Tra treni ed ospedali in cui mi trovo a transitare in questi giorni sono riuscito a leggere il libretto di Giovanni Pozzi, studioso di storia della letteratura e di mistica medioevale, intitolato Tacet (Adelphi, Milano 2013). Il tema del silenzio viene affrontato con osservazioni di grande interesse sulla capacità di ascoltare, sul leggere, e sul libro (con una delle più intriganti critiche alla scrittura digitale che mi sia capitato di incontrare).
Riporto solo qualche passaggio:
"Per ascoltare occorre tacere. Non soltanto attenersi a un silenzio fisico che non interrompa il discorso altrui [...], ma a un silenzio interiore, ossia un atteggiamento tutto rivolto ad accogliere la parola altrui. Bisogna far tacere il lavorio del proprio pensiero, sedare l'irrequietezza del cuore, il tumulto dei fastidi, ogni sorta di distrazione. Nulla come l'ascolto, il vero ascolto, ci può far capire la correlazione tra il silenzio e la parola" (pp. 20-21).
"L'apice del silenzio di ascolto si ha quando la parola stessa si presenta silenziosa senza perdere alcunché della vitalità: nella lettura" (p. 23).
"il libro, deposito della memoria, antidoto al caos dell'oblio, dove la parola giace, ma insonne, pronta farsi incontro con passo silenzioso a chi la sollecita. Amico discretissimo, il libro non è petulante, risponde solo se richiesto, non urge oltre quando gli si chiede una sosta. Colmo di parole, tace" (p. 42).
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