domenica 10 ottobre 2010

Scrittura, oralità ed immagini tra Simone e Florenskij

Rileggendo quanto scritto da Pavel Florenskij (Le porte regali. Saggio sull'icona, a cura di Elémire Zolla, Milano, Adelphi 2002), mi è venuto in mente un parallelo con la tesi di Raffaele Simone (La terza fase. forme di sapere che stiamo perdendo, Roma-Bari, Laterza 2000) che sostiene, dopo l'invenzione della scrittura e della stampa, l'affermarsi di una terza fase in cui, rispetto alla tradizione culturale del testo a stampa, l'immagine è centrale. Certamente Florenskij, come cristiano ordodosso, è stato testimone di una religione e di una cultura che ha sostenuto come poche altre l'importanza dell'immagine e comunque il suo discorso non verte sull'immagine in quanto tale ma su un particolare tipo di immagine... tuttavia l'icona viene messa sullo stesso piano della comunicazione orale (c'è una "equivalenza dell'icona e della predicazione: la pittura d'icone per gli occhi è come la parola per le orecchie", p. 175) e del testo scritto (p. 95). E, se ammette che "le icone sono gli annunci della verità a chiunque, perfino all'analfabeta, mentre gli scritti teologici sono accessibili a pochi e perciò meno responsabili" (p. 84), è anche vero che chi dipinge icone sta "filosofando con il pennello" (p. 174). Per quanto si parli testi ed immagini sacre il parallelo è interessante: la risposta di Simone potrebbe consistere nel sottolineare che la sua è una ricostruzione interna alla storia della cultura occidentale...

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