattati e facevamo in seguito anche mappe concettuali per rafforzare i concetti e il clima di collaborazione. Ogni volta che introduceva un nuovo argomento pe prima cosa facevamo alla lavagna il” braing storming” e pian piano ci spiegava le tematiche trattate facendoci prendere appunti. Molto spesso, invece, ci invitava a essere ordinati e durante l’ interrogazione pretendeva che le portassimo i quaderni affinché ce li controllasse e firmasse. Con lei parlavamo di qualsiasi problema sia scolastico che extrascolastico e per tali motivi era disposta a perdere ore di lezione purché queste problematiche si risolvessero brevemente. Era una professoressa disponibile con tutti, gentile e generosa infatti ci prestava i suoi libri per far sì che leggessimo anche durante le vacanze. Dunque, la mia insegnante era una professoressa che tutti adoravano ed è grazie a lei che ho capito l’ importanza di usare metodi d’ insegnamento differenti dalla lezione frontale in modo tale che i ragazzi apprendessero meglio, interagendo con il docente e i propri compagni.
    Federica Mazziotta

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  40. Si faceva chiamare Gina, Luigia la faceva sentire anziana, ed era la mia maestra di italiano,storia,geografia,musica,scienze e religione. E’ stata l’insegnante che ci ha seguito costantemente durante i cinque anni della scuola elementare. Lei è stata la figura che mi è rimasta più impressa perché sapeva sempre come conciliare la molteplicità di attività che facevamo sapendo catturare l’attenzione di tutti anche alle 8 di mattina. Eravamo 25 bambini molto diversi fra noi ma allo stesso tempo molto compatti: c’era anche un ragazzo dislessico,Samuele, che aveva al suo fianco una seconda insegnante:la maestra Francesca, un gioiello in persona. Samuele non era considerato ‘diverso’ ma una risorsa in più: lavorava come tutti noi, non era mai solo e tutti lo rendevano partecipe in tutto. La maestra Gina sapeva coinvolgere tutti noi nella lezione ponendo in primo piano le nostre osservazioni da un primo input che lei ci dava: grazie alla nostra partecipazione prendeva vita la lezione che raramente era frontale: lei amava portarci in laboratorio e in aula magna in cui c’erano una molteplicità di strumenti che noi potevamo sfruttare per integrare l’osservazione e la pratica alla lezione. Durante i 5 anni questa insegnante ha cambiato varie disposizioni di banchi: dal ferro di cavallo alla disposizione tradizionale ma quella che più le piaceva era la disposizione per gruppo in cui i posti venivano cambiati costantemente. Ogni gruppo svolgeva un determinato compito che però era a sua volta collegato a quello di un altro gruppo. La magia io la vedevo nei lavoretti, soprattutto in quelli di Natale: dovevamo collaborare tutti fra noi, genitori compresi; tutti eravamo bambini. Con lei non esistevano segreti,sapeva leggerci negli occhi ma allo stesso tempo sapeva rispettare la nostra privacy infatti ci teneva molto al ‘diario segreto’ in cui noi dovevamo scrivere cosa più ci turbava e/o cosa più ci rendeva felice su una pagina che poi veniva incollata su di un'altra. Amava tutti, anche al ‘bulletto’ della classe che,sentendosi perfetto, si prendeva la libertà di rovinare le giornate di noi altri ma anche qui la maestra ha sempre avuto la meglio. La maestra Gina amava la lettura: ci riempiva di letture e di testi di tutti i generi, quante volte siamo diventati scrittori per un attimo! Ahimè non ho amato la lettura per un periodo a partire da quando la maestra ci ha fatto leggere ‘Il diario di Anna Frank’: non c’era modo di sfuggire a quel libro, lo aveva fatto leggere tutti! Era sempre la prima a comprenderci,a farci riconoscere i nostri errori,a diventare una confidente e lo è ancora oggi: io e lei ci sentiamo spesso e siamo sempre pronte a confrontarci, confidarci e a sorridere come se fosse la prima volta.
    Antonietta De Mutiis

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  41. Durante il mio percorso di studi ho avuto modo di incontrare e conoscere insegnanti molto diversi tra loro; la maggior parte mi ha lasciato ricordi negativi, alcuni invece mi hanno segnato positivamente. Uno di questi è sicuramente la mia maestra di Italiano e Geografia della scuola primaria. Ricordo ancora il primo giorno di scuola quando la vidi entrare in classe e sin dal primo istante mi fu simpatica; alta poco più di noi, con i capelli corti biondi, l'aria un po' goffa e la voce squillante che non riuscivi a distogliere l'attenzione da ciò che diceva neanche se volevi. La prima cosa che fece quel giorno fu quella di farci sedere tutti in cerchio su delle coperte per conoscerci uno ad uno. Nei giorni successivi, invece, dispose i nostri banchi a ferro di cavallo (nonostante fossimo una classe abbastanza numerosa) perchè voleva che ci guardassimo tutti negli occhi ed ogni mese cambiavamo posto e ,quindi, anche compagni di banco così da poter stare con tutti. Aveva un modo di insegnare che ricordo mi colpì molto, lo trovai interessante e piacevole tanto da farmi appassionare ad ogni cosa che proponeva. Inoltre ogni lezione era accompagnata da un clima generale di calma, tranquillità e serenità, si respirava proprio aria di fiducia reciproca e tanta voglia di imparare. Prima di introdurre un nuovo argomento aveva l'abitudine di porci delle domande a proposito di quello che noi sapevamo già e alla fine chiedeva a tutti la propria opinione facendola confrantare con quella dei compagni. Un'altra caratteristica della sua didattica era quella di utilizzare spesso lavori di coppia o di gruppo nei quali ognuno aveva la possibilità di esprimersi, di svolgere determinati compiti tenendo, però, sempre presente il pensiero altrui. Era un modo questo per far emergere anche le difficoltà di qualche bambino relativamente a un argomento non del tutto compreso e permettere, quindi, agli altri di aiutarlo. I lavori di gruppo erano un'occassione per quanto riguarda la geografia per disegnare, creare tabelle, mappe e confrontare dati; invece a proposito dell'italiano servivano per farci creare e scrivere racconti di ogni tipo e poi interpretarli. Per casa assegnava tantissimi compiti: esercizi di grammatica, testi di lingua italiana da leggere, analizzare e poi disegni, temi e molto altro. Ricordo, infatti, che la maggior parte del pomeriggio era destinato a svolgere i suoi compiti, ma il bello era che non mi pesava, anzi ero contenta di fare tutte quelle cose perchè intanto stavo imparando. La mia maestra era una persona solare, gentile, premurosa, sempre pronta ad aiutarci, ad interessarsi del nostro umore, delle nostre situazioni e allo stesso tempo severa quando ce n'era bisogno: insomma una persona dal cuore grande. Oggi quando mi capita di incontrarla ricorda ancora con gioia e un po' di nostalgia ognuno dei suoi alunni ed io ne approfitto sempre per ringraziarla di tutto ciò che mi ha trasmesso: un enorme sapere e la passione per questo mestiere e forse se oggi sono qui lo devo anche a lei. Chiara Izzi

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  42. Tema: L’insegnante di cui conservate ancora un ricordo positivo.
    Una delle insegnanti che ha lasciato un segno positivo nella mia mente ma, soprattutto nel mio cuore risale al periodo delle scuole elementari. Si tratta della mia cara maestra d’italiano Donata C. A volte se mi soffermo a pensarla riesco ancora a percepire il suo dolce profumo accompagnato dallo sgradevole odore delle sue amate sigarette bianche e sottili. Entrava in aula sempre colma di materiale didattico,grintosa e seriosa nell’andamento del suo camminare sui suoi stivali neri di camoscio. Le lezioni avvenivano in modo frontale, prima di spiegare un nuovo argomento ricapitolava quanto detto nella lezione precedente. Ricordo che la mia curiosità accresceva quando dopo aver ascoltato la lezione del giorno ci proponeva di svolgere degli esercizi di potenziamento su delle schede. La maestra Donata, non aveva un carattere dolce anzi, era abbastanza severa e se qualcuno non aveva svolto i compiti per casa veniva severamente rimproverato. In classe con lei, regnava il silenzio ma, a questo sapeva alternare momenti di ascolto,confronto e preghiera. Una lezione che mi è rimasta impressa riguarda quella della spiegazione sull’analisi grammaticale. Per farci comprendere la differenza tra : nomi comuni di cosa, persona ed animali ,era venuta in aula colma di tre sacchi neri, ogni sacco era etichettato secondo l’ordine indicato. All’interno di ognuno aveva inserito degli oggetti corrispondenti alla dicitura dell’etichetta. In questo modo era riuscita a farci comprendere in modo semplificato,efficace e in minor tempo una parte importante dell’analisi grammaticale. Era capace di suddividere un compito complesso in varie fasi semplificative in modo da rendere l’argomento oggetto di studio comprensibile a tutti. Durante le spiegazioni era solita scrivere alla lavagna i concetti chiave. Era sua premura ed abitudine chiederci al termine di ogni spiegazione –“Sono stata chiara?” –“Avete dei dubbi?”.Lei era sempre disponibile nel rispiegare senza alterarsi o perdere la pazienza. Nella mia classe c’era anche, una bambina affetta dalla sindrome di Down di nome L. Aveva sempre accanto un insegnante di sostegno e un programma strutturato diverso dal nostro. Sedeva d’avanti affianco ad un’altra bambina con rendimento scolastico appena sufficiente. I quaderni di L. erano colmi di schede,stampi,timbri di lettere o numeri ed infine mappe riassuntive. Con lei le insegnanti erano materne e tolleranti. Durante le sue interrogazioni, dovevamo stare in silenzio, non suggerire e battere le mani quando le terminava. Spesso la maestra Donata ci divideva tutti in gruppi. Realizzavamo cartelloni,lavoretti,dipingevamo e inventavamo storie. Crescendo ho compreso che questa strategia serviva soprattutto, a favorire l’integrazione e la socializzazione con il gruppo classe. Recite, balli, gite scolastiche e sfilate non mancavano mai. I risultati erano sempre ottimali grazie ad un intenso lavoro ed impegno da parte della maestra Donata in collaborazione con le altre docenti. Devo molto alla mia cara insegnante perché mi ha fatto comprendere con i suoi lunghi discorsi e modo di fare, l’ importanza nei confronti della scuola e dell’istruzione. Mi ha trasmesso l’amore nei confronti dei bambini e della possibile professione.
    Monica Balzano

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  43. Nel corso della mia vita, in particolare durante la mia frequenza alle scuole superiori, ho incontrato molti professori validi: chi più, chi meno, mi hanno trasmesso tutti molti valori, molti principi; alcuni sono riusciti a leggermi dentro, altri meno. C’è chi mi ha insegnato il rispetto, il rigore, la disciplina e anche chi mi ha trasmesso serenità e “leggerezza” in un contesto di duro lavoro quale il liceo classico. C’è n’è una in particolare di cui vorrei parlarvi: la mia professoressa di inglese delle scuole superiori. Probabilmente nessuno dei miei vecchi compagni parlerebbe mai così bene di lei, questo perché molto spesso, non veniva capita e le sue intenzioni erano quasi sempre fraintese: a primo impatto può sembrare una docente molto piena di sé, che sta un po’ sulle sue e che non cerca di mettersi nei panni dell’alunno; io invece ho letto tutt’altro nella mia professoressa, prima di incontrarla avevo scarsissima conoscenza della lingua inglese, da quando però è stata lei ad accompagnarmi nel mio cammino di crescita le cose sono andate man mano migliorando e la strada è stata sempre più in discesa. Mi ha colpito molto la sua profonda interpretazione dei testi e le sue riflessioni sulla vita e sui veri valori che un uomo dovrebbe possedere, ha sempre provato ad andare oltre l’insegnamento scolastico e a stimolarci ad un pensiero critico e a un modo di vedere le cose. Per quanto mi riguarda ciò che ho letto nei suoi occhi è stato un profondo “credo in te!”, cosa che ho letto in pochissimi maestri o professori, forse, in nessuno. È stata l’unica che, nonostante avessi delle difficoltà non si è mai arresa e non mi ha mai abbandonata a me stessa. La ringrazio ancora adesso perché è proprio questo che vorrei trasmettere ai miei alunni futuri, che non sono soli e io crederò sempre in loro!
    Ginevra Impellizzeri Oreste

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  44. Ho pensato molto di quale insegnante parlare per questo compito e che soprattutto mi avesse lasciato il segno in maniera positiva. Ammetto non è stato semplice, ma vorrei parlare di due insegnati in particolare. La prima è la mia maestra dell’asilo che mi ha accompagnato per tre anni. Di lei ho in maniera particolare un ricordo speciale perché sapeva cogliere tutto di noi piccini , era quasi come una mamma, dolce, ma anche severa quando c’era bisogno. Giocava ,scherzava con noi , insomma si può dire che non ci si annoiava mai con lei. Ricordo ancora quando tra noi bimbe volevamo truccarci come le nostre mamma ma non avendo i trucchi, la maestra prese gli m&m’s e notammo che con il colorante riuscivamo a mettere il rossetto e poi la nocciola la mangiavamo. Da questo si può capire come ha saputo sviluppare la nostra creatività. Tra le tante cose che ci faceva fare ricordo quando ci faceva disegnare la natura con la natura stessa. Prendevamo qualche fiorellino e qualche ciuffetto d’erba e come ci diceva la maestra “ dei capolavori”. Questa tecnica devo dire che col passare degli anni mi è tornata utile quando ho iniziato a frequentare gli scout , ogni volta che eravamo in giro per escursioni prendevamo un semplice foglio e disegnavamo quello che vedevamo in quel momento e non avendo i colori utilizzavamo la natura. Altra insegnante di cui vorrei parlare è la prof.ssa di Letteratura latina e Storia al liceo, precisamente al quinto anno. Una prof.ssa giovane e fisicamente bella, ma aldilà dell’aspetto fisico , io vorrei parlare di lei come persona. Ancora oggi la definisco “umana” , sarà che è capitata quando non era un bel periodo scolasticamente parlando, ma ho capito col tempo che l’umanità faceva parte di sé. Era una prof.ssa che nel momento della verifica orale sapeva metterti a tuo agio e se capiva che c’era qualcosa che non andava era lì a darti forza in modo da terminare la verifica in positivo sempre. Le lezioni erano svolte in biblioteca o fuori alle panchine se la giornata era bella. Le lezioni di storia le facevamo in gruppo, lei si limitava del piccolo materiale tra video-lezioni e fotocopie, il resto del lavoro lo svolgevamo tra noi del gruppo e la lezione seguente o al momento dell’interrogazione ogni gruppo presentava l’argomento in maniera diversa. La prof.ssa ci valutava e noi ragazzi nel frattempo avevamo una visione chiara dell’argomento. Insegnanti bravissime che resteranno nel mio cuore sia per il loro modo d’insegnare , ma in primis loro come persone.

    Maria Elena Alabastro

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  45. I PARTE
    È stato molto semplice per me scegliere, fra tutti, il docente che più mi ha colpito, per il suo metodo di insegnamento, ma soprattutto per la sua grandissima magnanimità.
    Si tratta della professoressa A, conosciuta il primo giorno di scuola secondaria di primo grado.
    Ricordo molto bene il modo in cui si è presentata, descrivendosi come una docente dura e severa (probabilmente si trattava di una battuta, ma devo dire che nessuno di noi aveva colto l’umorismo), ben presto avremmo capito che in realtà era più dolce del miele.
    La professoressa A aveva un metodo molto rivoluzionario per noi, dal momento che eravamo abituati ad un tipo di insegnamento frontale, in cui il nostro coinvolgimento all’interno della lezione era ridotto al minimo. Al contrario, la docente, riteneva ogni nostra osservazione fondamentale al fine della spiegazione; era convinta che le nostre esperienze potessero aiutarci a comprendere meglio un determinato concetto. A tal proposito vorrei precisare le materie da lei insegnate: si tratta di letteratura e storia, due materie molto discorsive e spesso molto pesanti per via dei numerosi concetti da dover memorizzare. Proprio per evitare uno studio “a memoria” la professoressa, durante le lezioni, preferiva lasciare da parte il libro e spiegare gli argomenti attraverso una ricostruzione degli avvenimenti.
    Per quanto concerne la disposizione dei banchi, non ricorreva ad una disposizione fissa, ma la adattava, di volta in volta, al tipo di attività che andava a svolgere.
    Nei giorni in cui era necessario un lavoro di gruppo, disponeva i banchi a “isole” e faceva sedere i vari componenti in maniera circolare, per permettere ad ogni alunno di guardare in faccia i propri compagni.
    Marilena Mignogna

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  46. II PARTE
    Viceversa, nei giorni in cui la lezione si svolgeva in maniera piuttosto formale i banchi erano disposti a ferro di cavallo; questa disposizione permetteva, come con la disposizione a isole, di guardare tutti i nostri compagni, rendendo più interattiva la lezione.
    Ma il motivo principale per il quale questa professoressa è rimasta ben impressa nella mia mente, è stato il meraviglioso pescoso teatrale svolto durante i tre anni.
    Si tratta di un’attività svolta durante le ore del rientro pomeridiano e che spesso ci vedeva impegnati in orari extrascolastici. Potrebbe sembrare un’attività disgiunta dal percorso scolastico, ma posso ben dire di aver compreso molti più concetti e saperi durante quelle ore piuttosto che in aula. Un esempio potrebbe essere quello dei “i promessi sposi”; si tratta di una delle commedie messe in atto da noi studenti che, attraverso lo studio del copione, ci ha permesso di comprendere in maniera alternativa la trama del romanzo. Ma la commedia che mi ha emozionato maggiormente e che mi ha coinvolto in maniera particolare, dal momento che interpretavo uno dei personaggi principali, è stata “natale in casa Cupiello” di Eduardo De Filippo.
    La cosa più importante di questo percorso teatrale è stata, oltre l’apprendimento, la meravigliosa amicizia nata dietro le quinte. Il più grande lavoro svolto dalla professoressa è stato, infatti, quello di creare un gruppo solido e unito, capace di organizzare autonomamente le attività; un gruppo di amicizia che viveva in un clima sereno e gioviale, che ha imparato a rispettarsi, a confrontarsi e a prendere delle decisioni in maniera congiunta.
    Tra noi e la docente era nato un grande rapporto di simpatia e complicità, ma anche di grande rispetto e serietà. C’erano, infatti, momenti in cui potevamo essere un po’ di più noi stessi, permettendoci magari una battuta, di tanto in tanto, per sdrammatizzare; ma non potevano mancare i momenti seri, nei quali eravamo chiamati all’ascolto e alla concentrazione.
    Infine, ma non meno importante, il ricordo più bello che ho della professoressa A è stato il suo aiuto e il suo essermi stata vicina nel momento della scelta della scuola superiore.
    È stato molto difficile orientarmi, ma grazie al suo aiuto mi sono sentita sicura e meno disorientata, mi ha aiutato a riflettere bene sulle mie scelte; è stata per me un punto di riferimento in un momento molto difficile. Questo e molto altro potrei dire sulla mia prof del cuore, ma sento che 4000 parole non saranno sufficienti per descriverla nel modo più appropriato.
    Marilena Mignogna

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  47. In sedici anni di scuola ho avuto a che fare con molti insegnanti a partire dalle maestre fino ai professori. Sicuramente ognuno di loro ,sottointeso le conoscenze, mi ha lasciato molto sia in modo positivo che in negativo. Infatti non è stato affatto semplice fare una scelta dato che, fortunatamente, ho instaurato ottimi rapporti con molti docenti che mi hanno accompagnato nel mio percorso scolastico . Però ora, come richiesto , vi voglio parlare in questa mia descrizione delle doti che fanno di te un buon insegnante. Lui era il mio professore di Storia dell’arte al liceo scientifico di Riccia, il quale aveva modalità d’insegnamento ai miei occhi ottime. Una delle sue caratteristiche positive era la “credibilità” e questo lo ha reso punto di riferimento tanto che le sue affermazioni assumevano il significato di vero . Anche perché noi allievi assimiliamo ciò che viene descritto in modo veritiero, ci affidiamo alla loro parola. Ai miei occhi dimostrava una grande capacità di svolgere il suo ruolo, anche perché da noi ragazzi richiedeva dal primo momento in cui ci ha conosciuti maturità, proprio perché il nostro percorso come obiettivo finale richiedeva la ‘crescita’. Ci ha fatto amare poi una materia che normalmente si sottovaluta. Il professore di solito non si rifaceva alla lezione frontale ma proponendoci di volta in volta iniziative nuove, quali la visione di film e documentari sulla vita degli artisti; la realizzazione di brochure dei musei più curiosi del mondo partendo dalla costruzione delle varie piante del museo(quindi a livello architettonico); l'organizzazione di gite scolastiche a partire dai musei più interessanti alle discoteche. Ma non solo lui alternava a momenti intensi durante la spiegazione degli excursus (sicuramente interessanti) che attiravano ancora di più la nostra attenzione . Era una presenza attiva, animata dalla voglia di dare, di fare sempre meglio, non come magari il ‘solito’ professore freddo. In questa cosa secondo me si misura il buon modo di insegnare, di interagire e di conoscere non solo nel modo in cui presentava le opere d’arte ,che già di per sé erano bellissime, e ciò riusciva a trasmetterlo in modo accattivante e interessante. Ricordo il suo modo di ascoltare con piacere durante le interrogazione con la sedia vicino la cattedra per non farci disturbare dal resto della classe ,come se fosse una confessione, per poi arrivare alla fine e chiederti se era tutto apposto nella tua vita. Dopo averci preparato per i primi 2 anni arrivo il momento dove ci comincio a trattare da adulti, perché era convinto che noi potessimo capire tutta la ricca complessità dei grandi artisti. Lo ringrazio per avermi fatto capire che la scuola e la vita non sono due realtà completamente separate, ma che esiste tra loro una certa osmosi. Che nella scuola si può portare la vita e che, nella vita là fuori, la scuola serve davvero. Ma non serve il voto, attenzione, perché quello di certo non farà la persona, e per me questa è stata la scoperta di un nuovo mood: capire che si può essere molto bravi nello studio ma magari nella vita reale non riuscire ad affrontare un problema minimo, proprio perché la scuola non deve essere un posto dove si viene per prendere buoni voti, superare esami, essere promossi e raggiungere il tanto desiderato pezzo di carta, per poi dimenticare subito dopo quello che si è imparato. Deve essere invece un luogo dove ci si prepara alla vita futura.
    RUGGIERO FRANCESCA

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  48. La storia non è mai stata la mia materia preferita, l’ho sempre studiata con poca voglia e poco interesse. Eppure, parlo ancora oggi della dinastia Giulio-Claudia, di quella dei Flavi e di tutti gli altri, passando per le prime persecuzioni dei Cristiani, fino alla caduta dell’Impero d’Occidente, con gli occhi che brillano. Ricordo ogni singolo dettaglio di quel periodo storico e di tutti gli avvenimenti che lo caratterizzano. Tutto questo è solo grazie ad una fantastica professoressa che è riuscita a farmi amare la storia come non mi era mai successo prima. Il suo nome è un po’ particolare, ma l’aveva scelto lei e in fondo ci piaceva vederla contenta e soddisfatta quando la chiamavamo così. Una semplice targhetta che si attribuisce lei stessa da anni, ma dietro ciò c’è una persona fantastica. Un pozzo immenso di saperi, oltre ai fatti storici scritti sui libri. Con lei non c’è mai stata una semplice e tradizionale lezione frontale. Girava per l’aula mentre spiegava, mentre ci raccontava cose. Ogni tanto si sedeva accanto a noi se era stanca; preferiva stare lì, piuttosto che dietro la cattedra. A volte prendeva un caffè alle macchinette nel corridoio e dopo averlo bevuto, rimetteva con cura il rossetto, specchiandosi nel riflesso della finestra. Eppure non ci sono mai stati commenti negativi da parte nostra perché lei sosteneva che fosse importante una pausa tra le due ore di lezione. Non sbagliava: ci serviva davvero, dato che gli altri prof non ce lo permettevano quasi mai. Ci ha fatto studiare in un modo divertente e unico, in poco tempo i muri della nostra aula erano tappezzati di cartelloni colorati, con foto, schemi, riassunti delle varie dinastie romane. Abbiamo integrato e approfondito lo studio di un argomento con un libro che era pieno di citazioni latine e concetti importanti e complessi. E nemmeno lì c’è stata una lamentela, un coro di disapprovazione da parte di noi alunni. Iniziavamo ad amare quella disciplina e facevamo di tutto per studiarla. Era un po’ severa quando ci interrogava. Odiava che si tralasciassero dettagli, odiava la superficialità che a volte avevamo nell’esprimerci. Poi però ci aiutava sempre, per non farci scoraggiare mai. Ci sosteneva, credeva in noi e nelle nostre capacità. Magari ci aiutava con una canzone, o ci paragonava un personaggio storico ad uno famoso che vediamo in tv ogni giorno, in modo da coinvolgerci completamente, e lasciarci a bocca aperta di fronte a tutto quello che conosceva. Ha scavato dentro ognuno di noi, tramite domande, argomenti di vario genere e ha scoperto tante cose, anzi, le abbiamo scoperte anche noi: aspetti e dettagli della nostra vita che forse nemmeno noi stessi conoscevamo.
    Così, grazie a lei, la storia ci è entrata nelle vene, nelle nostre giornate: eravamo un tutt’uno con essa. La cercavamo nei libri, nelle persone, in tv, nei film, sui giornali, nelle canzoni, sui muri, per le strade. Una storia che ti fa perdere il senso di noia, dell’antichità ormai passata che non ci interessa più, e ti porta invece a collegarti continuamente con la realtà attuale, con ciò che ti circonda e a capire perché c’è un determinato tipo di organizzazione urbana e non un’altra, perché si è preferito un tipo di politica ad un altro e così via. Perché la storia è questo, è tutto questo. Antica, ma moderna allo stesso tempo. Non si può parlare del presente, viverci dentro, senza conoscere il nostro passato, quello che c’è stato prima di noi. Allora perchè ce l’hanno sempre resa così noiosa? Dovrebbero suscitare in noi interesse, passione, gioia nello scoprire tante cose, tante abitudini, usanze, religioni, modi di vestire e di mangiare, di far politica e di parlare, di imparare, di studiare. E’ vero, ci sono proprio mille modi di imparare le cose, di studiarle e farle nostre e quindi perché ridursi a leggere sul testo scolastico più e più volte fin quando non ci entri in testa, piuttosto che sperimentare nuovi metodi o riprendere quelli antichi in chiave moderna?
    La storia è fondamentale non solo per noi alunni, ma per tutti. Lasciateci amarla.
    Federica D’Ippolito

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  49. PARTE 1.
    "Buongiorno giovani, come vi sentite oggi?" ecco la frase che mi torna alla mente quando mi viene chiesto di parlare di una professoressa (e persona) "preferita". Parlo di persona perché prima che essere insegnante, lei, per me, era una gran bella persona, di quelle buone dentro e magari un po’ dure fuori perché la vita le ha rese tali. Era la mia prof di Scienze Umane al liceo, materie amate da me da sempre, ma grazie a lei ancor di più. Il fatto che lei entrasse in classe sorridendo ed esclamando "giovani, eccomi" era un bel modo per iniziare la giornata, aggiungendo a questo l'attenzione che era in grado di dare ad ognuno di noi in modo discreto, senza mai essere invadente. Era davvero interessata a conoscere il nostro umore giornaliero, perché in base a questo era brava nel capire quanto e come fare lezione quel giorno. Il suo modo di spiegare era molto semplice e chiaro, era capace di farci capire cose che a leggerle sembravano solo un insieme di parole messe lì senza un reale senso. Lei invece ci parlava di questi "insiemi di parole" senza fare troppi giri di parole. Quando c'era qualche argomento non molto carino e semplice, era lei ad avvisarci e a tranquillizzarci dicendo "ragazzi a me non interessa finire il programma a fine anno, a me interessa che voi capiate bene tutto ciò che io ho intenzione di farvi comprendere, anche se questo dovesse significare farlo a metà il programma!" e con calma e pazienza, lei si metteva lì appoggiata alla cattedra (e non seduta dietro di essa a mò di dittatura) intenzionata nel farci entrare in testa qualche concetto considerato, prima d'allora, incomprensibile. Il giorno dopo, tornando in classe era davvero interessata a sapere se avessimo realmente appreso e fatto nostro quanto detto il giorno prima, e solo dopo essersene accertata era abbastanza tranquilla nel poter andare avanti, senza lasciare nessuno con qualche dubbio. Le lezioni con lei non erano mai noiose, ricordo che odiava il gessetto per la lavagna, ma che nonostante questo amava disegnare mappe e schemi anticipatori della lezione che stava per cominciare, i quali tornavano utili anche a fine spiegazione perché ci permettevano di rileggere le parole chiave per essere sicuri che tutto ci fosse abbastanza chiaro. Anche con le interrogazioni era molto tranquilla e alla mano, non perché non facesse domande, ma perché era brava nel metterci a nostro agio, ripetendo che lei era una di noi, e non dovevamo temerla, anche perché ogni concetto da lei spiegato ci entrava in testa in maniera talmente chiara che era superfluo dover fare le solite ripetizioni a casa. Veniva naturale alla sua domanda "chi vuol dirmi qualcosa oggi?" (e non il solito "oggi interrogo") esclamare "prof vengo io". Ricordo che qualche volta proponeva domande all'apparenza complicate alle quali non eravamo in grado (o pensavamo di non esserlo) di trovare una risposta, e per ogni domanda del genere, ricordo un grande senso di soddisfazione per come lei era fantastica nel farci giungere ad una risposta in maniera semplice, solo grazie alle conoscenze apprese collegate magari a qualche ragionamento che non avevamo considerato. Ad oggi, grazie alle conoscenze che sto apprendendo sull'insegnamento, mi rendo conto ancor di più di quanto lei fosse brava e di quanto i suoi metodi fossero funzionali, efficaci, anche se all'apparenza molto semplici e spontanei.
    LOIA MARIA CRISTINA

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    1. PARTE 2.
      Ricordo con commozione quando un giorno, in sua presenza, si parlava delle passioni di ognuno di noi, e un'alunna stava raccontando del suo desiderio, ovvero quello di diventare infermiera o dottoressa, e la prof notevolmente emozionata le disse che se aveva voglia poteva entrare a far parte di un'associazione dedicata a suo figlio, venuto a mancare qualche anno prima, a causa di un brutto tumore al cervello. Lui era un bravo dottore e l'ospedale dove lavorava aveva pensato di dedicargli un'associazione per gli aspiranti dottori, insegnando agli altri quanto il figlio della prof aveva insegnato loro. Ce ne parlò con tanta spontaneità e tranquillità, abbattendo per un momento quella asimmetria (con lei già poco esistente) che rende diversi alunni e insegnanti, ci faceva sentire importanti in quanto degni di poter sapere qualcosa sulla sua vita privata. Ricordo anche con affetto quando l'ultimo giorno di scuola dell'ultimo anno di liceo organizzammo una serata con tutti i professori e lei pensò di regalare ad ognuno di noi una collanina che ancora oggi porto con me quasi ogni giorno, rappresentante l'albero della vita, augurandoci ogni bene e dicendoci con gioia di tenerla presente ogni qualvolta potesse esserci d'aiuto, anche solo per un consiglio all'apparenza banale. Continuerò a ringraziarla per come mi ha insegnato la bellezza dell'essere insegnante, oltre che le scienze umane, e anche se lei nella sua semplicità risponderebbe sempre affermando "è il mio lavoro", io resterò sempre dell'idea che lei per noi ha fatto molto più di un semplice lavoro, ci ha insegnato tanto. Io custodirò tutti i ricordi che ho di lei affettuosamente e ne terrò conto quando mi troverò dalla sua parte, ad insegnare.
      LOIA MARIA CRISTINA

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  50. Di tutte le maestre e i professori incontrati nel mio percorso scolastico, molti hanno lasciato un segno nella mia vita ma sicuramente quella che ricorderò per sempre è la mia maestra delle elementari, quella maestra che insegnava un po’ tutto, mi ricordo che ero affascinata da quante cose sapesse..che grande donna. Ho maturato l’idea di volere diventare maestra proprio durante il quinquennio della scuola primaria, ripetevo sempre “voglio diventare maestra ed essere come la maestra C”; è stata lei che mi ha fatto “venir voglia” di insegnare. Una grande donna, carismatica, che nonostante l’età aveva ancora la voglia di strafare, glielo si leggeva negli occhi che amava insegnare e amava il suo lavoro tanto da farmelo amare anche a me. Mi ricordo che, a differenza di molti bambini di quell’età, io a scuola ci andavo proprio con voglia, quella voglia di imparare nuove cose che la mia maestra sapeva insegnare e trasmettere così bene. Mi ricordo tutto di quei cinque anni, e mi ricordo che la mia insegnante diceva spesso “quando sarete grandi penserete: questo me lo diceva sempre la maestra C”, così è stato, ora che sono “grande” non sono poche le volte che mi tornano in mente le sue parole. Era una donna tutta d’un pezzo, la cosa che ricordo con più emozione è il suo carattere forte e deciso ma allo stesso tempo docile e amorevole come solo una mamma sa essere, proprio quello era per me: una seconda mamma. Come tale, ascoltava i nostri problemi, trovava sempre una soluzione a tutto e ci indirizzava sempre vero la cosa più giusta; facevamo tante cose insieme, dalla preghiera la mattina ai nostri giochetti infantili. Dal punto di vista della didattica, faceva tutto quello che fa una normale insegnante della primaria: lavoretti, poesie, disegni, lavori di gruppo..ma tutto ciò che faceva, anche la cosa più banale, riusciva a renderla unica e irripetibile. Per tutti questi motivi la mia insegnante preferita resterà sempre lei.
    Grazioso Laura

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  51. Durante il mio percorso di studi ho incontrato molti insegnanti ognuno dei quali mi ha trasmesso dei valori che hanno contribuito a farmi diventare ciò che sono ora, ma il giorno in cui il professor Bruni, durante la lezione di didattica ci chiese di dover raccontare di un insegnante che ci aveva colpito positivamente, pensai immediatamente alla mia maestra di italiano (la quale, successivamente divenne anche la mia docente di letteratura italiana, storia e geografia nella Scuola Secondaria di I grado).
    Lei era “un uragano”: le sue lezioni erano appassionanti, travolgenti, nessuno della classe si annoiava, sapeva perfettamente come catturare la nostra attenzione.
    Nei giorni in cui utilizzava il metodo della lezione frontale, per spiegare argomenti più lunghi e complessi, ci presentava l’argomento in linea generale e prima di spiegarlo in maniera dettagliata lo riassumeva per ricollegarlo agli argomenti della lezione precedente di modo che noi riuscissimo a creare dei collegamenti tra ciò che avevamo già appreso e ciò che dovevamo ancora apprendere.
    Non utilizzava soltanto il classico metodo della lezione frontale, per questo aspettavo con ansia le sue lezioni, specialmente quelle di storia, poiché sapevo già che sarebbero state interessanti grazie ai diversi video che ci presentava riguardanti la narrazione delle diverse epoche storiche oppure la descrizione di personaggi illustri.
    La professoressa aveva anche la capacità di riuscire a non far scoraggiare nessuno dinanzi a compiti che ci risultavano più complicati, infatti, tramite i suoi aiuti e i suoi suggerimenti riuscivamo a svolgerli in autonomia e senza grandi difficoltà.
    Ricordo, inoltre, i suoi elogi, le sue correzioni e i suoi “rinforzi positivi” che fungevano da motivazione (estrinseca) per la quale ci impegnavamo a fare sempre meglio.
    Ciò che ammiravo maggiormente, però, era la passione che metteva nel suo lavoro, il modo in cui lo dimostrava ogni giorno e il modo in cui cercava di far ottenere a tutti ottimi successi formativi (pur rispettando i modi e i tempi di apprendimento di ciascun alunno).
    Devo ammettere che mi colpiva, non solo come docente ma anche e soprattutto come donna, elegante, sorridente, dinamica, solare, determinata ed estremamente preparata culturalmente.
    Grazie a lei ho sviluppato la passione per la lettura ed è anche grazie a lei se ora sogno di diventare anche io un insegnante. Un insegnante come lei, un insegnante innamorata del suo lavoro e un insegnante che si dedica ad ogni suo alunno senza mettere da parte “quello meno bravo” al contrario di quanto facevano altri docenti.
    Cenci Celeste

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  52. Bologna, Settembre 1992, 3^ A, entra per la prima volta in classe la maestra Licia. E’ l’unica che io ricordi con grande affetto e con una certa malinconia. Non era giovane, aveva negli occhi tutto l’amore per il suo lavoro, sempre dinamica e sorridente. La ricordo buona, dal cuore grande ma allo stesso tempo severa, teneva molto alla preparazione dei suoi bambini.
    La scuola con lei era molto impegnativa, tanto lavoro a scuola, tanto a casa.
    Ricordo ancora la ricerca di gruppo in geografia sulle regioni italiane (io illustrai il Molise perché era la mia regione d’origine), le valanghe di frasi di analisi logica e grammaticale, la visione insieme del film “L’albero degli zoccoli”, la cui scena finale mi rimase impressa nel cuore per molto tempo, per non parlare delle gare all’ultimo respiro sui verbi e la continua ricerca di parole nuove sul vocabolario.
    Il primo Lunedi di ogni mese ci portava nella biblioteca della scuola, la ricordo grandissima, ognuno di noi sceglieva un libro che avrebbe letto, relazionato e poi riconsegnato il mese seguente. La recita di fine anno sull’integrazione, contro le guerre, la fame nel mondo per la quale ci insegnò “We are the world” e per l’occasione ci fece colorare la pelle.
    Tantissimi bei ricordi di un’insegnante che mi ha insegnato che sbagliare è umano ( a me che ero una bambina timida e poco sicura), che se si è uniti e ci si aiuta la scuola è più bella.
    Vorrei diventare un’insegnante comprensiva sempre, vorrei insegnare ai miei bambini a credere in loro stessi, a non aver paura di sbagliare ma a rimediare in maniera autonoma qualora ce ne fosse bisogno, vorrei insegnare loro l’onestà, la solidarietà, il rispetto delle persone, il valore dei sentimenti e ad avvicinarsi alle “diversità”.
    Ecco, un giorno vorrei assomigliarle almeno un po’.
    Antonella Corvo

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  53. Durante il lungo percorso scolastico ho conosciuto molti insegnanti, dal più capace al ‘’cattivo di turno ‘’. A mio parere , il migliore insegnate che abbia mai conosciuto l’ho incontrato in quarto superiore: la professoressa di lettere. Una donna molto alla mano, simpatica e volenterosa di trasmettere i suoi saperi a un gruppo di adolescenti forse un po’ svogliati. Il primo giorno che varcò la soglia della 4A tutti noi ci saremmo aspettati una noiosissima lezione su Machiavelli o Manzoni e invece si mise tra di noi e parlammo per conoscerci meglio. Di solito le lezioni di italiano erano noiose e invece lei riusciva a renderle interessanti perché ci faceva partecipare e chiedeva i nostri pareri. E così facendo passò tutto il penultimo anno di liceo con molta serenità, tra lezioni, compiti in classe e risate.
    Il primo giorno dell’ultimo anno di scuola eravamo tutti un po’ agitati per gli esami di stato ma lei disse subito che non dovevamo preoccuparci perché avremmo affrontato tutto con calma e che ci avrebbe preparati al meglio per sostenere la prima prova scritta. Infatti, durante gli ultimi mesi di scuola tra una pausa sigaretta (come la chiamava lei) e l’altra ci aveva preparato dei riassunti su tutto il programma. Arrivati a giugno purtroppo lei non faceva parte della commissione, ma ci ha sostenuti ugualmente attraverso messaggi di incoraggiamento e presentandosi il primo giorno degli orali. Quando uscirono i quadri disse che eravamo stati bravi ma che qualcuno non meritava quel voto , forse , un po’ troppo regalato. Quella frase mi fece capire che era dalla nostra parte e che non ci guardava con occhi da professoressa ma andava oltre al suo lavoro ed era una delle poche che riusciva a capirci fino in fondo. Dopo questa figura che ha accompagnato i miei ultimi anni di scuola spero che anche io un giorno sarò dalla parte dei miei studenti.
    Francesca Di Ielsi

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  54. Vorrei descrivere la professoressa che mia una conoscenza che, purtroppo, molte persone ultimamente trascurano o considerano poco utile e superflua…sto parlando della conoscenza dell’inglese.
    In seconda media ero un ragazzo introverso e non ero particolarmente brillante in nessuna materia scolastica, ma avevo una leggera affinità con la lingua inglese.
    Tramite i suoi insegnamenti questa professoressa riuscì a trasformare questa mia affinità in una passione sfrenata.
    Lei era convinta che il semplice studio sui libri di una lingua straniera non potesse mai davvero permettere di rendere “propria” una lingua, ed è per questo che utilizzava metodi che ai nostri occhi apparivano come bizzarri e poco ortodossi.
    Ad esempio, il secondo giorno di lezione portò con sé un Album musicale di una Band rock americana molto famosa in quel periodo.
    Scelse una canzone che tutti conoscevano, e prima di farcela ascoltare diede ad ognuno di noi dei fogli con il testo della canzone per poterla cantare insieme.
    Dopo aver finito di cantare, fece tradurre ad ognuno di noi una frase della canzone, mostrandoci poi tramite esempi le figures of speech ( metafore, iperboli, ossimori) che risultavano per alcuni di noi addirittura intraducibili!
    Fu come se una rotella avesse messo in moto un enorme insieme di ingranaggi nella mia testa… da quel giorno, ogni canzone in inglese era per me una nuova sfida, una prova per vedere fin dove le mie capacità potessero spingersi.
    Continuai a tradurre canzoni per giorni, mesi, anni addirittura! Continuai e continuai, ma mai aprii un libro d’inglese per provare a studiarlo in maniera convenzionale.
    Iniziai inoltre a vedere film in lingua originale, e mi stupii del fatto che riuscivo a comprendere gran parte di ciò che gli attori dicevano.
    Dopo due anni ormai riuscivo a comprendere l’inglese come comprendevo l’italiano….e c’è di più, ero arrivato addirittura ad essere capace di pensare in inglese!
    Capii solo dopo aver concluso le scuole medie quanto quella professoressa avesse plasmato la mia grezza conoscenza, trasformandola in una luccicante gemma tramite metodi che, purtroppo, non mi capitò mai più di vedere durante la mia carriera scolastica.
    Ora ho compreso quanto preziosa sia stata per me la sua influenza, e quanto io desideri fare altrettanto per gli altri.
    Il mio obiettivo ora è quello di trovare metodi didattici che mi permettano di tirar fuori da ogni studente non solo il loro meglio, ma che mi consenta di accendere in loro una scintilla, come lei fece un tempo con me.

    Pierpaolo Di Giambattista

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    1. La professoressa che mi ha spinta a fare mia una conoscenza che*
      Piccolo errore di battitura,perdonate!

      Pierpaolo Di Giambattista

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  55. Durante il mio percorso scolastico ho conosciuto numerosi insegnanti. Quando ho conosciuto le mie prime insegnanti avevo appena tre anni, ricordo ancora il mio primo giorno nella scuola dell’infanzia. Ero terrorizzata al solo pensiero di incontrare tante persone nuove, ma soprattutto impaurita dalle mie prime maestre.
    Il primo giorno vidi due insegnanti, presi subito in antipatia una delle due; sembrava guardasse ognuno di noi con disprezzo, l’altra invece era molto più giovane, era la sua prima esperienza in una scuola. Le si leggeva negli occhi la paura, ma allo stesso tempo la voglia di relazionarsi con noi, piccoli e spaesati.
    Lei si chiamava Stefania e seppure sono passati quindici anni ho ancora ben chiaro il suo volto e le sue espressioni. Nonostante facessimo il tempo pieno, con lei le giornate passavano in fretta, ci faceva giocare, apprendendo sempre nuove cose, ci faceva fare dei gruppi, per conoscerci meglio, per non escludere nessuno e per farci giocare insieme.
    Se penso alla maestra Stefania mi vengono in mente solo ricordi positivi, ricordo le recite che organizzava, così come i ‘’lavoretti’’ di Natale e delle varie feste. Mi trasmetteva tranquillità e mi rendeva felice. Ricordo un giorno in particolare, ero molto triste e lei vedendomi mi ha consolata, facendomi una carezza. Ricordo tutto di lei, dall’aspetto più banale, come il suo profumo, al suo tono di voce dolce, fino alla passione che lasciava trasparire in tutto ciò che faceva per noi.
    Per me lei è il modello di insegnante che un giorno vorrei diventare, perché mi ha trasmesso dei valori fondamentali e ha contribuito a formare la mia persona. Se dopo tutti questi anni conservo ancora il suo ricordo, nonostante avessi solo tre anni quando la vidi per la prima volta, significa che il suo modo di insegnare è stato molto profondo.
    Claudia Gazzillo

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  56. 13/09/15
    È questa una tra le tante date che hanno segnato la mia vita da studentessa,la quale,arrivata al terzo anno di liceo,conobbe una persona splendida,più che una professoressa. Ebbene sì,sto parlando di un’insegnante e non di un’amicizia nata tra i banchi di scuola. Ricordo perfettamente il giorno in cui,entrando in classe,vidi una persona determinata e molto motivata nella sua professionalità di docente. Capii immediatamente che mi avrebbe cambiato letteralmente la vita,oltre alla mia carriera scolastica. Si presentò come:”la professoressa di italiano e latino”,nonché materie portanti del mio percorso di studi. Premetto che dalla scuola primaria mi hanno sempre affascinata le materie umanistiche,preferendo queste ultime alle scientifiche;pertanto,speravo di incontrare nel mio futuro scolastico insegnanti molto preparati,in grado di saper trasmettere la propria disciplina,oltre che semplicemente a saperla insegnare. Proseguendo con la presentazione ,ci raccontò delle sue infinite esperienze scolastiche,esponendoci,in seguito,il suo metodo di studio(comprendeva anche lo svolgimento di compiti,interrogazioni e la sua valutazione),grazie al quale siamo riusciti ad affrontare e soprattutto a superare il fatidico esame di “maturità”. Dal primo momento riuscii a comprendere che lei dovesse avere un altro ruolo nella mia classe;trascorsero giorni, mesi e,sembrerà incredibile,ma ogni giorno era capace di trasmettermi qualcosa,seppur all’apparenza “insignificante”,così da non tornare mai a casa senza aver appreso prima qualcosa.
    Grazie a lei appresi cosa significasse applicare l’interdisciplinarità,pertanto ad avere una visione delle materie a 360° non procedendo,così, “per blocchi”.Mi affascinava molto il sul modo di spiegare, in particolare le piaceva sempre andare “oltre il libro per guardare la realtà…”,facendo sì che quelle righe fossero proiettate nel mondo reale e non “buttate nel cestino”. Stabiliva dei giorni in cui affrontare argomenti non solo di attualità ma soprattutto interessanti,almeno a parer mio;si instaurò, insomma,un legame particolare con la mia classe: era, inoltre,pronta ad ascoltare tutti ed aiutarci in ogni nostro momento di difficoltà. Ecco,era questo il modello di insegnante tanto atteso sin dall’infanzia e che,fino a quel momento,non ebbi la fortuna di incontrare. Ma la vita,si sa,ci riserva sempre delle sorprese;sono sicura che anche se fosse arrivata all’ultimo anno di liceo,mi avrebbe lasciato un segno tale da riuscire a colmare tutti gli anni scolastici trascorsi con docenti che seppero insegnarmi poco più della propria disciplina. Arrivati in fretta al quinto anno,ricordo ancora le sue parole che difficilmente potrò dimenticare,nel nostro ultimo giorno di scuola:”Sappiate,cari ragazzi,che non sarà un numero a decidere la vostra vita futura, bensì tutto quello che siate riusciti a cogliere in questi anni, i “migliori” come credono in molti. Mi auguro,tuttavia, di aver trasmesso qualcosa ad ognuno di voi, e che possiate guardare la realtà con i vostri occhi,poiché,si sa,la vera vita inizierà fuori di qui; il mio compito,dunque,era proprio questo. E non trovo altro modo per esprimere la mia felicità nell’accompagnarvi in questa tappa fondamentale nella vita di ogni studente, con la speranza che possiate uscire da questo liceo consapevoli di aver ricevuto la più grande vittoria: un insegnamento per la vita!”. Furono proprio queste le parole che mi spinsero ad arrivare dove sono oggi; ad ora, a lei devo tutto: rappresentò per me e credo lo sia ancora,un valido punto di riferimento. Porterò nel cuore ogni suo insegnamento e mai la dimenticherò… E se dovessero chiedermi il motivo per cui abbia scelto questa insegnante rispetto ad un’altra.. beh,la risposta credo sia scritta proprio qui!

    Valentina Gaggiano

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  57. Nel corso della mia carriera scolastica ho “incontrato” ottimi insegnanti , gente che sapeva come svolgere il proprio lavoro e lo faceva nel più serio dei modi. Tuttavia nessuno di loro mi aveva colpito a tal punto da diventare il mio insegnante di riferimento , quello a cui rivolgersi per delucidazioni scolastiche o extra... tutto questo fino all'ultimo anno del liceo : la cattedra di filosofia viene affidata ad un altra docente la prof.ssa R.
    Essendo tra i professori più giovani dell'istituto non era difficile individuarla tra i corridoi , per cui sapevo già chi fosse , inoltre aveva insegnato nelle classi di alcuni miei compagni che me ne parlavano in maniera entusiasta.
    Il primo giorno di lezione di lei mi colpirono due cose: il modo in cui si presentò e quello in cui chiese a noi di presentarci . Ci disse che era una donna, una lavoratrice, ma sopratutto una mamma di tre figli . La maggiore frequentava l'ultimo anno del liceo proprio come noi e avrebbe conseguito il diploma il nostro stesso anno , per cui ebbe premura di dirci che sapeva cosa significava avere lo stress da interrogazione e l'ansia da esame di maturità alla nostra età , che sarebbe stata indulgente con noi , quanto meno per evitare ai nostri genitori di sopportarci . A noi alunni , invece , chiese di scrivere una breve auto-descrizione da consegnarle la lezione successiva , ci spiegò che questo lavoro le sarebbe stato utile per capire chi eravamo , quali erano i nostri sogni e quali le nostre mete , in quanto essendo arrivata l'ultimo anno non avrebbe avuto molto tempo per scoprirlo da se .
    Durante le sue lezioni restavo colpita dalla pluralità di linguaggi che utilizzava per spiegare uno stesso concetto , partiva da esempi di vita quotidiana per arrivare poi ad adoperare i termini più alti di filosofia .
    Era impossibile non seguirla a lezione , persino alla prima dell'ora del lunedì , la passione che aveva , e credo abbia tutt'oggi , era tangibile .
    Spesso ci ripeteva una frase , che oggi è diventato il mio mantra quando sto per affrontare situazioni che generano in me paura , “ O CON LO SCUDO O SOPRA DI ESSO ” . Ci spiegò che era una frase che le mamme spartane rivolgevano ai propri figli, prima che questi partissero per la guerra , per trasmettergli coraggio … allo stesso modo noi dovevamo avere la “fame” di vivere e provare a fare ogni cosa anche quella che ci sembrava più difficile . s
    Nonostante lei sia stata la mia insegnante per un solo anno è riuscita a conservare in me uno splendido ricordo , ma sopratutto è riuscita a diventare il mio modello , l'insegnante che vorrei diventare .

    Luisa Primavera


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  58. La storia accademica di ogni studente si basa su una moltitudine di insegnati che fin dalle scuole primarie lasciano un’ impronta indelebile sulla formazione di ogni bambino. Ognuno è inevitabilmente influenzato dalle persone con cui passa così tanto tempo, per questo ritengo che una maestra o una professoressa debba dare il meglio di sé in ogni momento. Secondo la mia idea, l’ “insegnante modello” è quella persona che nell’esporre gli argomenti riesce a coinvolgere l’attenzione di tutti, che ha la capacità di sdrammatizzare per rendere una lezione più “leggera” ma soprattutto, che riesca a instaurare con i propri alunni un rapporto che vada oltre il semplice rapporto istituzionale, un rapporto di fiducia reciproca.
    La mia idea è nata ed ha trovato realizzazione nella professoressa di italiano e latino che ha accompagnato e arricchito il mio percorso scolastico gli ultimi tre anni di liceo fino all’ ultimo giorno della “maturità”.
    Il suo metodo di insegnamento era piuttosto tradizionale, aveva uno stampo pressoché classicistico: una professoressa molto intransigente e severa, ma molto appassionata. La lezione era frontale, lei che cercava di trasmettere la propria conoscenza a noi alunni che prendevamo appunti di tutto ciò che diceva. Poteva sembrare una lezione noiosa e faticosa ma la sua passione per ciò che faceva, che traspariva dall’ attenzione per i dettagli, a cui lei teneva tantissimo, coinvolgeva a tal punto noi ragazzi da non accorgerci neanche del tempo che passava.
    Anche i compiti in classe erano lunghi e articolati, sempre con molte domande che facevano riferimento a quei dettagli che sempre teneva a ricordarci. Per noi erano spesso un incubo ma erano perfettamente coerenti con il suo modo di insegnare.
    Quello che la contraddistingueva rispetto agli altri insegnanti era proprio la passione con cui esponeva gli argomenti, la felicità con cui ogni giorno entrava in classe, il modo in cui ci spronava a conoscere, ma soprattutto riusciva a creare un clima d’aula armonico e a istaurare un rapporto di rispetto con gli alunni, ma allo stesso tempo affettuoso e confidenziale, che riusciva a persistere non solo all’interno dell’aula ma addirittura all’esterno dell’edificio scolastico e che, nonostante la fine della scuola, riesce a persistere tuttora.
    A scuola conclusa vedo in lei non più un insegnante ma una persona solare, che amava il suo lavoro e le sue materie, un punto di riferimento per ogni alunno, forse addirittura un’amica, ed è forse proprio per questo che lei è la mia insegnante modello!

    ADELE DI TILLO

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  59. Annamaria era la maestra più ambita del plesso Radice. Tutte le mamme avevano intenzione di far rientrare i loro figli in una delle sue tante classi. Annamaria, alias la maestra Bartoccioli, era la “mia” maestra. Con lei ho passato due anni meravigliosi, certo all’inizio non fu poi così tutto rose e fiori. La maestra Bartoccioli mi insegnava italiano nello specifico, ma era ed è rinomata per essere una prof di musica. Non mi era tanto simpatica, anzi quasi la detestavo. In particolare una mattina nel bel mezzo di un dettato mi fece notare che dovevo abituarmi a scrivere più veloce, per il mio bene ovviamente, ma da permalosa qual ero e quale sono tuttora, presi la cosa così male che scoppiai a piangere una volta rientrata a casa. Lei notò subito che quelle sue parole non mi erano andate proprio giù e accucciata al mio banco mi spiegò meglio cosa intendeva dire: non era certo un rimprovero o un errore.
    Da quel giorno mi misi d’impegno. Mi esercitai a scrivere più veloce e a dimostrare di potercela fare prima di tutto a me stessa e poi a lei. Da lì in poi le cose andarono per il meglio.
    Con lei però non condivisi solo l’ambiente scolastico ma anche parte della vita privata. Io ed una mia compagna di classe diventammo “le sue ragazze”. Ci invitava persino a casa sua. Per una cioccolata calda, per fare l’albero di Natale insieme, e addirittura per qualche lezioncina di musica. Anche quando si sposò e diventò mamma, il nostro legame non si perse, anzi diventai addirittura una “zia” come diceva lei, per sua figlia. Eravamo inseparabili.
    A distanza di 10 anni la maestra Bartoccioli continua ad essere la mia maestra, certo molte cose sono cambiate, ma continuo a volerle bene come il primo giorno. E così come ogni volta che la incontro.. e mi abbraccia chiamandomi “ la mia Federica” non posso non sorridere di gioia!
    FEDERICA COCCA

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  60. Tanti sono stati gli insegnati che ho conosciuto fino ad ora, alcuni bravi, altri molto meno, ma di questo sono sicura, uno di loro non ha niente a che fare con tutti gli altri. Si tratta della mia professoressa di latino e greco. Arrivò da noi l’ultimo anno di liceo classico, trovando una classe che in realtà poco sapeva del latino e del greco. Aveva un modo di insegnare diverso da tutti gli altri insegnati. Portava dei vestiti strani, fuori dal comune, e andava in giro con la sua borsetta piena di libri da far leggere a chiunque volesse. Amava tutto quello che faceva e ogni cosa che spiegasse o che leggesse veniva accompagnata dal suo:” bello, bellissimo!”. Aveva una specie di talento naturale, riusciva a rendere le lezioni, che in genere avrei trovato noiose, davvero interessanti. Era una professoressa fuori dagli schemi, non ci ha insegnato solo a tradurre versioni bensì ci ha insegnato a vivere la vita, a guardare il mondo sotto altre prospettive, a dare importanza ai nostri sogni e alla loro concretizzazione. Senza limitarsi a spiegare la sua materia, dalla lettura di una semplice versione di latino, nascevano discussioni su molteplici argomenti: dal latino alla letteratura italiana, dalla storia alle problematiche attuali. Infatti con lei realizzavamo diversi lavori di gruppo e affrontavamo diversi dibattiti su temi quotidiani per farci interagire e allo stesso tempo esternare il nostro punto di vista, le nostre opinioni. Vedeva del buono in tutti noi, non c’erano le solite preferenze che ci sono in quasi tutte le classi, per lei eravamo tutti sullo stesso livello e se qualcuno non riusciva in qualcosa faceva di tutto per aiutarlo. Faceva in modo che anche la nostra compagna di classe disabile riuscisse ad integrarsi nel nostro micro-ambiente, portandole del materiale realizzato appositamente per lei in modo da non farla sentire esclusa. Non ha incoraggiato soltanto la sua inclusione ma ha spronato me ed i miei compagni a riconoscere la disabilità non come una diversità ma come una fonte da cui imparare giorno dopo giorno. E’ sicuramente la professoressa che più mi è entrata nel cuore ed è grazie a lei che adesso desidero insegnare.
    Maria Spallone

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  61. Nel corso della mia esperienza scolastica, dagli anni della primaria a quelli delle superiori, ho avuto occasione di incontrare e conoscere diverse tipologie di insegnanti. Nonostante ciò, sono pochi coloro che sono riusciti ad ottenere la mia attenzione e partecipazione alle lezioni, non a causa del mio disinteresse riguardo gli argomenti trattati ma perché nessuno di loro è mai stato in grado di colpirmi e stimolarmi. La situazione è cambiata durante l’ultimo anno di liceo, in cui gli argomenti di determinate materie si sono avvicinati di più ai miei interessi personali. Ciò è stato possibile soprattutto grazie ad un’insegnante, che ha saputo fare della letteratura italiana un viaggio ed una scoperta continua. La classe era restia al suo arrivo: cambiare docente all’ultimo anno significava modificare le abitudini degli anni precedenti, tra cui anche il metodo di studio. Eravamo incerti, ma è stato chiaro fin da subito che con lei non vi era alcun motivo di esserlo. Dal primo momento ha creato un clima di serenità, malgrado i suoi continui riferimenti alla maturità è riuscita a farci vivere l’ultimo anno in completa tranquillità. Ha instaurato con noi rapporti che andavano ben oltre la semplice intesa fra insegnate ed alunno, divenendo un punto di riferimento stabile a cui potersi rivolgere per qualsiasi problema, sia relativo all’ambito scolastico sia a quello personale. Ogni giorno, dopo aver varcato la porta dell’aula, aveva parole confortanti da dedicarci, non generava mai ansia o inquietudine. Era suo solito, nel momento in cui si accorgeva che qualcuno di noi fosse preoccupato per qualcosa, raccontare la sua esperienza personale in merito, riuscendo sempre a risollevare il morale dell’interessato e del resto della classe. È stata l’unica insegnante che sia riuscita ad essere stimolante, sensibile, comprensiva e, soprattutto, precisa nel condividere il proprio sapere a noi alunni.
    Giorgia Fummo

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  62. Appena ho saputo che avrei dovuto descrivere una/un insegnante che mi avesse colpito e che, per questo, fosse rimasta/o nei miei più cari ricordi, non ho avuto alcun dubbio, ho pensato immediatamente a lei, al suo modo di fare e di trasmettere utili insegnamenti. A differenza di anni addietro, il sistema scolastico odierno è molto cambiato: Di insegnanti capita che se ne cambino molti, a volte troppi, poiché ritengo che la continuità in un rapporto lavorativo, personale o di qualunque genere esso sia, rappresenti un elemento indispensabile per la valenza di esso. Nonostante questa pecca, la fortuna ha voluto che sul mio cammino scolastico mi giungesse l'opportunità di avere, tra la rosa dei miei insegnanti, una bella, giovane e brava maestra, che ha accompagnato per mano me ed i miei compagni, per tutti gli anni della scuola elementare. Quando si inizia la frequentazione della scuola primaria si ha appena terminato il percorso della materna, che, per quanto importante ai fini di una sana crescita, è comunque un contesto più ludico, rispetto ai gradi che piano piano seguono, come è giusto che sia. Sembrerà strano, considerato il tempo trascorso, ma io, il primo giorno di scuola lo ricordo ancora: Ero molto impaurita perché andavo incontro ad una nuova esperienza di vita, con nuovi amici, nuovi ambienti, nuove facce, ma soprattutto nuovi/e maestri/e; insomma, un mondo nuovo verso cui mi stavo volgendo. Quelle paure passarono immediatamente, quando aprì la porta una dolce donna, che ci salutò con un caloroso sorriso, rassicurante ed amorevole. La sua materia era Italiano e mi ha sempre affascinata il suo modo di approcciarsi a noi piccoli alunni, con una calma sempre presente, con una pazienza rara, considerato il fatto che perderla è facile quando si ha a che fare con bimbi spesso vivaci e disubbidienti, ma lei era riuscita, con questo atteggiamento, a catturare l'attenzione anche di questi; non ho, infatti, un suo ricordo mentre urla o rimprovera con veemenza. In classe spiegava, anche mille volte, lo stesso concetto se questo non era chiaro anche ad uno solo di noi, e, a questo proposito, pretendeva che lo dicessimo, qualora ci fossero delle perplessità e di non temere reazioni scomode da parte sua, in quanto, per lei l'importante era che l’argomento fosse compreso da tutti e non quanto tempo vi si soffermasse. Richiedeva costantemente un feedback da parte nostra; assegnava compiti, ma in giusta quantità, poiché prediligeva il lavoro in classe, interattivo, grazie al quale abbiamo imparato a confrontarci e ciò serviva a lei per inquadrare i punti deboli di ognuno ed aiutarci, fino a quando non fossimo stati in grado di andare avanti autonomamente. Delle volte ci faceva rappresentare “teatralmente” delle storie (role playing), dalle quali ricavavamo sempre preziose morali. Ricordo anche che, quando qualche altro insegnante, a mio parere, molto meno propenso al lavoro che svolgeva, non voleva che si andasse in viaggi d'istruzione, visite, o che si uscisse semplicemente in atrio per festeggiare, magari per punirci di qualche innocente malefatta, si schierava contro tutti, perché diceva sempre che in quell'età ci si doveva soprattutto divertire e che ci avrebbe pensato già la vita a farci conoscere sofferenze e punizioni. Ancora oggi mi capita di incontrarla e di ringraziarla, perché mi ha insegnato tanto, umanamente ed a livello didattico, ma soprattutto perché, da allora, ha fatto crescere in me il desiderio di diventare una brava maestra, proprio come lei.
    Anna Rita Mastrolorito

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  64. L’insegnante,di cui voglio parlarvi, è la mia professoressa di liceo Giusy. Insegnava scienze umane e filosofia(nonché mie materie preferite).Il primo giorno di scuola entrò a passo deciso in classe; si è seduta su una cattedra mezza rotta, ha appoggiato il registro e ci ha guardati. Nei suoi occhi azzurri ho visto la passione,la voglia di insegnare,il coraggio,perché eravamo 30 ragazze ingestibili,ma soprattutto l’amore per le sue discipline. Prima di presentarsi, ha iniziato con una battuta che ha eliminato la classica tensione del primo giorno di scuola. A quel punto, ha detto il suo nome e ha iniziato il lavoro per cui era stata chiamata : INSEGNARE. Durante l’anno, organizzava diversi progetti per la scuola,visite guidate,incontri con rinomati professori,insomma avrebbe fatto di tutto pur di farci interessare alle sue materie. Anzi, lei non puntava a farci amare le materie,ma a farci amare la cultura. La classe pendeva dalle sue labbra. Era dolce,esigente e se non capivamo molto Socrate,Platone o Freud, potevamo rivolgerci a lei per qualsiasi delucidazione; ci forniva fotocopie di sintesi,di schemi,spiegava e dettava i concetti più difficili da comprendere. Ci ha accompagnato per 5 anni,ci ha visti crescere e maturare ed è a lei che ripongo il mio ringraziamento più grande. La ringrazio per lo spiraglio di luce che mi ha concesso,ed è grazie a lei se oggi sono qui a scriverle questo tema. E’ stata l’unica ad avermi capito,l’unica a capire le mie difficoltà,cosa che per molti professori era considerato un “problema”. Per tutto il periodo dell’elementari e medie,mi sono sempre sentita inferiore rispetto agli altri,non riuscivo a far di conto,avevo paura a non finire mai in tempo il compito in classe,ero sempre ansiosa e a volte aggressiva. La scuola la vedevo come una nemica. La professoressa Giusy aveva capito e mi ha impedito di abbandonare la scuola. Esatto,volevo abbandonare e mi sembra un sogno pensare dove sono arrivata oggi e all’obiettivo che voglio raggiungere : INSEGNARE. Tutto questo lo devo solo a lei,a lei che mi ha cambiato la vita.

    FRANCESCA BUFALO

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  65. Nel mio percorso scolastico ho incontrato tanti insegnanti, ma quello che mi ha lasciato un ricordo indelebile nel cuore è il professore di filosofia che ho avuto nel triennio del liceo. Il suo arrivo era del tutto inaspettato, dato il suo impegno in un’altra scuola, ma era destino che ci dovessimo incontrare e ringrazio Dio per questo, perché la mia prospettiva di vita è cambiata totalmente grazie a lui!! Ricordo come ieri la sua entrata trionfale in classe; con la sua presentazione subito capii che mi trovavo di fronte ad un prof di un’intelligenza pazzesca e di una cultura senza limiti. Inizialmente, non conoscendoci, il nostro rapporto non era dei migliori infatti ero impaurita da lui, non parlavo mai, mi mostravo timida, studiavo la materia ma in modo meccanico e senza interesse. Il bello di tutto arrivò al primo test di filosofia, dove andai talmente male che incomincia ad odiare la materia in un modo impressionante, perché pur studiando non ero soddisfatta, tanto che volevo accantonarla. Ciò che mi portò a cambiare idea fu quando,vedendomi delusa dei miei risultati, mi disse: “ voi non siete numeri, non importa il voto che prendi, quello che conta è ciò che sai”. Da lì capii veramente che non siamo numeri, che non valiamo quanto ci attribuiscono gli altri, l’importante è avere cultura, perché quella ci rende ricchi più di qualsiasi altra cosa. Quelle parole mi confortarono così tanto che incomincia ad amare la materia, a studiarla con passione come lui me la trasmetteva, mi affascinava e mi incuriosiva sempre di più. Inoltre, egli mostrava particolare interesse verso i suoi alunni, e analizzava ognuno di noi, per capire che metodo usare per spronarci, essere attivi, interessati e partecipi durante la lezione, ma il momento più bello erano proprio le sue incantevoli spiegazioni. Come dimenticare quei momenti: rimanevo completamente affascinata dalle parole che usava, dal modo in cui cercava di trasmetterci la materia in modo semplice, facendo degli esempi, e di come voleva renderci partecipi della lezione coinvolgendoci. Ogni giorno ero sempre più sorpresa della sua immensa cultura: sapeva tutto di tutto, spaziava da una materia all’altra con una facilità impressionante, faceva collegamenti di ogni genere, cosa che non avevo mai riscontrato in altri insegnanti. Inoltre approfondiva le lezioni mandandoci degli appunti scritti da lui o da altri colleghi, facendoci vedere film riguardo i filosofi studiati e facendoci partecipare alle conferenze con gli scrittori. Il giorno successivo alla spiegazione, faceva domande sparse a tutta la classe per capire se avessimo studiato e compreso bene l’argomento. Le interrogazioni mi spaventavano perché si svolgevano alla cattedra e il fatto di guardarlo negli occhi mi destabilizzava, però lui cercava sempre di metterci a nostro agio facendo una battuta e sdrammatizzando, ci tranquillizzava e nonostante facesse domande complesse riuscivamo ad arrivare alla risposta con il ragionamento. L’ esperienza più emozionante in assoluto è stato partecipare alla realizzazione di un cortometraggio da lui montato sul negazionismo. Con piacevole sorpresa partecipando al concorso nazionale “I giovani ricordano la Shoah”, abbiamo ricevuto una menzione speciale e ci hanno invitato al Quirinale, in onore della vittoria, per incontrare il Presidente della Repubblica. Alla fine di quanto detto, ritengo che sia un esempio di vita in quanto si è realizzato in tutti i campi e sta vivendo la sua vita a 360° non trascurando mai nessuna delle sue passioni. È uno degli insegnanti migliori in assoluto per l’impegno e l’interesse che mostra verso i suoi alunni e il loro futuro, per come riesce a trasmettere la materia con amore e per come dedica tutto se stesso alla scuola. Lo ricordo con grande affetto e lo ringrazio perché mi ha fatto capire il valore della cultura e mentre prima odiavo leggere, adesso è diventato uno dei miei passatempi preferiti.
    Noemi Pennino

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  66. PARTE 1 Giorgia De Matteis
    E’ molto difficile per me scegliere un professore che più degli altri abbia cambiato in qualche modo il mio modo di essere e la mia personalità perché ognuno in qualche modo mi ha lasciato un segno indelebile. Le persone per me sono come le parole dette, difficili da dimenticare. Tra tutti i miei insegnanti di sicuro c’è stato uno che non scorderò mai e che porterò sempre nel mio cuore. Sto parlando del mio professore di matematica e scienze della scuola superiore di primo grado. Il mio professore dalla folta barba bianca e occhiali appariva come i Babbi Natale, carino e gentile con i bambini. Prima della lezione il saluto e il chiederci come andava non mancava mai. Con lui nessuno era in grado di fare “casino”. Ci sapeva far stare zitti solo con uno sguardo. Un prof che non accettava giustificazioni e che interrogava nonostante uno avesse avuto dei problemi. Nonostante ciò le sue interrogazioni erano sempre belle in quanto se vedeva che in qualche punto l’alunno era in difficoltà parlava lui al posto suo e trasformava l’interrogazione in lezione. Alla fine dell’interrogazione non metteva subito l’insufficienza perché ci dava modo di recuperare. Lui riusciva a connettere anche le cose insensate che noi dicevamo e ci faceva sempre degli esempi pratici per farci comprendere gli argomenti più complessi. Rinvengo che aveva sempre qualcosa nella sua borsa(ad es. felci) che si prodigava a trovare apposta per noi. Il professore era un po' come Dewey, ci faceva fare attività pratiche al fine di apprendere. Il massimo tempo delle sue ore di lezione lo passavamo in laboratorio tra esperimenti e appunti. Egli dava voti molto bassi perché ci spronava a dare sempre di più. Il massimo voto lo presi in geometria perché era una materia che mi piaceva tantissimo e mi chiamava sempre a correggere gli esercizi alla lavagna. Mi faceva troppo ridere durante le lezioni perché faceva mille battute. Durante le sue lezioni non ci si annoiava mai. Quando noi non seguivamo o ci comportavamo male ci faceva stare in piedi per tutte le sue ore e dovevamo prendere gli appunti. Malgrado avessimo la lim in classe il prof era più per i metodi tradizionali. Due volte a settimana avevamo il rientro pomeridiano e prima di questo andavamo in mensa e ci accompagnava sempre il professore di matematica. Egli si faceva spesso un giro per i tavoli e guardava se stessimo bene.

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  67. PARTE 2 : Giorgia De Matteis
    Si preoccupava tanto dei nostri bisogni, delle nostre esigenze anche al di fuori della scuola. Il prof ci ha accompagnato più volte in varie uscite didattiche e ricordo che eravamo gli unici ragazzi che andavamo in giro con un quadernino. Lui è stato l’unico professore che mi ha sbattuto una volta fuori dall’aula perché non la finivo di ridere, ma non l’ha fatto con cattiva intenzione perché sapeva come ero io. Dopo questo gesto avevo cambiato molti comportamenti non perché mi reputavo una ragazza perfetta, ma perché la mia famiglia mi aveva impartito un’educazione ricca di principi e di valori. All’inizio avevo pensato :” tre anni con lui come farò” e invece l’ultimo anno si è dimostrato il professore più disponibile che io abbia mai conosciuto. Lui non amava solo le sue materie, amava un po' tutto. Abbiamo realizzato un sacco di progetti, di recite che forse adesso nemmeno si fanno più alle medie. Ad oggi potrei definire il mio prof severo e autoritario e forse anche un po' troppo “antico”, ma a me piaceva così perché dietro quella severità si nascondeva un grande uomo. Spero di diventare anche io un giorno un’insegnante dalla forte personalità, ma soprattutto premurosa, attenta, disponibile e che sappia vedere in maniera olistica i bambini sotto tutti gli aspetti. Vorrei far comprendere a tutti il grande valore della diversità che diventa una ricchezza che ci contraddistingue dall’altro perché ognuno ha una propria inclinazione e il dovere dell’insegnante è proprio quello di far emergere queste inclinazioni.

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  68. Parlare della figura dell’insegnante al giorno d’oggi diventa più complesso rispetto ai tempi passati dove la figura rivestiva la sua importanza ma non la sua rarità. Oggi l’insegnante é un punto guida nel percorso di apprendimento dei metodi, delle conoscenze e della formazione dell’individuo, ma la notevole differenza rispetto al passato é che siano sicuramente cambiate le metodologie che l’insegnante adotta, metodologie che segnano le orme della differenza del mezzo di comunicazione di massa. Al di là di ciò, la mia memoria a tal proposito richiama sicuramente quella che per me é stata la figura di riferimento nel mio percorso di vita: la mia professoressa di italiano. Credo sia importante, se non fondamentale, che dai primi anni di scolarizzazione l’insegnante valorizzi momenti di passaggio che segnano inevitabilmente le principali tappe di apprendimento ma soprattutto crescite di ogni studente. Questo io attribuisco alla sua persona che si è presa cura soprattutto di questo: rispettare i vari tasselli di percorso, non individualmente. Le sue lezioni favorivano la promozione di legami cooperativi tra gli alunni: ricordo, infatti, le lezioni presentate alla L.I.M., i lavori di gruppo (sia in sede scolastica che non) che abitualmente ci assegnava. Ricordo infatti una frase che ci ripeteva spesso: “valorizzate le differenze”! Noi lo prendevamo un po' come un motto di vita del lavorare in gruppo a scuola e fuori: fare delle differenze una risorsa. Vedevo in lei una figura materna, colei che ci prendeva per mano, accompagnandoci nei percorsi che, relativamente, all’età sembravano indubbiamente complessi, ma che lei ci dava la forza di affrontare appellando “forza e coraggio” come uno stato d’animo. La sua guida mi ha aiutata nei percorsi formativi scelti successivamente nelle idee che mi hanno portata ad intraprendere. Ecco perché credo che la scuola ponga le basi del processo formativo degli alunni sapendo che esso proseguirà in tutte le fasi successive della vita, nonché funzioni educative, in qualche modo come la famiglia. Non a caso la scuola é ‘fonte di socializzazione’ tra le più importanti. La sua ‘metodologia educativa’ non era improntata a lezioni tradizionali; il bisogno di conoscenza non si soddisfa con il semplice accumulo di varie informazioni ma solo con il dominio di esso. Oltre a lavori di gruppo, compilavamo schede di autovalutazione, lezioni preparate da noi stessi alunni per verificare il reale possesso di conoscenza e la realizzazione di competenze future.
    Terenzia Sebastiani

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  69. Durante il mio percorso scolastico ho avuto modo di incontrare molti insegnanti,ma se dovessi parlare di un insegnate in particolare la scelta, devo ammettere, non è abbastanza facile. Ognuno di loro è stato in grado di trasmettermi qualcosa, in modo positivo e in modo negativo.Tuttavia posso dire che parlerei positivamente anche di quegli insegnanti che non sono stati per me un modello positivo, perché è anche grazie a loro che sono riuscita a capire quale potesse essere il metodo di studio più appropriato per me,ma soprattutto a farmi capire quale modello prenderei come esempio, in un mio futuro come insegnante.Ad ogni modo,dovendo soffermarmi su un docente in particolare mi sento di parlare della mia professoressa di latino del liceo che mi ha insegnato per cinque anni.È stata proprio lei la prima ad entrare in aula il primo giorno di scuola e mi ricordo ancora l'ansia che ebbi appena la vidi entrare perché sembrava una di quelle professoresse severe che a primo impatto suscitava un grande timore.Ció che mi ha colpito di lei è stata la passione per ciò che insegnava.Ogni parola che usciva dalla sua bocca non era pronunciata solo dal dovere che un'insegnante ha di trasmettere delle nozioni ai suoi alunni,ma faceva trasparire il piacere che lei aveva nel pronunciarla e per lei ogni argomento che affrontava durante la lezione era un momento di confronto.Era l'unica professoressa che riusciva a comprendere ogni suo alunno,a guardarlo non solo dal punto di vista didattico,ma anche secondo una prospettiva più "umana".Infatti ogni volta che entrava in classe prima di iniziare la lezione guardava il volto di ciascun alunno e se notava qualcosa di strano non esitava un secondo a chiederci cosa fosse successo.Durante le lezioni il carisma della professoressa ci imponeva di tenere sempre alto il livello di attenzione e concentrazione e di ridurre al minimo le distrazioni; indubbiamente la professoressa sapeva come tenerci costantemente in tensione ma sapeva anche come e quando allentare la presa, stemperando la tensione con la sua ironia o concedendoci un po’ di svago al termine di una spiegazione molto importante.Era anche la nostra coordinatrice di classe e forse anche per questo motivo,ogni volta che si presentava qualche problema ci rivolgevamo a lei che è sempre stata disponibile con noi e si è sempre messa nei nostri "panni".Forse sono stati proprio il suo metodo di insegnamento e la sua personalità ad avermi fatto appassionare del latino fin dal primo giorno,nonostante fosse una materia nuova.Molto spesso facevamo i lavori di gruppo,traducendo insieme le versioni e secondo me questo è uno dei migliori modi per apprendere e per migliorare i rapporti con gli altri.Infine un altro aspetto che mi colpiva di lei era il modo in cui mi metteva a mio agio durante le interrogazioni,in quanto essendo una ragazza molto timida,a volte con gli altri docenti,nonostante avessi studiato tantissimo, mi facevo prendere dall'ansia,con lei invece no.Non potrò mai dimenticarla,perché oltre ad avermi insegnato tanto mi ha fatto amare una materia nuova,a tal punto che ancora oggi appena ho un po' di tempo libero traduco le versioni di latino.Spero di riuscire anche io,un giorno, a trasmettere ai miei futuri allievi la curiosità, la passione e la determinazione in ogni cosa che si apprestano a fare.Penso che un insegnante prima di trasmettere le nozioni ai suoi alunni,deve dialogare con loro,aiutarli a sviluppare la loro personalità e cercare di attirare l'attenzione del bambino preparando lezioni talvolta anche divertenti.
    Laura Iovine

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  70. Tra i tanti professori incontrati durante il mio percorso scolastico oggi voglio parlarvi della professoressa Vincenza La Bianca. Fu la mia professoressa di pedagogia e psicologia per ben 5 anni. Frequentai il liceo pedagogico e ricordo perfettamente il primo giorno di scuola. Ero spaventata ma al tempo stesso entusiasta di iniziare questo nuovo percorso scolastico. La prima professoressa che conobbi fu lei, entrò in classe senza far neppure un sorriso, si sedette e iniziò a fare l'appello. La prima cosa che pensai fu :" iniziamo bene! Con questa professoressa non andrò mai d'accordo!" Ma col tempo mi ricredetti. Il suo essere così severa in realtà era solo apparenza. Il suo modo di fare lezione mi piacque molto, non era un semplice spiegare l'argomento e di conseguenza uno studio mnemonico degli argomenti. La lezione era divisa in più parti: inizialmente esponeva l'argomento, ripetendolo pìù volte con parole diverse così da permettere a tutti di capire, poi successivamente ci faceva fare dei gruppi di lavoro da 4 persone sposando i banchi e collocandoci l'uno di fronte all'altro e in un lasso di tempo limitato e ovviamente da lei deciso dovevamo discutere dell'argomento spiegato magari approfondendolo con i materiali da lei forniti ed infine ogni gruppo doveva spiegare alla classe l'argomento svolto e soprattutto spiegare come era stato realizzato, quali materiali erano stati utilizzati e come le idee erano state assemblate. La parte più importate della lezione era la valutazione: dovevamo inizialmente autovalutarci, poi era la classe ad esprimere un voto e soltanto alla fine la professoressa esponeva il voto finale argomentandolo. Credo che l'autovalutazione sia molto importante perchè permette all'alunno di comprendere l'errore, di riconoscere il suo impegno e magari spronarlo a fare meglio Adoravo il modo in cui spiegava ma soprattutto mi piaceva il suo spirito d'iniziativa, trovava sempre un modo per rendere interessante la lezione. Con lei facemmo tirocinio in una scuola materna e grazie ai suoi insegnamenti non trovai alcuna difficoltà ma riuscii subito a metterli in pratica. E' proprio questo quello che ogni insegnante dovrebbe fare: collegare la teoria con la pratica, rendere la lezione sempre interessante così da catturare l'attenzione. In classe utilizzava molto la Lim, facendoci vedere video, immagini e powerpoint. Anche noi più volte provammo a realizzare powerpoint che a mio parere servivano non solo a sviluppare in noi la capacità di sintesi, ma anche la creatività allegando immagini che avrebbero potuto suscitare l'attenzione di tutta la classe. L'interrogazione ero un modo per ripassare gli argomenti, magari approfondirli e dare ulteriori spiegazioni. L'interrogazione veniva fatta alla fine di ogni argomento e ogni volta dovevamo trovare dei collegamenti con l'argomento svolto precedentemente così da fissarlo bene in mente e non dimenticarlo più. Il suo obiettivo era la comprensione degli argomenti piuttosto che lo studio mnemonico. Se oggi ho deciso di intraprendere questo percorso di studi, lo devo a lei.

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  71. Nell’arco del mio percorso scolastico ho avuto la fortuna di conoscere molti insegnanti che mi hanno lasciato ricordi di vario tipo. Oggi voglio parlarvi in particolar modo di un mio ex professore di filosofia che con il suo impegno e l’amore di questa materia è riuscito a trasmetterci un’energia unica. Nelle sue lezioni approfondiva vari filosofi, ma la cosa molto importante è che lui andava oltre l’insegnamento, narrava e descriveva gli eventi e i vari dubbi di Kant, Marx, Schopenhauer ecc come se fossero autori quotidiani, riusciva a trasmettere ad ognuno di noi, sensazioni di vario tipo che a tal punto non studiavamo più filosofia ma la vivevamo in prima persona, come se fossimo noi protagonisti di suddetta materia. Oltre a essere un professore eccezionale, lui andava oltre le attività scolastiche, infatti negli ultimi due anni del liceo numerose sono state le uscite da lui organizzate. In queste uscite stavamo a contatto con la natura e ci insegnava a vivere senza gli oggetti elettronici che oggi hanno preso il sopravvento nelle nostre vite. Lui non è un semplice professore, ma è un’insegnante che pur essendo severo si fa amare dai propri alunni. Più che un professore era un nostro confidente, pronto ad ascoltarci ed era un nostro amico. Tollerava tutto eccetto le persone che non studiavano poiché ci teneva a una nostra cultura. Oltre a essere bravo e preparato è un professore che riesce a capire i problemi della classe e si adoperava per risolverli. Quindi posso affermare che senza dubbio rimarrà un bellissimo ricordo ma sopratutto ricorderò con quanto amore e pazienza spiegava le sue lezioni.
    Origlia Roberta

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  72. Nell’arco del mio percorso scolastico ho avuto la fortuna di conoscere molti insegnanti che mi hanno lasciato ricordi di vario tipo. Oggi voglio parlarvi in particolar modo di un mio ex professore di filosofia che con il suo impegno e l’amore di questa materia è riuscito a trasmetterci un’energia unica. Nelle sue lezioni approfondiva vari filosofi, ma la cosa molto importante è che lui andava oltre l’insegnamento, narrava e descriveva gli eventi e i vari dubbi di Kant, Marx, Schopenhauer ecc come se fossero autori quotidiani, riusciva a trasmettere ad ognuno di noi, sensazioni di vario tipo che a tal punto non studiavamo più filosofia ma la vivevamo in prima persona, come se fossimo noi protagonisti di suddetta materia. Oltre a essere un professore eccezionale, lui andava oltre le attività scolastiche, infatti negli ultimi due anni del liceo numerose sono state le uscite da lui organizzate. In queste uscite stavamo a contatto con la natura e ci insegnava a vivere senza gli oggetti elettronici che oggi hanno preso il sopravvento nelle nostre vite. Lui non è un semplice professore, ma è un’insegnante che pur essendo severo si fa amare dai propri alunni. Più che un professore era un nostro confidente, pronto ad ascoltarci ed era un nostro amico. Tollerava tutto eccetto le persone che non studiavano poiché ci teneva a una nostra cultura. Oltre a essere bravo e preparato è un professore che riesce a capire i problemi della classe e si adoperava per risolverli. Quindi posso affermare che senza dubbio rimarrà un bellissimo ricordo ma sopratutto ricorderò con quanto amore e pazienza spiegava le sue lezioni.
    Origlia Roberta

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  73. Dall'infanzia alle superiori ho avuto modo di incontrare vari maestri e professori, ognuno diverso dall'altro, con metodi eterogenei per mettere in atto la propria professione. In particolar modo, mi è rimasta nel cuore la professoressa di diritto che ho avuto durante i cinque anni delle superiori frequentando l'Istituto Tecnico Economico.
    Stimo tale professoressa perché dal primo giorno ha cercato di colmare il divario tra professore-alunno , è sempre stata pronta a difenderci, tutelarci, prendersi cura di noi aiutando anche i più deboli della classe.
    Ha avviato progetti, lavori di gruppo che avevano come obiettivo: trattare e apprendere argomenti in modo differente dal sistema tradizionale.
    Ha instaurato un rapporto piacevole con tutti i ragazzi, suscitando interesse anche tra coloro meno propensi allo studio.
    Le sue lezioni erano dinamiche, coinvolgenti, interattive... Riusciva a rendere più chiaro i concetti facendo continue mappe concettuali, inoltre, passava alla lezione successiva solo dopo aver verificato per sommi capi quanto appreso dalla precedente (facendo domande a campione, oppure, prendendo una persona incaricata a riassumere il contenuto della scorsa lezione).
    Le sue interrogazioni non erano un incubo, la prof metteva a proprio agio lo studente e parecchie volte gli faceva fare esempi pratici sull'argomento in discussione per verificare se quest'ultimo fosse totalmente chiaro.
    Ci teneva molto ai viaggi d'istruzione, era una delle poche/i con quel forte spirito d'iniziativa in grado di organizzare uscite scolastiche improntate sia sull'istruzione che sul divertimento.
    In futuro cercherò di seguire alcuni suoi modelli di insegnamento sperando di poter diventare una donna con così tanta competenza e savoir-faire con gli alunni.

    Viola Giovanna

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  74. L’ULTIMA LEZIONE
    (Prima parte)

    Quella sera il cielo sembrava volesse venire giù. Il vento era così forte da piegare tutto ciò che incontrava nel suo cammino e il mare, così agitato e rumoroso, pareva un tutt’uno con la pioggia.
    Francesca stette un po’ vicino ai vetri del balcone, voleva uscire, ma fuori doveva fare davvero freddo. E così rimase lì, in piedi, a guardare. Le piacevano i temporali, soprattutto quelli estivi e le piaceva sentire l’aria che si infilava tra gli infissi, ormai malandati, della casa delle vacanze.
    La corrente era andata via da un bel po’ e si era fatto buio. Marco, il marito, era fuori per lavoro. Aveva tenuto delle lezioni in Toscana e sarebbe dovuto tornare quella sera, ma con quel tempo aveva deciso di rimandare il viaggio all’indomani. I bambini erano tutti e tre già a letto. Dormivano beatamente e sembravano non accorgersi, nei loro sogni, di tutti quei tuoni.
    Pensò che avrebbe voluto starsene distesa a leggere un libro, ma non aveva con sé torce, né candele, così si accoccolò sul divano. Uno sguardo al cellulare. Non c’era campo. Non le restava che starsene lì, sdraiata, a sentire la forza della natura in tutto il suo splendore, con la sala a tratti illuminata dalla luce dei lampi.
    Doveva essersi addormentata e pensò di aver dormito anche a lungo, perché, quando sentì il segnale di un messaggio in arrivo provenire dal telefono, si accorse che la corrente era tornata e la pioggia fuori era cessata quasi del tutto.
    Prese il cellulare in mano e lesse quello che le aveva scritto la sua amica Nella:
    Hai saputo che è morto il tuo professore?
    Non c’era alcun bisogno di precisare quale fosse il professore. Erano passati ormai venticinque anni da quando aveva cominciato le scuole medie e di professori fino alla laurea e al master ne aveva conosciuti a bizzeffe. Ma il suo professore era uno solo. Il suo professore di italiano e latino del liceo.
    Sentì tremare le gambe e diventò triste. Non poteva essere vero. Lui era ancora giovane, lo aveva incontrato poco tempo prima per strada e come sempre era corsa ad abbracciarlo. Le era sembrato che stesse bene. Lo sentiva come un amico speciale e già le mancava.
    L’indomani, appena tornato Marco, Francesca decise di mettersi in macchina e partire. Voleva andare nel paese del suo professore, un bellissimo borgo a due passi da Campobasso, per salutarlo un’ultima volta. Poco importava che ormai le crisi di panico le impedissero di guidare fuori città. Del resto, avrebbe potuto aspettare di tornare a Campobasso, una volta terminate le vacanze, e poi, da lì, andare a portare le sue condoglianze alla famiglia. Ma no, lei sentiva il bisogno di andare subito da lui.
    Si mise in macchina, con le lacrime agli occhi, e partì.
    Lungo il percorso, ricordò il loro primo incontro, quando in quel primo giorno di liceo scientifico aveva fatto il suo ingresso in aula un uomo elegante, non molto alto, con pochi capelli, gli occhi sorridenti e dei simpatici baffi. Era vestito in modo impeccabile: completo grigio, panciotto e cravatta. E con la stessa eleganza sarebbe entrato in aula per tutti i giorni a venire.
    L’aveva colpita subito per la raffinatezza dei modi, la perfezione della dizione, la dolcezza, ma anche la fermezza con la quale aveva rimproverato il ragazzino che, arrivato in aula con enorme ritardo, aveva esordito dicendo:
    - Scusate, ma lì fuori c’è un casino tremendo!
    Lui l’aveva fermato lì sulla porta e gli aveva fatto notare quanto fosse più grave il linguaggio adottato per scusarsi, del ritardo in sé.
    Le era piaciuto subito, l’aveva fatta sentire a casa. Lei che veniva da una famiglia dove anche “scemo” era considerata una parolaccia!

    (continua)

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  75. L’ULTIMA LEZIONE
    (Seconda parte)

    Le era piaciuto subito e aveva continuato a piacerle ogni giorno di più quel professore tanto gentile e tanto preparato.
    Le piaceva ascoltarlo leggere, le piaceva quando spiegava, le piaceva come lui si interessasse ai bisogni e alle passioni di ognuno dei suoi ragazzi (era così che li chiamava, di rado usava il termine “alunni”), per cercare di coinvolgere ciascuno nel modo più opportuno.
    E a lui piaceva Francesca. Le diceva spesso che trovava assai gradevole il fatto che fosse spiritosa, a tratti addirittura sfrontata, ma sempre con educazione, e che nel contempo fosse una studentessa modello. Studiava tanto, le piaceva fare bella figura, ma soprattutto le piaceva quello che studiava.
    Anzi, lui più di qualunque altro professore, aveva capito che Francesca, come del resto più o meno tutti i ragazzi che aveva incontrato, metteva molta più passione nello studio e apprendeva con quasi nessuna fatica, se veniva coinvolta emotivamente in quello che c’era da fare.
    E così, a lei che era una adolescente tormentata, con una marcata emotività, che stava quasi sempre per i fatti suoi, consigliava libri, poesie, la coinvolse in un corso di dizione che lei adorava. A chi aveva un’indole più pratica, invece, affidava compiti più concreti e, così facendo, riusciva ad avere sempre l’attenzione di tutti.
    Ogni mercoledì voleva che in classe ci fosse almeno un quotidiano.
    Erano Francesca e Tommaso a ricordarsi immancabilmente di portarlo. Lei Il Manifesto, lui Il Tempo. “Il diavolo e l’acqua santa” li chiamava il professore.
    Voleva che tutti prendessero l’abitudine di leggere il giornale, che non si fermassero alle notizie date in televisione, e discuteva i temi di attualità più interessanti assieme alla sua classe.
    Mentre guidava, a Francesca scappò un sorriso. Si era ricordata di quante gliene avesse anche perdonate, alla fine, il suo professore. Non era mai stata una capace di “mandar giù” le cose a memoria. In realtà non era neppure questione di esserne o meno capace. Con fisica, in fondo, faceva così e l’otto lo rimediava anche lì, ma la grammatica latina no, si era sempre rifiutata di impararla. E il suo professore lo sapeva, per questo aveva sempre evitato di interrogarla. Alcuni suoi compagni di classe avevano notato tutto ciò, ma il suo professore rispondeva loro la stessa cosa che diceva alla madre di Francesca durante i colloqui:
    - In letteratura latina è bravissima, legge il latino perfettamente e la versione in italiano è sempre impeccabile. A me non importa che sappia poco più della prima declinazione!
    E fu così che invitò Francesca e gli altri che a suo dire scrivevano bene a leggere i propri elaborati, che fossero versioni o compiti in classe, a tutti i compagni, e ad affiancarli nelle versioni, in modo che ognuno potesse migliorare là dove era più carente.
    Era un professore che guardava lontano, che amava la sua classe al punto da chiedere il passaggio al triennio, in modo da continuare il percorso intrapreso nel biennio, in virtù di quella continuità didattica di cui tanto si sarebbe parlato negli anni a venire.
    Erano gli anni Novanta, in una realtà di provincia. La maggior parte dei docenti entrava in aula e spiegava, la volta dopo interrogava o faceva fare un “compito a sorpresa”. Nessuno aveva mai sentito parlare, per lo meno non da quelle parti, di espedienti didattici come la “lezione capovolta”. Eppure Francesca ricordava nitidamente che il suo professore, assai di frequente affidava un argomento a un singolo alunno o a un gruppo, lasciava un congruo periodo di tempo affinché potesse o potessero prepararsi e poi lasciava che a fare lezione fossero loro.
    Liberava la sua sedia, che a dire il vero non occupava quasi mai, e andava a sedersi lì, tra i banchi, nel posto lasciato vuoto da chi doveva fare lezione.

    (continua)

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  76. L’ULTIMA LEZIONE
    (Terza e ultima parte)

    E poi si ricordò di quella volta in cui il suo professore aveva portato i suoi ragazzi a tenere una lezione nell’anfiteatro di Altilia. Aveva incaricato ciascun ragazzo di approfondire un tema legato agli antichi romani, la cucina, la scuola, il tempo libero… a Francesca era toccata la medicina, argomento che adorava… e ciascuno di loro aveva dovuto raccontare, dal centro del proscenio, quasi recitandola, la parte che aveva studiato. Ad ascoltare non solo il resto della scolaresca, ma anche turisti ignari che si erano trovati davanti, in quella tiepida giornata di primavera, quell’insolito spettacolo!
    Era stata un’esperienza indimenticabile, anche perché l’aveva aiutata a vincere la timidezza e la paura che aveva di parlare in pubblico.
    Sì, perché il suo professore, aveva imparato a conoscere anche l’animo dei suoi alunni. Durante la ricreazione, ad esempio, a differenza degli altri insegnanti, non lasciava mai l’aula, ma restava lì a chiacchierare con i suoi ragazzi.
    Si avvicinava ai gruppetti che naturalmente si formavano e col suo volto sempre sorridente, che lasciava scoperto un incisivo centrale leggermente sporgente rispetto all’altro, si metteva a parlare con loro.
    Li conosceva bene e sapeva come spronarli a fare di più, così come capiva quando invece doveva perdonarli e lasciare correre.
    Francesca gli era infinitamente riconoscente per quando, consapevole di quanto lei avesse bisogno di vedersi riconosciuti i propri meriti e le proprie capacità, ma nel contempo avesse sempre paura di fallire, la incitò a partecipare a un concorso letterario (che poi vinse) o quando le suggerì di candidarsi come Summer Student presso il centro di ricerca farmacologica Mario Negri Sud. Le aveva detto:
    - Io di biologia e chimica non so molto e di certo non ti posso preparare, ma secondo me puoi farcela.
    E lei venne presa, grazie anche all’elaborato sulla ricerca scientifica che lui le aveva corretto.
    Ma questo rapporto non si era concluso con il diploma, era andato avanti al punto che, anni dopo, lei gli aveva fatto leggere e correggere la sua tesi di laurea prima di consegnarla.
    Francesca ripensò anche alle volte in cui al suo professore scappava qualche lamento, alle volte in cui descriveva la condizione degli insegnati come misera e poco riconosciuta e rifletté sul fatto che forse per quello, nella sua vita, non avesse pensato subito all’insegnamento e si fosse incamminata verso altre strade.
    Erano passati nove anni da quando aveva vinto il concorso in banca ed era diventata una noiosissima impiegata, ma adesso che aveva avuto modo di ripensare al suo professore, ma soprattutto adesso che aveva dei bambini ed era costantemente affascinata nel vederli crescere, aveva capito come la strada da percorrere, molto probabilmente, avrebbe dovuto essere un’altra.
    Un cartello indicò che ormai era arrivata.
    Svoltò a destra ed entrò nel paese d’origine del suo professore. Infinite volte il suo professore aveva invitato i suoi ragazzi ad andare a visitarlo, ma lei non c’era mai andata e si sentiva in colpa per averlo fatto solo ora che lui non c’era più.

    Quella Francesca in realtà sono io e il suo professore in realtà è il mio professore!

    Tendo sempre ad appropriarmi delle cose che mi piacciono di più e che mi fanno stare bene, per questo ti ho sempre chiamato così: “Il mio professore”.
    Stavolta invece ti chiamo per nome, addio Maurizio!


    FRANCESCA PRAITANO

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  77. Credo personalmente che Quintiliano ci abbia azzeccato in pieno quando nella sua ''Institutio Oratoria''rappresentava una dottrina educativa con l'unico fine di creare dei ''buoni maestri'' che formino dei buoni alunni trasferendogli, oltre che ai contenuti, anche quel valore morale costruito sull'esperienza e l'esempio. Una figura quella del maestro di Quintiliano che doveva instaurare con l'alunno un rapporto basato su un reciproco senso di stima e affetto in tal modo che l'alunno stesso prendesse il proprio maestro come esempio.Quando nell'ultimo anno di liceo la professoressa di latino spiegava questo argomento, ho pensato si stesse auto-descrivendo in quanto incarnava a pieno i valori sanciti da Quintiliano.Ammetto di aver odiato per qualche mese il suo metodo di insegnamento forse un pò troppo severo, ma col passare del tempo il rapporto tra lei e noi alunni divenne sempre piu' ''materno''. Non considerava gli alunni semplicemente dei numeri , utilizzava un criterio di valutazione che non si basava sui numeri e sulla media matematica.Ci insegnava che la scuola non sono delle realtà separate e che i compiti a casa non erano delle punizioni ma un modo per poter dimostrare a se stessi di poter raggiungere degli obiettivi. L'amore che mostrava per la sua materia faceva il modo che la materia stessa ci dovesse incuriosire sino a desiderare di approfondire, spiegando senza perdere la pazienza anche ai limiti dell'umano infatti spesso quando a qualcuno un compito o un interrogazione non andavano bene ci invitava a prendere lezioni a domicilio gratuitamente. La cosa che mi ha colpito maggiormente era anche il modo in cui aiutava ognuno di noi a sviluppare la propria personalità, i talenti e le inclinazioni fornendoci un metodo di studio efficace che mi accompagnerà per tutta la vita. Non nascondo che la passione per il suo lavoro ha portato anche me ad appassionarmi al lavoro stesso e spero,un giorno, di poter praticare il suo modello di insegnamento, diventando anche io modello per le generazioni future.

    Giovanni Notarangelo

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  78. “Anche se fallisci devi riprovare e riprovare ancora; il vero fallimento avviene quando ammetti la tua resa, quando smetti di provarci. Non devi arrenderti mai, ma dar sempre il meglio di te e in quel caso ti assicuro che il risultato non sarà così male”
    Così mi disse il professore X dopo il mio primo compito in classe andato non troppo bene. “Uscirai con un buon punteggio”…” te l’assicuro”, continuò. Allora non credetti alle sue parole e, invece, il professore aveva detto giusto; mi sono diplomata con 90/100.
    Quando entrava in classe impeccabile nell’orario così come nell’aspetto (capelli ben pettinati, camicia super stirata) la classe si ammutoliva, l’aria diventava tesa, finché col suo “buongiorno ragazzi, oggi mi aspetto molte domande e chi riuscirà a mettermi in difficoltà avrà 9 nella mia materia” trasformava quella tensione in un’euforia generale per il raggiungimento del risultato. Il professore sapeva come accattivarsi la nostra attenzione per tutta la durata delle sue lezioni; queste trascorrevano velocemente: non la classica lezione in cui i ragazzi pedissequamente ascoltano il discorso del docente, bensì una lezione interattiva dove, come ho già detto, eravamo più noi alunni a porre domande e il professore a rispondere che viceversa.
    Nel corso dei 5 anni di scuola superiore tutti i membri della classe sono migliorati nella sua materia: delle volte preparava esercizi appositi per ogni singolo alunno, mirati ad ovviare alle lacune di ciascuno. Il professore, anche quando ci rimproverava (e non poche volte in cui l’ha fatto) lo faceva per il nostro bene. Una volta colse in flagrante una ragazza che copiava durante il compito. Allora decise di convocare tutto il collegio dei docenti per smascherare la ragazza. Insomma, voleva dimostrare a tutti che chi provava a prenderlo in giro la pagava in qualche modo! Il professore sarà anche stato il mio più grande incubo del giorno dopo, perché dava molto e pretendeva molto dai suoi alunni, ma è anche il professore che ricordo con un sorriso e che vorrei riavere, un professore che ci ha seguiti come mai ha fatto nessuno, che ci ha spronati a dare il massimo nello studio e nella vita, nel rispetto nostro e degli altri, un professore che ha creduto in me, che mi ha dato fiducia nei momenti di sfiducia, conforto nei momenti di sconforto, un professore che ha sicuramente contribuito a farmi essere qui e a farmi essere quella che sono, un professore che tutti vorrebbero . “Se ci credi davvero e ti impegni puoi riuscirci!”
    Laura Migliore

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  79. TUTTA QUESTIONE DI EMPATIA
    E’ raro che un alunno provi ammirazione nei confronti di un proprio insegnante, soprattutto se si parla di un docente delle scuole superiori e invece, è proprio di una professoressa del liceo che voglio parlare: la mia ex insegnante di Latino e Letteratura Italiana.
    Decisi di iscrivermi al liceo Scientifico in quanto, sin da piccola, sentivo di essere maggiormente portata per la matematica rispetto alle materie umanistiche e alla fine del biennio ero sempre più convinta della mia scelta.
    Una volta iniziato il triennio però dovetti ricredermi: l’incontro con la nuova professoressa di Italiano e Latino fece cambiare in maniera significativa la mia opinione nei confronti di queste discipline.
    Era una professoressa molto rigida, del tutto intransigente. Durante le sue ore non era permesso parlare con il compagno di banco, sedersi in modo scorretto sulla sedia, distrarsi in alcun modo. Era la più temuta nel nostro liceo. Una professoressa molto attenta ai dettagli, anche a quelli più piccoli e, apparentemente, più insignificanti. Non si sbilanciava nei voti, anzi, per ricevere una valutazione che fosse sopra il sei bisognava rinchiudersi in casa per giorni e studiare libri su libri, pagine su pagine, parola per parola.
    Il suo metodo di insegnamento era piuttosto tradizionale: avendo quasi sempre più di un’ora al giorno in ogni classe, generalmente nella prima ora spiegava chiedendoci di prendere appunti. Noi eravamo lì con la penna in mano pronti a partire, appena fosse uscita la prima parola dalla sua bocca e quando questo accadeva venivamo proiettati in un mondo parallelo in cui ci sembrava realmente di vedere lì davanti a noi tutti quei poeti e scrittori che lei, con così tanto amore, decantava.
    Durante le interrogazioni era spietata, pretendeva che si sapesse tutto, dal primo all’ultimo rigo della Divina Commedia ( che tra l’altro conosceva a memoria) e ogni più piccolo particolare relativo alla vita e alle opere dei poeti e scrittori italiani.
    Anche nelle verifiche scritte era molto esigente: non consegnava mai meno di due fogli, contenenti domande su tutte e quattro le facciate. Le domande erano dirette, non ci si poteva girare intorno e ogni nostro tentativo veniva vanificato da segnacci rossi accompagnati da commenti che in qualche modo ci ricordavano che nessuno con lei l’aveva mai fatta franca . Insomma per ben tre anni fu un vero tormento, ma questo solo durante l’orario scolastico, perchè nel pomeriggio, nel nostro gruppo di WhatsApp, lei era una di noi. Ci spronava, ci consigliava e ci prendeva anche in giro, si informava sulla nostra vita extra-scolastica, ci raccontava delle marachelle che combinava sua figlia, insomma proprio come si fa tra amici di lunga data. Si rivelò presto una delle poche professoresse in grado di capirci e sostenerci (soprattutto durante l’esame di stato) aiutandoci a tirare fuori il meglio di noi. Oggi che mi accingo ad intraprendere un percorso di studi, che mi porterà a diventare un insegnante, penso che saprò di aver raggiunto il mio traguardo solo quando riuscirò a vedere nei miei alunni, quella stessa luce che allora c’era nei nostri occhi quando lei parlava, quando lei, forse inconsapevolmente, scriveva nei nostri animi.
    Perché in fondo….. è tutta questione di empatia.


    Giulia Fasano


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  80. E’ l’ultimo anno delle superiori. Non è cambiato niente, stessa classe, stessi compagni e stessi professori ad eccezione di lei la professoressa di “storia e filosofia”. Ricordo il primo giorno in cui entrò in classe come se fosse ieri, appena la vidi la prima cosa che pensai è che era troppo giovane per poter insegnare in una classe di quinto superiore, così giovane da potersi confondere con noi studenti. Si presentò, ci disse che non era un insegnante di ruolo ma che era stata nominata come supplente per sostituire la nostra precedente professoressa, e che di fatto era la sua prima esperienza come insegnante. Se in un primo momento ero perplessa e diffidente per i suoi metodi d’insegnamento, bastarono pochi giorni per farmi cambiare idea. Era diversa, aveva un modo d’ insegnare tutto suo. La cosa che più mi colpì è che lei, a differenza di molti professori, durante il suo primo giorno di scuola ci fece disporre in cerchio intorno a lei e ci fece presentare ,uno ad uno, rompendo così quel muro che separa alunno e docente, riuscendo però nello stesso momento a creare un rapporto di fiducia con noi studenti. Mi colpì anche la passione che dimostrava per il proprio lavoro e per le materie che insegnava, di fatto non c’era lezione che non preparasse a casa il giorno prima, perché come diceva lei “non c’era giorno che non ci pensasse”. Le sue lezioni erano all’insegna del divertimento e della serietà, mai monotone o uguali, inoltre al termine di ogni argomento che spiegava era solita approfondire con la visione di un film . Ecco il film era “l’evento” che precedeva il momento dell’interrogazione o del compito in classe, da me tanto temuto. Durante le interrogazioni era molto esigente, di fatto era comune chiedere tutto il programma spiegato sino a quel momento, nonostante ciò aveva la capacita di metterci sempre a nostro agio, incitandoci a dare sempre il meglio di noi stessi in qualunque circostanza. Ho un bel ricordo di questa professoressa, preparata professionalmente e dotata di grandi doti umane, ha rappresentato per me un punto di riferimento e rappresenta tutt’ora un modello a cui potermi ispirare per la mia futura professione di insegnante. Sara Salome

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  81. Durante il mio percorso di studi ho avuto la possibilità di conoscere tantissimi insegnanti, ma solo di alcuni mi ricordo in modo particolare; tra questi mi viene subito in mente una delle prime maestre che ho incontrato nel mio tragitto scolastico e che, infatti, mi ha seguita nei cinque anni di scuola primaria. Inizialmente era l’insegnante di Matematica e Scienze, successivamente ci insegnò Inglese. Mi colpì sin dal primo giorno perché si presentò con simpatia e dolcezza e in questo modo mi fece sentire subito a mio agio. Era vestita sempre in modo impeccabile e lasciava una piacevole scia di profumo, che avvertivo poi tutto il giorno. Ella ci insegnava a vivere non facendoci le solite, noiose “prediche”, ma lo faceva attraverso l’esempio. Le sue lezioni, di solito, erano frontali, ma molto interessanti perché riusciva ad attirare l’attenzione utilizzando metodi efficaci per la comprensione. Terminata la spiegazione, si assicurava che tutti gli alunni, dal più capace al più debole, avessero appreso ciò che aveva appena illustrato, ponendo delle domande oppure svolgendo degli esercizi e correggendoli in classe prima del suono della campana. Ricordo che ogni volta, prima di elaborare un nuovo argomento, riprendeva con schemi e sintesi ciò che avevamo trattato precedentemente, in modo che potessimo mettere in relazione le nuove conoscenze con quelle già possedute. Non si mostrò mai la solita maestra che terrorizza gli alunni al momento delle interrogazioni e delle verifiche, poiché era capace di valutarci senza che noi ce ne accorgessimo tramite giochi di competizione. Capiva i nostri bisogni e si immedesimava nelle nostre difficoltà; con un termine specifico: possedeva una naturale “empatia” per cui, stare con lei, era come stare con le nostre mamme. Ella è stata la maestra ideale, che mi ha fatto crescere e mi ha guidata nei primi passi nel mondo della scuola.
    TOTTA CARLA

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  82. L’ insegnate che sicuramente ricordo e ricorderò è la mia maestra d’italiano, era la coordinatrice della mia classe, la 4 A.
    In un consiglio di classe notò i pessimi voti che tutta la classe prendeva in scienze.
    In seguito durante le varie lezione d’italiano lei cercò di capire il problema, parlò con noi, e infine analizzò il problema. Lei capi subito , tutti noi avevamo difficoltà poiché la maestra di scienze ci sottolineava il libro e le frasi “necessarie “ per capire l’argomento e a casa bisognava studiarlo a memoria.
    La mastra d’italiano perse molte lezioni per aiutarci, prima di ogni verifica di scienze ci dava una mano per ripassare o meglio studiare scienze, durante una lezione di ripasso scoprì che molti di noi non riuscivano a comprendere i moti della terra. Visto il gran numero di bambini in difficoltà, la mastra scelse di cambiare metodo. Tornò in classe poco dopo con due immagini, una del sole e l’altra della terra. Incollò il sole su una sedia, e la terra sul suo viso; iniziò a girare intorno alla sedia e contemporaneamente spiegò.
    Credo sia stata una delle lezioni più produttive e più interessanti del mio percorso scolastico, grazie a lei oltre ad avere capito ovviamente i moti della terra, ho capito una cosa importantissima, che non dovevo arrendermi se non prendevo sempre il “ bravissima “ anzi dovevo trovare una strategia per arrivare ai risultati.
    Josephine Di Cicco

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  83. In questi anni scolastici pochi sono stati gli insegnanti che mi hanno suscitato ispirazione nei loro confronti. Ho notato che molti di loro non riuscivano ad instaurare un rapporto comunicativo con gli alunni, in quanto la comunicazione è molto importante perché permette al docente di comprendere le capacità o magari le debolezze dei ragazzi, cercando così di adottare un metodo per portare tutti allo stesso livello. L’insegnante che per me è stata davvero un punto di riferimento è la professoressa di italiano che ho avuto alle medie. Era una docente che aveva un rapporto comunicativo con noi alunni, anche se non capivamo qualcosa lei ce lo rispiegava tranquillamente ed era molto gentile nei nostri confronti, ma allo stesso tempo era severa, sapeva farsi rispettare. Era capace di far lavorare anche qualcuno che magari aveva meno voglia di studiare. L’insegnamento più importante che ho avuto dalla scuola , però, è stato alle superiori. Dal primo anno di ragioneria nella mia classe abbiamo avuto una ragazza affetta dalla sindrome di Tourette. La ragazza iniziò a vedere in me un punto di riferimento, non so perché. Molte volte si calmava solo se intervenivo io, all’insegnante di sostegno non voleva ascoltarla. Per me lei è una delle persone più importanti della mia vita perché mi ha fatto capire molte cose, soprattutto di me stessa, infatti un giorno spero tanto di diventare maestra di sostegno. Ho scelto questa facoltà e di fare anche qualche anno di insegnamento, prima del sostegno, per far capire agli alunni cose che io non ho ricevuto dalla maggior parte degli insegnanti che ho avuto.
    Lucia Iannetelli

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  84. Il professore di cui porto un bellissimo ricordo umano e professionale è G.R., docente di Storia della Filosofia. Purtroppo è stato il mio professore solo durante l'ultimo anno di liceo: un breve lasso di tempo se rapportato all'intera carriera scolastica, ma sufficiente per fissarmelo nel cuore per tutta la vita. Avevo già incontrato la materia in questione nei due anni precedenti e mi aveva subito colpito, ma purtroppo c'era toccato un professore che ricopriva anche il ruolo di vicepreside; sovente non poteva tenere la lezione a causa di riunioni varie, e molto spesso doveva assentarsi dalla classe dopo essere stato chiamato dal bidello a firmare chissà che permessi o documenti. Le sue spiegazioni erano basate sulla lettura del generico manuale senza troppi approfondimenti di sorta, ed anche le interrogazioni erano imbarazzantemente banali, della serie che bastava abbinare in maniera corretta il Presocratico al corrispettivo Archè per essere inquadrato come il diretto discendente di Aristotele. Dello studio di questa disciplina mi rimaneva ben poco e stavo perdendo quell'interesse naturale che mi suscitava. Sicchè all'inizio del quinto anno, dato il pensionamento del precedente professore, alla mia classe ne veniva assegnato un altro che fino al giorno prima vedevo qualche volta girare per i corridoi dell'istituto, sempre assorto nei propri pensieri. A prima vista quel professore mi dava l'impressione di una persona in pace con sè stessa,pacata e molto riflessiva: tutti fattori che giocavano a suo favore. Questi elementi avevano incrementato la mia curiosità di studente annoiato ed erano riusciti a fare in modo che prestassi attenzione alle sue lezioni iniziali, anche se riguardanti Hegel che proprio non mi scendeva. In seguito per (mia) fortuna ci concentrammo su altri filosofi che apprezzavo di più, come Shopenhauer e Nietzsche, e ricordo che ci leggeva dei brani tratti dalle opere originali e non dal manuale, perdendosi in lunghe digressioni che avevano il compito di farci capire più a fondo dove volessero andare a parare i filosofi in questione. Un altro ricordo che ho ben vivido nella memoria riguarda sempre una lezione su Nietzsche dove, per farci capire l'attualità di certe riflessioni, ci portò un libro di Galimberti che trattava del nichilismo rapportato ai giovani di oggi e ci lesse dei passaggi molto interessanti. A fine lezione, avendomi visto alquanto rapito da quel testo, mi venne vicino e in maniera del tutto spontanea mi disse che, se avessi voluto, me lo avrebbe prestato affinché ne avessi potuto completare la lettura a casa. Quel gesto mi riempì di soddisfazione, era stato molto gratificante per me il fatto che il professore avesse riconosciuto il mio reale interesse, che avesse colto che non si trattava di mero servilismo, come spesso accade nelle aule scolastiche e in tanti altri luoghi quando tra le due parti in questione ce n'è una che ha più "potere" dell'altra.
    Le settimane passavano, a mano a mano in classe si creava un clima sempre più confidenziale e ci raccontava un po' della sua vita: nato, manco a farlo apposta, il mio stesso giorno; appassionato da sempre di scacchi e fiero detentore di qualche premio in merito; quasi laureato in Fisica da giovanissimo, a due esami dalla tesi finale mollava tutto per dedicarsi allo studio della Filosofia,sua vera grande passione. Quest'ultimo particolare è stato quello che mi colpì di più; pensavo a quanto coraggio ci voleva per fare una scelta del genere, a rimettersi in gioco da zero spinto dall'ardente desiderio di seguire le proprie passioni e i propri sogni. Questo è stato il suo più grande insegnamento: il credere sempre in sé stessi e nelle proprie capacità; l'aver il coraggio di ammettere i propri errori e il provare a porvi rimedio; il non lasciarsi spaventare dai cambiamenti.
    P.s. : ogni anno continuiamo a scambiarci auguri reciproci di buon compleanno!

    Camillo Gatto

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  85. Durante il mio percorso scolastico, ho conosciuto molti insegnanti e ringrazio tutti perché ognuno di loro ha contribuito alla mia formazione.
    Il mio ricordo, anche se recente, è per la mia insegnante di Igiene-Anatomia che ho avuto nel quinto anno dell’ITAS Pertini.
    Al primo impatto mi è sembrata un insegnante seriosa e distaccata, ma conoscendola si è rivelata tutt'altro.
    La prof. ha strutturato il programma in base alla caratteristiche degli alunni della classe e alle difficoltà che essa presentava. Tramite email ci inviava dispense e riassunti fatti da lei per arricchire o semplificare gli argomenti trattati.
    Il suo obiettivo era quello di portare la classe ad un ottima preparazione e si preoccupava affinché proprio tutti, nessuno escluso, raggiungesse tale risultato.
    Questo lo ha fatto indipendentemente dalla presenza o meno della sua materia tra quelle scelte per gli esami di maturità.
    Il suo sguardo, a volte severo, nascondeva una dolcezza e una voglia di insegnare contagiosa. Nelle sue ore nella nostra classe c'era un clima sereno e tranquillo perché riusciva ad attirare la nostra attenzione anche su argomenti ostici.
    Non posso mai dimenticare quando sono state pubblicate le materie d’esame ed è uscita la sua.
    Si è talmente tanto prodigata affinché noi tutti arrivassimo preparati all’esame; ogni compito in classe era una simulazione.
    Grazie alla sua esperienza ed al suo intuito agli esami è uscita una traccia simile ad una che lei ci aveva dato in classe.
    Sicuramente sarà un mio punto di riferimento per la dedizione, la caparbietà e serietà che ha dimostrato; questi aggettivi spero faranno parte anche del mio percorso futuro.
    FEDERICA RAMACCIATI

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  86. Ripercorrendo la mia carriera scolastica mi tornano alla mente tanti insegnanti, tutti differenti tra loro, sia da un punto di vista professionale che umano. Alcuni li ricordo per la loro severità e austerità, altri per la loro simpatia e gioiosità, altri ancora per un’ ottima preparazione ma poco abili nella spiegazione ( gli insegnanti delle materie scientifiche ). Fra i vari professori posso menzionarne una della quale conservo un ricordo positivo, ed è la professoressa di italiano e latino del liceo, incontrata al quinto anno. Inizialmente noi tutti eravamo un po’ timorosi dall’ arrivo della nuova professoressa perché ci spaventava il fatto di dover cambiare insegnante proprio l’ultimo anno in cui avremmo dovuto sostenere l’esame di maturità...cambiare insegnante significava abituarsi ad un metodo di insegnamento diverso dal precedente. Per giunta tra i corridoi della scuola si vociferava che fosse un’ insegnante severa, esigente, gli alunni la temevano.. In effetti esigente lo era, le sue aspettative erano altine, ma c’è da dire anche che la professoressa P aveva una passione smodata per la letteratura e riusciva a manifestarla con fermento, perfino i ragazzi che non amavano le materie umanistiche ne erano incuriositi, affascinati. La cosa che mi piaceva maggiormente era la sua determinazione nel far sì che tutti noi potessimo apprendere le sue materie, voleva che tutti viaggiassimo sulla stessa lunghezza d’ onda. Aveva capito che il modo privilegiato per fare in modo che tutti la seguissero era quello di accrescere la motivazione e lei, trasmettendo il suo entusiasmo, era riuscita nel suo intento. Nonostante le sue lezioni erano frontali, era talmente chiara nell’ esposizione dei contenuti che riusciva sempre a tenere viva l’attenzione. Inoltre il suo metodo si differenziava da quello di altri insegnanti perché in classe non riportava fedelmente quanto c’era scritto nel libro di testo , pertanto ci induceva a prendere appunti, le sue interrogazioni vertevano proprio sulle sue nozioni che non erano rintracciabili sul libro. Così facendo il nostro lavoro era semplificato perché, ascoltando attentamente le sue lezioni, potevamo poi riordinare le idee a casa in un quaderno ben sistematizzato, e servirci invece del libro per le analisi testuali e altre esercitazioni; di brani da commentare ne assegnava tanti, voleva che lavorassimo sui testi, che viaggiassimo con l’immaginazione.. Questo metodo ci aiutava a focalizzare bene i concetti e ad avere un quadro complessivo ed esaustivo dei vari autori. Inoltre la prof ci riferiva in quali giorni si dedicava soltanto alla spiegazione e in quali alle interrogazioni, anche in questo ci agevolava perché il rischio di essere impreparati era minimo. Alle interrogazioni spaziava da un argomento a un altro, non si limitava alla lezioncina più recente. Per quanto riguarda la modalità di valutazione, al termine dell’ interrogazione chiedeva: Che voto credi di meritare? Ognuno dei ragazzi interrogati poteva dare così un giudizio di autovalutazione. E la cosa bella era che nella maggior parte dei casi il voto dato dal ragazzo e quello attribuito dalla prof erano quasi coincidenti, perché lei era molto attenta, equa, e soprattutto non faceva disuguaglianze. Io l’ ho sentita molto vicina allo condizione dello studente, aveva un forte senso di umanità, cercava in ogni modo di venirci incontro ma non tralasciando l’ obiettivo didattico di garantire una formazione adeguata. Penso che lei sia un buon modello di insegnante da imitare e spero di poter prendere spunto dal suo insegnamento. Monica Marinelli

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  87. BAX, UNO DI NOI (prima parte)

    Dalla finestra una flebile luce penetrante riscaldava il mio letto. Il cielo plumbeo accarezzava quella candida coltre di neve oltre il ciglio di casa. Ore 7:30, il telefono che squilla. "Pronto, signora? Sono il maestro Bax, quando vuole può portare sua figlia a scuola...la neve è stata rimossa".
    Iniziava così una nuova giornata. Noi, ragazzini di paese dalle gote rosee e con un sorriso che riempiva il volto intero, dolcemente salivamo quelle scale e liberi da ogni pensiero ci accostavamo al legno vivo dei banchi di scuola.
    La campanella era appena suonata. “Tutti in piedi arriva il maestro. Buongiorno Signor Maestro!"
    "Giù ragazzi, giù. Questo non è solo un buon giorno, ma è un giorno speciale. Vedete bambini, ogni giorno è speciale se lo vivete come se non ce ne fossero altri!"
    Attoniti ci guardavamo l'un l'altro. Ma chi era questo maestro? Perché non ci parlava di numeri e formule, aggettivi o sostantivi. Beh, poco ci capivamo. O meglio, solo dopo l'avremmo capito. Si dopo, quando saremmo divenuti finalmente "grandi".
    Correva l'anno della quinta elementare e Bax non era solo il nostro maestro di scuola, ma molto di più: un maestro di vita.
    Non troppo alto, non troppo robusto, capelli bianchi, quei pochi che si nascondevano sotto il morbido cappello nero. Forse il ricordo è sbiadito dal passare inesorabile del tempo, o forse semplicemente mi piace ricordarlo così.
    Come un capitano di vascello, il nostro maestro era il primo a varcare la soglia della scuola e l'ultimo ad uscire al suono della campana.
    Le giornate correvano veloci, ma lui era sempre lì. Sempre pronto a dispensare consigli, sempre disponibile a darti una mano, o ad offrirti una spalla su cui all'occorrenza potersi poggiare.
    A quel tempo, a scuola, il maestro era l'unica figura docente, gli erano affidate tutte le materie: l'intero percorso didattico. Impossibile non ricordare lo svolgimento di ogni singola lezione.
    "Dunque ragazzi, ognuno di voi prenda la sua sedia e la avvicini alla cattedra: ci disporremo tutti a semicerchio! Bene, di cosa vogliamo parlare oggi?"
    Una voce fioca si levò dal gruppo: "Maestro, cos'è un semicerchio?"
    Un sorriso colorò il suo viso e la mano sinistra salì al capo per sollevare il cappello. Era il segnale: la lezione aveva inizio.
    "Bene, oggi parleremo delle figure geometriche, così potrò appagare la vostra curiosità!".
    Quanto veloci scorrevano i secondi, i minuti, le ore... tra le mille domande di noi giovani studenti, ansiosi di avere ogni tipo di risposta possibile ed immaginabile.
    Ma il maestro non aveva fretta di insegnare, ogni cosa al suo momento. La crescita culturale di un bambino appena divenuto ragazzo, non doveva, non poteva prescindere dalla sua maturazione etica e morale.
    Un giorno, coniugando i verbi alla lavagna, ricordo che il mio sguardo si scorse oltre la
    finestra per non più di qualche secondo. Il maestro mi fissò intensamente, poi sorrise e con modi garbati mi prese la mano, mi portò alla finestra e sussurrò: “Cosa vedi al di là della scuola?” Le guance si colorarono all’improvviso, non riuscii nemmeno a rispondere che lui si voltò verso l’intera classe esclamando: “Li fuori ci sono i vostri sogni, non lasciate che vi scappino via. Inseguiteli ogni giorno e correte finché non li avrete raggiunti! Presto allora, tutti fuori!” Uscimmo dalla classe, raggiungemmo il vicino parco comunale. Il maestro volle che ci sedessimo sugli scalini di accesso al parco, poi si avvicinò a noi ragazzi dicendo: “Parlatemi dei vostri sogni, oggi la lezione la facciamo proprio qui”. Che giornata indimenticabile!
    Intanto l’inverno lasciava spazio alla primavera, gli alberi spogli si preparavano ad accogliere i fiori, e noi ragazzi ci avvicinavamo sempre più al termine dell’anno scolastico.

    (continua)

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  88. BAX, UNO DI NOI (seconda parte)

    Il mio ricordo più bello si sofferma sul giorno precedente l’ultima prova. La scuola sembrava stranamente più grande quel giorno, quando calcavamo le scale riuscivamo a sentire perfino lo scuotersi delle nostre suole: il silenzio pervadeva ogni aula.
    La campanella sibilò lievemente quella mattina, quasi volesse accogliere tutti noi per l’ultima volta. Ma il maestro tardava ad arrivare, finché dalla finestra scorgemmo che era fuori l’uscio della scuola. Con la mano sinistra, come sempre, si tolse il cappello e lo sventolò verso di noi: “Scendete ragazzi miei!”.
    Correndo velocemente giù per le scale, in un attimo ci accostammo a lui, che ci abbracciò uno per uno. Al suo fianco un curioso carretto ricolmo di doni. Ogni pacco era uguale all’altro, carta avana e fiocco rosso. Il maestro si avvicinò al carretto per distribuire un
    pacco ad ognuno di noi. Poi ebbe a dire: “Ragazzi miei siamo giunti alla fine dell’anno, domani ci sarà l’esame, dopodiché inizieranno le vostre vacanze. Io voglio salutarvi così, con questo piccolo dono!”
    Finita la scuola, corremmo tutti a casa per aprire quel pacco, perché nessuno riusciva a trattenere la propria curiosità. Sciolto il fiocco, tolto il coperchio…nulla! Il pacco era vuoto, ma sul fondo nascondeva un biglietto su cui vi era scritto: “la scuola vi dona il sapere, ma tocca a voi sfruttarlo per costruire il vostro futuro: vogliate riempire questo pacco con le esperienze che la vita vi porterà”.
    Così venne il giorno dell’esame, ma di paura ed ansia nemmeno l’ombra. Sapevamo che dall’altra parte della scrivania avremmo trovato sempre lui, il nostro maestro.
    Grazie di tutto, maestro Bax!

    ZARLENGA GINA

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  89. LA PROFESSORESSA IDEALE (parte prima).
    Anno dopo anno, crescendo seduto tra i banchi di scuola, ho conosciuto tanti insegnanti e, arrivato a questo punto, in cui mi trovo a studiare per diventare maestro, ho deciso di parlarvi di una professoressa che ho amato per il suo modo di insegnare, educare, relazionarsi e gestire i suoi studenti. Spero vivamente che quando passerò dall’altra parte, in veste d’insegnante, riuscirò a suscitare la stessa curiosità e il medesimo interesse ai bambini seduti al mio posto nei banchi. Frequentando il secondo anno della scuola secondaria di primo grado, nella piccola scuola del mio paese, ho incontrato la professoressa Paola: insegnate di italiano, storia e geografia la quale, inaspettatamente, ha lasciato un segno indelebile nella mia carriera scolastica. Vi statere chiedendo il perché? Il primo giorno di scuola, iniziate le lezioni, ero molto ansioso di conoscere i nuovi professori e rimasi ben presto colpito dal carisma e dalla personalità della professoressa Paola. Appena entrò in classe, prima ancora di essersi presentata, ci fece alzare dai banchi e, prendendo per ognuno di noi una sedia, ci chiese di disporci in cerchio attorno alla cattedra per iniziare le presentazioni. Ricordo chiaramente che fui proprio io il primo a rompere il ghiaccio e, una volta terminato il turno per ognuno dei miei compagni, fu la sua volta. Rammento ancora quella scena: la professoressa si alzò dalla sedia, si mise al centro del cerchio e iniziò a presentarsi e ad illustrarci subito il metodo che avremmo usato per affrontare le lezioni durante l’intero anno scolastico. Notai immediatamente come, in quella situazione, la geografia dell’aula fosse cambiata, riportandomi alla mente i vecchi momenti trascorsi alla scuola dell’infanzia, infatti, in quel attimo, mi sentii protetto e a mio agio proprio come allora. Passati alcuni giorni, dopo esserci conosciuti meglio, mi stupii del modo in cui si svolgevano le lezioni. I primi venti minuti erano dedicati ad un’attività che la professoressa ci aveva proposto, da lei chiamata “telegiornale”, vi interessa sapere di cosa si trattasse? La classe si divideva in gruppi, a seconda delle notizie che avremmo dovuto cercare precedentemente a casa (Cronaca, Storia, Politica, Religione…), per poi avviare un dibattito riguardo ad esse.

    [continua…](ITALO CONTE)

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  90. LA PROFESSORESSA IDEALE (Parte seconda).

    Ricordo con immenso piacere quei momenti, perché, oltre ad essere motivo di stacco dalla solita e noiosa lezione, erano anche occasioni per arricchire il proprio bagaglio culturale, un mix di notizie che portava all’interno della classe la voglia di confrontarsi e discutere su tematiche molto interessanti. Terminata questa prima fase della lezione, i banchi velocemente venivano disposti su un’unica fila dinanzi alla cattedra e la mitica professoressa iniziava la sua spiegazione, coinvolgendoci attivamente. Gli argomenti trattati venivano letti da noi in classe, successivamente venivamo chiamati alla lavagna per elaborare una mappa concettuale che fosse comprensibile a tutti e, in comune accordo, cercavamo sempre di svilupparla al meglio per semplificarci il lavoro di studio a casa. Prima di concludere la lezione, gli ultimi dieci minuti, la situazione in classe si ribaltava: ad uno di noi, che riteneva di aver compreso abbastanza bene l’argomento appena spiegato, veniva chiesto di sedere alla cattedra, al posto della professoressa, per rispiegare brevemente e a proprio modo la lezione. Nel caso in cui la spiegazione fosse stata ritenuta positiva, allo studente sarebbe stato attribuito un segno “+” sul registro, per arrivare a fine anno ad un totale di massimo cinque “+”, che avrebbero comportato l’aggiunta di un voto a quello finale. In caso contrario, se la spiegazione non fosse stata esaustiva, non ci sarebbe stata alcuna punizione o segno negativo. Così facendo, questo meccanismo suscitò in me, ma anche nei miei compagni di classe, una maggiore attenzione durante la spiegazione, favorendo, in questo modo, un semplice lavoro di ripasso a casa, in vista del compito in classe. A tal proposito, esso era strutturato, per storia e geografia, in domande aperte e a risposta multipla, il compito di italiano, invece, consisteva in un tema. Durante quell’anno ci furono importanti cambiamenti, due di questi furono: l’integrazione nella mia classe di uno studente straniero, che suscitò in me grande interesse, e l’installazione della LIM, accanto alla classica lavagna. Non dimenticherò mai la professoressa Paola che è stata e sempre sarà per me un valido esempio.

    Italo Conte

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  91. ‘’ attenti ragazzi! Le scale sono insidiose!’’
    Momento di silenzio e improvvisa risata generale! Fu questo il mio primo incontro con il professore in assoluto più divertente e preparato di tutto il mio percorso scolastico.Primo giorno di scuola, IV ginnasio, esperienza nuovissima, paura di un percorso di studi sicuramente impegnativo, un mix di emozione e tensione che venne improvvisamente spazzata via da quel commento che provocò un’ilarità generale e di conseguenza un rilassamento visibile nei volti e negli animi di tutti. Era la sua prima esperienza nel mio paese, in realtà una delle prime della sua carriera e aveva una gran voglia di fare.Le materie che insegnava erano latino, greco, italiano, storia, geografia e addirittura dal V ginnasio storia dell’arte, questo significava fare lezione con lui anche quattro o cinque ore al giorno ma il tempo passava con una facilità estrema. Era ironico, concreto, attivo, sveglio e molto preparato ma la caratteristica che più mi colpì fu il modo con cui alternava momenti di svago e divertimento, che riteneva fondamentali per l’apprendimento, a momenti di duro lavoro;infatti pretendeva il massimo da noi, nonostante il suo essere così gioviale ed espansivo e sapeva anche come catturare la nostra attenzione coinvolgendoci perennemente durante la lettura con svariati stratagemmi:ad esempio mentre leggeva le tragedie greche ci affidava un personaggio da interpretare oppure modulava la sua voce per interpretare diversi personaggi dei promessi sposi, altro esempio rendeva più leggera la lettura dei classici facendo svariate battute sugli autori più ostici e affermando che non avevano niente di meglio da fare che scrivere sermoni, smorzando così la noia della lezione! Più che studenti durante le sue ore ci sentivamo parte di una grande famiglia nonostante avessimo ben chiara la differenza tra il nostro e il suo ruolo. Ritengo che ognuno di noi abbia una naturale predisposizione e per questo motivo, non solo penso sia fondamentale che l’insegnante sappia riconoscerla, ma anche che sia in grado di valorizzarla;proprio questa era una delle sue più grandi qualità:la capacità d'individuare le diverse attitudini dei suoi alunni e riconoscere i punti di forza e i punti deboli dei suoi alunni.Non eravamo soltanto numeri su un registro per lui ma menti pensanti,ragazzi bisognosi di apprendere ed imparare non solo le nozioni basilari ma anche insegnamenti di vita più profondi.Grazie ai social network e alla sua giovane età tuttora io e i miei ex compagni di percorso siamo in contattato con lui e continuiamo a vedere come il suo modo di fare lezione non sia cambiato e come, a distanza di anni, ci porti ancora tutti nel cuore come, solo chi fa con amore e passione il proprio lavoro,sa fare. Concludo utilizzando la frase di una famosa canzone italiana che lui utilizzava spesso:’’imparo dalle rose il movimento del dare‘’ e aggiungo che ciò che si dà non è mai perso e che la passione che si trasmette torna indietro sotto altre forme. Grazie Prof!......Manzo Costanza

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  92. ‘’ attenti ragazzi! Le scale sono insidiose!’’
    Momento di silenzio e improvvisa risata generale! Fu questo il mio primo incontro con il professore in assoluto più divertente e preparato di tutto il mio percorso scolastico.Primo giorno di scuola, IV ginnasio, esperienza nuovissima, paura di un percorso di studi sicuramente impegnativo, un mix di emozione e tensione che venne improvvisamente spazzata via da quel commento che suscitò grande ilarità e di conseguenza un rilassamento generale visibile nei volti e negli animi di tutti. Era la sua prima esperienza nella mia scuola, in realtà una delle prime della sua carriera e aveva una gran voglia di fare.Le materie che insegnava erano latino, greco, italiano, storia, geografia e addirittura dal V ginnasio storia dell’arte, questo significava fare lezione con lui anche quattro o cinque ore al giorno ma il tempo passava con una facilità estrema. Era ironico, concreto, attivo, sveglio e molto preparato ma la caratteristica che più mi colpì fu il modo con cui alternava momenti di svago e divertimento, che riteneva fondamentali per l’apprendimento, a momenti di duro lavoro;infatti pretendeva il massimo da noi, nonostante il suo modo di essere così gioviale ed espansivo, e sapeva anche come catturare la nostra attenzione coinvolgendoci perennemente durante la lettura con svariati stratagemmi:ad esempio mentre leggeva le tragedie greche ci affidava un personaggio da interpretare oppure modulava la sua voce per interpretare diversi personaggi dei promessi sposi, altro esempio rendeva più leggera la lettura dei classici facendo svariate battute sugli autori più ostici e affermando che non avevano niente di meglio da fare che scrivere sermoni, smorzando così la noia della lezione! Più che studenti durante le sue ore ci sentivamo parte di una grande famiglia nonostante avessimo ben chiara la differenza tra il nostro e il suo ruolo. Ritengo che ognuno di noi abbia una naturale predisposizione e per questo motivo, non solo penso sia fondamentale che l’insegnante sappia riconoscerla, ma anche che sia in grado di valorizzarla;proprio questa era una delle sue più grandi qualità:la capacità d'individuare le diverse attitudini dei suoi alunni e riconoscere i punti di forza e i punti deboli.Non eravamo soltanto numeri su un registro per lui ma menti pensanti,ragazzi bisognosi di apprendere ed imparare non solo le nozioni basilari ma anche insegnamenti di vita più profondi.Grazie ai social network e alla sua giovane età tuttora io e i miei ex compagni di percorso siamo in contattato con lui e continuiamo a vedere come il suo modo di fare lezione non sia cambiato e come, a distanza di anni, ci porti ancora tutti nel cuore come, solo chi fa con amore e passione il proprio lavoro,sa fare. Concludo utilizzando la frase di una famosa canzone italiana che lui utilizzava spesso:’’imparo dalle rose il movimento del dare‘’ e aggiungo che ciò che si dà non è mai perso e che la passione che si trasmette torna indietro sotto altre forme. Grazie Prof!....Manzo Costanza

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  93. Durante il mio percorso scolastico ho incontrato diversi insegnati, tutti con metodi didattici diversi. In particolare mi ha colpito il metodo didattico, ossia il modo di fare lezione, di un professore che ho avuto al quinto anno di liceo. Era un professore di Scienze Umane. Il quinto anno era l’anno della maturità e le condizioni della mia classe sul piano didattico erano pietose a causa di precedenti insegnati. Questo professore arrivó nel mese di febbraio e riuscì con il suo metodo didattico a colmare tutte le lacune che avevano lasciato gli insegnanti precedenti. Egli non si basava molto sul libro, riusciva ad introdurre gli argomenti con una semplice chiacchierata, con un rapporto interattivo con noi, dopo di che ci chiedeva cosa avessimo capito della conversazione. Con noi delineava i contenuti di quella lezione e ci faceva raggiungere obbiettivi in maniera costruttiva. In questo modo l’apprendimento avveniva in classe e a casa c’era bisogno di una semplice ripetizione. Con questo metodo è riuscito in pochissimi mesi a farci appassionare alla sua disciplina d’insegnamento e a farci recuperare tutto il programma che non avevamo fatto in cinque anni. Oltre ad essere un bravissimo insegnante, era anche una persona piena di principi. Cercava di aiutare in tutti i modi i ragazzi bisognosi, di star vicino a ragazzi che avevano problemi famigliari. Trattava tutti allo stesso modo, cosa che magari non facevano altri insegnanti. Ricordo la figura di questo insegnante perché didatticamente mi ha insegnato che un bravo docente non solo deve “sapere”, ma deve comunicare gli argomenti interagendo con gli alunni, nel rispetto delle loro esigenze e dei loro ritmi di apprendimento. Sharon Daniele

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  94. Per questo tema ho deciso di scegliere la donna che mi ha dato le basi per diventare quella che sono oggi "professionalmente" ma soprattutto umanamente. La mia maestra di italiano era una signora sulla cinquantina, dai lineamenti morbidi e dolci. Ciò che mi ha sempre coinvolto nelle sue lezioni era il tono di voce, sempre diverso, adatto alla situazione che si creava. Durante le sue ore di lezione, le regole basilari riguardanti la grammatica italiana ci venivano proposte attraverso filastrocche che tutt'oggi rimangono scolpite nella mia mente, e perché no, anche nel mio cuore. Puntava molto sull'espressione nella lettura, per questo una volta a settimana, durante il terzo anno di scuola primaria, ci leggeva un capitolo della favola di Pinocchio, così da farci capire l'espressione che dovevamo mettere in ogni frase letta, ci ripeteva sempre, che anche le virgole dovevano essere lette con espressione. In quarta e in quinta elementare ci ha fatto comprare una raccolta di favole di Esopo, che dovevamo leggere in classe;in base all'espressione messa nella lettura ci dava un giudizio in + o -. Un altro particolare che ricordo alla perfezione è il modo che utilizzava per richiamarci sull'attenti quando si iniziava a fare confusione, si alzava, si metteva a braccia conserte, e poi con la mano faceva il simbolo del 3, che indicava i secondi che avevamo per risistemare, dunque senza né parlare, né gridare in un attimo calava il silenzio. Ha sempre tenuto al rispetto per chiunque altro, cercava di sensibilizzarci all'aiuto, alla collaborazione e al rispetto delle differenze con il fine di educarci a considerare pluralità e diversità come valori da difendere e coltivare. Nel vedermi ad insegnare, un giorno in una classe, specialmente se multiculturale, ci sarebbe sicuramente l'influsso dell'indimenticabile maestra Marisa.
    Miriam Musacchio

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  95. >Ripercorrendo la mia carriera scolastica non faccio altro che pensare ad alcune vicende capitatemi durante il corso degli anni, ma soprattutto ai vari insegnanti che hanno segnato, negativamente o positivamente, la mia vita. Essendo io una persona che si fa prendere dall’ ansia facilmente, erano molti i docenti di cui avevo una sorta di timore tranne quei due o tre che sono riusciti a farmi cambiare idea sulla scuola e su chi, in un certo modo, la gestiva. La persona che più mi ha colpito però, si trova proprio all’ inizio della mia esperienza, alle elementari. Ricordo ancora benissimo la mia maestra che trattava quasi tutte le materie e quindi passava con noi davvero 5 o 6 ore al giorno. Il suo aspetto fisico non tradiva la sua indole. Era bassina, infondeva in noi un senso di tranquillità, infatti è l’unico periodo, questo in cui ero felice di andare a scuola. Oltre alla persona stessa la cosa che mi piaceva particolarmente era proprio il modo in cui ci faceva lavorare riuscendo, a fine anno, a portarci tutti allo stesso livello. Facevamo tanti lavori di gruppo, come famosi “lavoretti” per le varie festività.
    Penso che nella mia classe abbiamo provato tutte le combinazioni di banchi possibili. Per un periodo siamo stati a ferro di cavallo, un altro a gruppi di due, un altro ancora a file molto lunghe. Cambiavamo quasi ogni settimana compagno di banco così da favorire la socializzazione e cercare di creare un ambiente ancora più confortevole. Un’ultima cosa che ricordo e mi colpì particolarmente fu un cartellone, non uno dei tanti che avevamo pazientemente creato in classe, ma una sorta di tabella dove erano segnati tutti i nostri nomi. La maestra aveva a disposizione tre diverse faccine (felice,normale,arrabbiata) per ognuno, con le quali ogni giorno “valutava” la nostra lettura e il comportamento. Questa cosa ci spronava a migliorare e a credere in noi stessi. Ringrazio tanto la maestra per essere diventata il mio punto di riferimento, l’esempio concreto che la scuola può essere un luogo meraviglioso dove imparare a vivere.
    Giulia Gaeta

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  96. Durante tutti questi anni scolatici ho avuto a che fare con la maggior parte di insegnanti che amavano il loro mestiere e la disciplina che stavano insegnando, trasmettendomi cosi la passione di esse. Allo stesso tempo pero ho incontrato anche insegnanti che hanno creato nei miei confronti un attegiamento di sfida, facendo si che anche io mi mettessi in sfida con loro studiando e approfondendo ancora di più le loro materie. Ma l’insegnante che ha lasciato in me un’impronta positiva è la mia professoressa di liceo di storia e filosofia A.M.. Lei non ha ricevuto dalla mia classe un buon benvenuto, forse perchè troppo immaturi per capire da subito la sua immensa bontà e passione nel fare le cose. Fortunatamente lei è stata versatile e capace di acquisire la nostra stima e rispetto. Le sue interrogazioni non avevano per niente un clima teso, anzi esse iniziavano con il parlare del più e del meno eliminando anche quella minima tensione. Oltre a ciò le interrogazioni avvenivano alla cattedra face to face creando un contatto visivo e di conseguenza di fiducia. Lei oltre ad essere stata la nostra insegnante è stata anche una nostra amica, confidente,mamma,psicologa perché si era arrivato al punto che con lei si poteva parlare e confidare di tutto anche situazioni di vita privata. Ci ha sempre dato consigli e suggerimenti positivi e istruttivi facendoci così crescere e soprattutto lei è stata l’unica che ha sempre creduto in noi . Questa cosa ha portato a creare un vero e proprio rapporto di fiducia nei suoi confronti. Nel momento in cui noi avevamo bisogno di maggiori consigli, e le mura della scuola avevano troppe orecchie e troppi occhi, lei ci invitava a casa sua davanti a un caffe e una sigaretta per poter parlare meglio, senza quell’atteggiamento troppo formale che si deve mantenere tra alunno-insegnante. Anche adesso so che lei è un punto di riferimento e che se avessi bisogno di un consiglio lei ci sarebbe. Ma la cosa che mi ha colpito e che mi è piaciuta di questo rapporto extrascolastico è che lei non si è mai fatta condizionare dal punto di vista valutativo di un compito o interrogazione, ognuno aveva ciò che si meritava anche se il giorno prima eravamo a casa sua con un caffe davanti. La cosa che ha saputo fare quindi è stata ASCOLTARE ognuno di noi senza fermarsi alle apparenze e ai giudizi degli altri, ma soprattutto per noi ha assunto un punto di riferimento, ci ha sempre ascoltati anche quando magari non era giornata o quando non stava passando un bel periodo. Mi ha fatto così tanto appassionare alla sua materia (filosofia) da decidere di scegliere una facoltà umanistica e abbandonare le materie scientifiche che sono state di pane quotidiano per 5 lunghi anni. E’ stata anche fonte di ispirazione, poiché un giorno anche io vorrei essere un insegnate come lei ,dove sia in grado di trasmettere l’amore della mia disciplina ma soprattutto l’amore per la vita e la forza di non mollare mai. Grazie prof per questi anni la porterò sempre nel cuore..
    Rosaria Repola

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  97. Durante il mio percorso di studi ho conosciuto molte insegnanti che hanno contribuito alla mia formazione scolastica e umana. Con tutte ho instaurato un ottimo rapporto ma in particolare voglio soffermarmi a descrivere una professoressa conosciuta durante gli anni del liceo. Ho frequentato il liceo classico, ed è proprio al quarto anno che ho conosciuto un’insegnante che porterò sempre nel mio cuore. È rimasta con noi un solo anno, ma è bastato per aver dato un contributo sia formativo che umano a tutta la classe. All’apparenza una professoressa molto severa, insegnava greco ed era molto rigida, pretendeva che svolgessimo i compiti utilizzando il suo metodo che per noi era totalmente nuovo. Ogni giorno controllava i nostri quaderni per accertarsi dello svolgimento dei compiti pomeridiani e tutti i giorni faceva della domande sulla lezione precedente per verificare il nostro studio e la nostra preparazione. All’inizio la classe si è trovata in difficoltà poiché non era abituata ad uno studio cosi costante, infatti spesso si finiva con lo studiare solo ai fini dell’interrogazione. Ogni giorno che passava, la nuova professoressa, controllava i nostri compiti e pian piano tutta la classe cominciava ad adeguarsi al suo metodo. Io inizialmente non ero affatto contenta, ma con il passare del tempo, notavo la soddisfazione della professoressa nel vedere un quaderno ordinato, quando ci poneva le domande e constatava che la classe mostrava interesse e partecipazione alle lezione ci elogiava motivandoci a studiare sempre di più. La nostra classe cosi è migliorata sul punto scolastico ma anche sul punto di vista affettivo-relazionale, perché si era venuto a creare un rapporto di fiducia e rispetto con l’insegnante. Eravamo tutti molto appassionati alle sue lezioni, che ci risultavano ricche e molto interessanti e denotavano una sua grande preparazione culturale. Lei è stata la professoressa che mi ha fatto appassionare alla letteratura greca e per questo la indico come un esempio di insegnante e modello da seguire.
    Raffaella Ramundo

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  98. Durante il mio percorso di studio ho avuto la fortuna di incontrare sempre o quasi sempre insegnanti preparati anche se non tutti in grado di trasmettere il proprio sapere agli studenti.
    Tra i tanti conosciuti, ho un ottimo ricordo della professoressa di diritto delle scuole superiori che, con il suo metodo “motivante” , ha suscitato in me interesse per la sua materia e non solo.
    Infatti, fino ad allora, non avevo particolari motivazioni e non sapevo quale sarebbe stata la mia strada. Mi recavo a scuola solo per obbligo e dovere. Con il suo arrivo tutto finalmente è cambiato: è cresciuto in me un interesse per la sua materia e quindi per il diritto ..tant’è che terminata la scuola, mi sono iscritto alla facoltà di giurisprudenza.
    Una professoressa ed una donna di grande umiltà capace di capire i problemi di ogni singolo studente. In particolare, però, quello che più amavo di lei e che la contraddistingueva dagli altri professori, era il suo metodo: non si adattava a schemi standard , non si limitava a dispensare il suo sapere in maniera tradizionale ( l’insegnante spiega e lo studente ascolta e assorbe) ma escogitava ogni volta che avevamo lezione nuove metodiche atte a stimolare l’attenzione. Nelle specifico, nelle sue lezioni stimolava la discussione e il confronto chiedendo a ciascuno di esprimere la propria idea, prendere posizione circa un argomento e spiegare il proprio punto di vista.
    Ricordo con piacere una bellissima frase che ripeteva sempre e che mi torna spesso in mente : “insegnerò ad ogni mio alunno che la cultura è uno scudo ma il pensiero critico e le conquiste personali sono la vera libertà”.
    Un insegnante sicuramente da imitare. E se oggi sono quello che sono lo devo anche a lei. Non la dimenticherò mai .Valerio Palladino

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  99. Tema: “L’insegnante di cui conservo ancora un ricordo positivo”

    Durante il mio percorso scolastico ho conosciuto molti insegnanti, ma uno in particolar modo ha saputo farmi comprendere a fondo l’importanza della scuola e il prestigioso valore che ha sia come agenzia formativa e sia come agenzia di socializzazione : il Professore di Scienze Sociali. Era un professore molto temuto nella scuola, per il suo modo autoritario di rapportarsi agli studenti e perché, all'interno dell’istituto svolgeva il ruolo di vicepreside. Lui era poco tollerabile alla mancanza di rispetto delle regole! Quello che per tutti era il professore più severo e temuto della scuola, ai miei occhi apparve, invece, una persona schietta, precisa, sincera e istruita. In me non suscitava timore, ansia o preoccupazione, anzi quel suo modo di fare mi spingeva ad impegnarmi, a responsabilizzarmi e a credere nel percorso di studi che avevo intrapreso. Quando entrava in classe poteva parlare ore ed ore che non mi sarei mai annoiata! Durante le sue lezioni ero affascinata dalla dialettica con la quale ci esprimeva i concetti e di come era in grado di esplicare materie non semplici, con estrema facilità. Nel corso della lezione il professore dedicava i primi quaranta minuti alla spiegazione di un argomento e gli ultimi minuti erano utilizzati per ripercorrere insieme a noi alunni, i temi trattati, cosicché capisse ciò, che da noi era stato compreso. La passione e l’amore con le quali ci insegnava, traspariva durante le sue lezioni e sollecitavano in me un forte stimolo a voler conoscere e ad apprendere. Ero sempre più curiosa! Il professore spiegava i concetti in modo sintetico, chiaro e preciso, era interessato a farci apprendere in modo lineare, uniforme ed essenziale i concetti chiave delle teorie trattate. Utilizzavamo le mappe concettuali e qualche volta guardavamo delle videocassette di documentari con cui approfondivamo i concetti trattati in classe. Le mappe concettuali mi aiutavano a creare dei collegamenti, associazioni e fare delle distinzione fra una teoria ed un’altra. Invece mediante la visione dei documentari potevo apprendere a pieno, determinati fenomeni che caratterizzano la società. Il modo di fare e il metodo di insegnamento del professore hanno creato in me un interesse che andava al di là del compito dato per casa, non mi fermavo alla paginetta assegnata, ma approfondivo l’argomento dato. La curiosità di conoscere e di apprendere tale materia ha fatto si che mi avvicinassi al mondo sociale e umanitario. Il professore mi ha accompagnato solo per due anni di liceo, che peccato! Il suo ricordo e le nozioni che mi ha insegnato le conserverò per sempre nel libro della mia vita.

    Annalisa Tirabasso.

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  100. Raccontare di un insegnante di cui ancora conservo un ricordo positivo. Questa era la consegna.
    La mia mente viaggiava, però insisteva e mi diceva: nessuno è stato capace di lasciartene uno. Stavo pensando e ripensando, mi chiedevo quale insegnante avesse avuto questo “potere”, purtroppo nessuno di loro, finché mi ritrovai una donna dall’aspetto autorevole, freddo e un abbigliamento piuttosto datato per essere gli anni 2000. Un’insegnante che a prima vista verrebbe da pensare: “oh ! Questa ci farà studiare come matti”… invece entrò in classe e fu tutt'altro.
    Non si sedette, anzi, rimase in piedi e inizio a presentarsi, con un tono di voce quasi familiare, caldo. Nella sua presentazione mi colpirono delle frasi, che cambiarono all’istante l’idea che mi ero fatta di lei. “Ragazzi, i miei obiettivi saranno questi, cercherò in tutti modi di portarvi a questo livello di conoscenza della mia materia, non perché dobbiate prendere tutti 10, ma voglio che ognuno di voi, alla fine del percorso di studio, ricorderà qualcosa, qualcosa che porterà con sé per tutta la vita. Continuava a parlare, di come avrebbe organizzato il lavoro, i temi trattati e così le interrogazioni. Al suono di quest’ultima parola, rabbrividi, ma ben presto, l’insegnante ci tranquillizzò. “Ragazzi non continuate a pensare al mio giudizio, bensì cercate di impegnarvi e ascoltarmi, il resto verrà da sé. Vi appassionerete da soli, sarete voi a documentarvi e interessarvi a ciò che dico.. Non avrete bisogno di passare pomeriggi interi davanti i libri della mia materia”.
    C’era una cosa che ancora non capivo, quale materia trattava?. Ad un tratto si interruppe, accese il computer, poco dopo la lavagna interattiva, in poco tempo tutto pronto per iniziare la lezione. Non capii nulla, ma apparve sulla lavagna, una slide: rosa, rosae, rosae… pensai, oh finalmente! È l’insegnante di latino. Ecco!
    Ma ad un tratto sentii chiamarmi. Veronica Veronica ma non mi stai ascoltando! Ed io: Sì ti sto ascoltando!

    In realtà non era vero, stavo fantasticando su quale poteva essere un insegnante da ricordare e sotto gli occhi leggo racconti di altri studenti che hanno avuto la fortuna di avere una guida.
    A mio parere, nessuna maestra-insegnante di qualsiasi grado, ha veramente lasciato un ricordo positivo in me. Soltanto ricordi spezzettati qua e là, ma senza poter dire: si posso prendere spunto da …!
    Ricordo solo insegnanti che aprivano i loro registri, interrogavano, inserivano voti come fosse un gioco, riempivano le caselle con voti alti e bassi, il giorno dopo spiegavano e avevano terminato il loro compito. La lezione era incentrata sull’insegnante che spiegava, assegnava le pagine e noi dovevamo ascoltare. E i lavori di gruppo cosa sono? Capitava qualche volta che venisse un “Estraneo” a far lezione. Neppure progetti si organizzavano. Era veramente noioso e di conseguenza si perdeva l’attenzione, scarso interesse per la materia, zero motivazione. Si studiava soltanto per prendere un voto ed essere promossi a fine anno. L’interrogazione era fatta in piedi a meta tra la cattedra e la lavagna, libri tutti chiusi, non sia mai che qualcuno suggerisse. Non mi è stato mai insegnato un metodo, ho cercato di imparare da sola e soprattutto scegliere cosa mi piaceva e cosa no. E oggi mi chiedo: mi è rimasto qualcosa?
    Ripensandoci… Forse non è un caso se ho scelto questo percorso? Magari vorrei poter “fare e “dare” quello che non ho avuto io nel mio percorso educativo? O forse perché ho voluto seguire i passi di mia madre? Beh allora AD MAIORA!
    Veronica L.

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    Risposte
    1. (Ci sono alcuni errori di battuta, chiedo venia)

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  101. Fabiana si guardava allo specchio mentre la madre le finiva di sistemare i capelli raccolti in due lunghe trecce strette alle estremità da due piccole farfalle. Mentre faceva colazione Chiara controllò il contenuto del suo astuccio assicurandosi che tutto fosse in ordine. Francesco, ancora in pigiama, indossò il suo nuovo zaino e guardò il papà dicendo – Andiamo? - sentiva di avere tutti i poteri dei supereroi che portava sulle spalle. Prima di uscire Simone guardò nostalgico i suoi giochi dispersi in ogni angolo della sua camera; da mesi ormai, da ogni dove gli veniva detto – Oh, andrai alla scuola dei grandi! – infilò allora di sottecchi nella tasca del grembiule un modellino Burago, la macchinina che piaceva anche al papà e che lo zio addirittura gli disse avrebbe comprato, come la sua, ma vera e grande. E mentre Lorella procedeva saltellando, Martina teneva stretta la mano della Madre. Michele ascoltò le ultime raccomandazione dei nonni e tutti furono in classe.
    La Maestra Tilde, ferma sull’uscio dell’aula, ascoltò prima il suo cuore, fece poi un profondo respiro e, infine, con un sorriso che le illuminava tutto il volto, varcò la soglia. I suoi occhi incrociarono, ad uno ad uno, gli sguardi interrogativi e perplessi di ogni bambino che, all’istante, smisero tutte le loro faccende e chiacchiericci. Avanzò a passi lunghi ed eleganti distendendo le braccia come volesse abbracciare tutta la classe e, mentre percorreva in lungo e in largo l’aula, raccontava di sé, di quanto era felice di essere la nostra insegnante, di quante mille e mille cose meravigliose avremmo fatto insieme, e venti teste e venti paia di occhi seguivano incantati la sua danza tra i banchi ascoltando parole ora scandite, ora bisbigliate, ora trascinate, che tutti potessero toccarle, alcune sgocciolate, come un invito ad assaporarle, lentamente.
    Di tanto in tanto, incuriosita o attratta da un particolare, interrompeva il flusso delle sue parole per rivolgerci domande, fare considerazioni, elogiare complimenti e lo faceva avvicinandosi ad ognuno. A Fabiana disse che le sue trecce erano veramente belle. Posò una mano sull’astuccio di Chiara con l’attenzione di chi stava toccando uno scrigno. Chiese a Francesco se conosceva i nomi di tutti i supereroi raffigurati sul suo zaino. Simone le mostrò quello che aveva nascosto nella tasca del grembiule raccontandole dello zio che ne avrebbe comprata una identica e vera. Lorella fu la prima ad alzarsi quando la maestra chiese a tutti di spostare i banchi in fondo all’aula. Martina le sorrise quando le diede tra le mani un enorme gomitolo di lana rossa che lanciò a Riccardo, che finì dall’altra parte del perimetro tra le gambe di Gabriele per poi tornare in parabola sulla testa di Monica e, mentre ad ogni lancio ognuno scandiva il suo nome, chi riceveva il gomitolo lo ripeteva e ne annunciava un altro. A ogni passaggio l’intreccio al centro dell’aula si ingarbugliava sempre più finché finimmo tutti per essere uniti, gli uni agli altri, da un sottile filo di lana rossa. La Maestra Tilde, impigliata nel centro della rete iniziò a roteare, noi la seguimmo e, giravolta dopo giravolta, finimmo tutti catturati in un’unica grande e divertente matassa di braccia, sorrisi e mani.
    Pensai che la scuola era bella, che la maestra Tilde era bella. Quel pomeriggio a casa colorai di giallo e scrissi il mio nome su quello che sembrava essere un enorme chicco di riso o un occhio o, chissà, un uovo, consegnatoci come primissimo compito per casa. L’indomani scoprimmo che ognuno era il petalo di un enorme girasole e che, quel girasole, eravamo noi, la nostra classe…

    Marialuisa Fantilli

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  102. C’ERA UNA VOLTA… ANZI, C’È ANCORA… DENTRO DI ME.

    Era il secondo o il terzo giorno di scuola del terzo anno del liceo scientifico, quando fece il suo ingresso il nuovo insegnante di lettere, “l’omozigote” di Karl… sì, proprio lui! KARL MARX!
    Entrò a piè veloce e a passo lungo, notai subito il suo aspetto informale, aveva dei pantaloni di colore marrone in velluto a costine, giacca beige e camicia senza cravatta. La barba era tondeggiante, lunga, folta e poco curata.
    Sembrava saltato fuori dal dipinto del Pellizza: IL QUARTO STATO. Nonostante il suo aspetto, aveva inciso un sorriso smagliante, gli occhi erano sereni e sembrava avere un modo di fare molto amicale.
    Pur conoscendo i nostri cognomi ci chiamava sempre per nome, mostrando ogni giorno empaticamente tanta attenzione verso noi alunni tant’è che prima di iniziare le lezioni era solito avvicinarsi e, con una pacca sulla spalla, chiedeva qualcosa riguardante il weekend trascorso, lo stato d’animo, le difficoltà incontrate durante lo studio, ecc…
    Quanto alle lezioni, non era il solito docente seduto in cattedra per due ore, tutt’altro! Non ho visto mai il prof. seduto, se non durante la compilazione del registro. Girava in continuazione tra i banchi, gesticolava, si animava, si emozionava, quasi come un attore di teatro. In questa maniera ci coinvolgeva continuamente e riusciva perfettamente a tenere il controllo della classe.
    Ricordo che il primo giorno non si mise neanche a spiegare i contenuti del programma, ma parlò di attualità evidenziando le problematiche sociali e politiche di quel momento.
    Successivamente durante le lezioni alternava momenti di letteratura italiana e/o latina, collegandoli sapientemente con problematiche concrete quali la scuola, la politica, l’educazione civica, il diritto, operando parallelismi tra Catone il Censore, Dante, Manzoni e i politici in carica, così da rendere sempre attuali i contenuti delle discipline.
    Inoltre, una volta a settimana portava i suoi giornali preferiti (IL MANIFESTO o LIBERAZIONE), ma ci invitava a portare altri giornali per confrontare gli articoli in modo critico e cogliere i differenti punti di vista.
    Quanto al metodo valutativo ricordo che non vi fu mai una vera e propria interrogazione tradizionale, ma effettuava delle discussioni in cui ognuno esprimeva liberamente il proprio pensiero, in tal modo anche i meno volenterosi riuscivano comunque ad apprendere dai compagni più diligenti.
    A proposito, mentre imbastivo questo racconto, ricordo di aver portato in diverse occasioni la videocamera per riprendere, con il consenso del docente, le bellissime lezioni e le discussioni, che conservo ancora gelosamente.
    Grazie alla sua didattica e al suo modo di essere, anche nei momenti di svago tra noi ragazzi si aprivano spontaneamente discussioni su questioni sociali, politiche, economiche, che prima erano completamente snobbate o addirittura ignorate.
    In conclusione, posso affermare che questa esperienza ha modificato il mio modo (ma anche dei miei compagni) di percepire la scuola, la società e la famiglia, regalandomi una forte motivazione e un grande entusiasmo anche nei confronti delle altre discipline.
    Ed oggi, alla luce dei primi insegnamenti dei docenti di Scienze della Formazione Primaria, sono ancor più convinto della validità del metodo di insegnamento del professore di cui conservo un (video)ricordo indelebile.

    Luciano TAMMARO

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  103. Tante sono le persone che ho incontrato durante il percorso scolastico, in tutti gli anni della mia formazione, ma nonostante ciò mi risulta difficile individuare tra queste un’insegnante che abbia lasciato in me un ricordo tanto positivo da considerarne un esempio da cui partire. Ognuno di loro, inconsapevolmente, mi ha lasciato qualcosa; c’è, ad esempio, chi mi ha trasmesso l’amore per la letteratura e l’arte e chi mi ha allontanato totalmente dall’”universo dei numeri”. C’è chi ha fortemente sottolineato le mie qualità e i miei punti forza e chi al contrario ha rimarcato i miei insuccessi. Conservo pochi ricordi riferiti allo stile personale degli insegnati che ho incontrato ,ma ho solo ricordi rispetto alla mia performance scolastica delle varie materie studiate negli anni. I ricordi che conservo della scuola dell’infanzia sono tutti legati ai momenti di gioco libero con i miei compagni ; le attività didattiche erano poche se non quelle legate alle varie manifestazioni di fine anno o ai lavoretti orgogliosamente portati a casa . Ho avuto, per tutti gli anni della scuola primaria , un unico maestro che mi ha insegnato a leggere, a scrivere , a fare i primi calcoli ed apprendere le prime nozioni ma ho sempre sentito la sua poca empatia e la sua incapacità a vederci prima come dei bambini che degli alunni a cui insegnare. Gli anni della formazione successiva si sono svolti tutti intorno alla performance individuale, colpa sicuramente del microcontesto scolastico in cui mi sono mossa, e poco è stata l’attenzione all’alunno come persona fatta di emozioni, pensieri e stile personale . Ho avuto però , al tempo stesso, la fortuna di rapportarmi con insegnanti con un grande bagaglio culturale . Sono ritornata nelle scuole dopo anni e in una veste diversa. Ho lavorato con ragazzi adolescenti, proprio nello stesso mio liceo, e mi sono inchinata al mondo dei più piccoli lavorando solo con la mia la parte “Bambina” quella fatta di sorrisi e giochi e poche parole . Io non so che insegnate potrò essere ma credo che insegnare sia qualcosa di più di una semplice professione. Richiede competenza specifica e disciplinare, capacità di interagire con gli altri ,capacità di comunicazione non solo verbale e soprattutto di "sentire le emozioni degli altri ".Docente si diventa giorno dopo giorno, senza sosta, sempre. Non esiste il docente ideale e perfetto: insegnanti si diventa, costruendosi un ruolo che tenga sempre presente l’umanità della persona e che faccia degli errori uno stimolo sia per la sua crescita professionale sia per la crescita degli alunni.
    Giovanna Polzella

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  104. Sbircio i racconti dei miei colleghi, cerco tra i ricordi, penso e ripenso... E niente, non riesco a ricordare un insegnante di cui possa dire "quello sì che era bravo".
    Ho fatto la scuola materna dalle suore, i miei ricordi sono legati quasi esclusivamente alle giornate nel cortile a litigare per l'altalena e alle urla di suor Teresina che veniva a calmarci.
    Delle elementari ricordo solo la maestra di italiano e non posso dire che sia un ricordo piacevole. Con gli occhi della bimba che ero, all'epoca vedevo solo una specie di orco che cercava di sottometterci alla sua volontà. Con il tempo l'ho rivalutata, c'è comunque un legame affettivo e ammetto che la mia classe è venuta fuori dalle elementari molto più preparata rispetto alle altre. Ma i suoi metodi erano quelli degli insegnanti di un'altra epoca: se non sapevi la lettura "a campanella" andavi dritto in un angolo in ginocchio e ci rimanevi per ore, se sbagliavi il dettato una tirata di orecchie non te la toglieva nessuno, se il banchetto usciva fuori dai segnetti che ne delimitavano i confini dovevi pagare una multa di 500 lire. Le femminucce con i capelli sempre legati, lo zaino piegato e riposto sotto il banco per non creare disordine, il fiocco rosso inamidato sul grembiule, i cappotti fuori dalla classe e la ricreazione seduti ognuno al proprio posto. In quarta elementare mi feci venire un mal di pancia così forte che mi portarono in ospedale, solo per non andare ad una gita in cui lei era l'accompagnatrice. Quasi un incubo.
    Delle medie niente, buoni insegnanti ma niente di speciale. Mi vergogno ad ammettere che ricordo a stento il nome di qualcuno di loro.
    Alle superiori stessa storia, tutti bravi, chi più chi meno, ma nessuno che andasse al di là del semplice rapporto insegnante-studente. Forse il prof di filosofia... Ma odiavo la sua materia, e quindi, nemmeno lui entra nella lista.
    Sono dovuta arrivare all'università per trovare qualcuno che fossi fiera di chiamare "il mio prof". Lezione di anatomia, aula magna, luci spente e 300 ragazzi che trattengono il respiro mentre lui ci dice di chiudere gli occhi e di ascoltare il suono più bello del mondo, il battito del cuore. Non fu tanto quella registrazione ad impressionarmi, quanto il piacere e l'amore che lui provava per quella materia, la passione che traspariva dalle sue parole e quello che si inventava ogni volta per sorprendere e rendere interessante un argomento piuttosto complesso.
    Ecco, quelle erano lezioni che non vedevo l'ora di seguire. E questo ovviamente grazie a lui. Che poi all'esame si rivelò non molto comprensivo, anzi piuttosto intransigente, ma vabbè, questa è un'altra storia.
    C'è però un insegnante che mi ha lasciato un buon ricordo, ed è solo per puro caso che sia mio padre. Probabilmente ho odiato la filosofia e la storia perché erano le sue materie, mi buttavo sui numeri perché erano l'opposto delle lettere che tanto amava lui, eppure, quando avevo un'interrogazione andavo a bussare alla porta del suo studio. Certo, se gli chiedevo della seconda guerra mondiale lui partiva dalla discesa dei longobardi in Italia, però era talmente bello stare lì ad ascoltarlo che le ore passavano senza accorgermene. Era tutto un racconto, gli aneddoti, i segreti svelati, le motivazioni nascoste... Odiavo la storia ma adoravo quando era lui a raccontarla.
    Chi lo ha avuto come insegnante aveva le mie stesse sensazioni, proprio come per Tajana, il mio professore di anatomia.
    E quello che ho capito da loro è che bisogna amare quello che si fa.
    Che sia spiegare la fisica quantistica ai futuri ingegneri o il gioco dell'oca ai bambini dell'asilo, ci deve essere passione. Questo è il segreto.

    Cinzia Petriella

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