martedì 25 novembre 2014

Raccontare ancora di un insegnante...

Per le studentesse e gli studenti del corso di Didattica Generale dell'anno accademico 2014-2015

Ne abbiamo parlato a lezione...propongo anche in questo anno una attività che credo importante (e anche con qualche utile ricaduta...). Come avevamo concordato inserisco un post con cui vi invito a narrare di uno dei tanti insegnanti che avete conosciuto. 
Nella vostra storia di studenti avete avuto modo di incontrare e lavorare con una molteplicità di maestre/i, professoresse e professori. Sono personalmente convinto, ma potrei argomentarlo, che avete elaborato a partire dalle vostre esperienze, in modo più o meno consapevole, una visione dell'insegnamento e che tale visione sia, come criterio guida per la vostra futura professione, molto più efficace ed incisiva di certe forme di conoscenza delle teorie/metodologie didattiche. Allora vi invito a raccontare, ripensando alle vostre esperienze di studenti, di quell'insegnante (non importa se l'incontro è avvenuto alle elementari o alle superiori) di cui conservate ancora oggi un ricordo positivo? Perché, tra i tanti conosciuti, ricordate proprio lui? Come insegnava? 
Come scadenza per l'inserimento dei commenti, indicherei la data del 7 dicembre. Può andare?

71 commenti:

  1. Pensando a tutti i docenti che mi hanno accompagnata nel mio percorso di studio, la professoressa di italiano (nonché vicepreside del mio istituto) dei cinque anni della scuola superiore è colei che, tra tutti, ha catturato maggiormente la mia attenzione e mi ha proiettata verso lo studio interessato e costante della sua materia. Quelli delle superiori sono anni particolari: l’ ingresso in un nuovo ambiente (venendo dalla scuola media), lo studio che si fa sempre più pesante (di anno in anno), nuove difficoltà, decisioni e responsabilità da fronteggiare e la preparazione agli esami di stato. Infine, la scelta più ardua: cosa fare dopo la maturità. Ebbene, in tutte le suddette situazioni, caratteristiche del percorso scolastico superiore, lei era presente e pronta a sostenere me e la mia classe. Donna elegante e dalla cultura sconfinata, in particolare nella sua materia, la prof. da subito ha conquistato l’ attenzione di tutti e ha saputo gestire la classe e le varie dinamiche, attentamente. La sua severità era accompagnata alla professionalità attraverso cui svolgeva il suo lavoro: si mostrava seria ma anche scherzosa infatti non mancavano momenti di sfogo in cui ascoltava ciò che avevamo da dire e cosa, in certe occasioni, ci turbava. Quindi, si mostrava anche molto comprensiva. Poiché dotata di grande sapere, ascoltare le sue lezioni sulla storia della letteratura italiana era un piacere: ciò che più mi affascinava era il suo modo di spiegare, con parole ricercate, in modo preciso e senza tralasciare alcun particolare e facendo sì che nessuno restasse indietro, portando, quindi, tutti allo stesso livello di preparazione. Un altro elemento di grande aiuto era il fatto che ripetesse molte volte dei concetti già spiegati per far sì che fosse chiaro ogni singolo passaggio delle sue lezioni e questo elemento aiutava molto me e la classe ad interiorizzare certi concetti. Nel dare un voto ad uno studente si mostrava obbiettiva e non provocava nessun malcontento in coloro che venivano giudicati alla cattedra. Inoltre, elemento non ultimo per importanza, anzi, teneva molto a formare studenti che sapessero argomentare in merito ad un certo tema e che, in generale, sapessero parlare e interloquire con chi avessero di fronte, non servendosi solo del linguaggio gergale che veniva adoperato nella vita di tutti i giorni: lei, infatti, svolgeva il suo lavoro in vista dell’ esame di stato, che era il fine più importante, accompagnato anche alla conoscenza approfondita della sua materia. Quest’ultimo aspetto era particolarmente importante, anche quando svolgevamo compiti in classe. Io non ero molto brava a scrivere e, per questo, tante volte ho ottenuto voti bassi nei suoi compiti: ricordo che ogni volta che ricevevo una votazione non sufficiente il dispiacere era tanto e, inizialmente, davo la colpa alla prof. perché mi giudicava negativamente e pensavo a lei come una persona che voleva solo recarmi del danno. Ma, nonostante questo pensiero, ogni piccola sconfitta di questo genere che ricevevo si trasformava in una motivazione che mi spingeva a fare sempre meglio. Nel corso dei cinque anni, grazie al suo aiuto e al suo supporto, non indifferenti, sono migliorata e dopo tanti sforzi, alla fine, ho avuto le soddisfazioni che cercavo da tanto. Concludo dicendo che, come professoressa, è la migliore che abbia mai avuto e un giorno anche io vorrei essere rispettata come lei dai miei futuri alunni e vorrei fare in modo che, come me, anche questi possano ricordarmi (negli anni futuri) come un’ insegnante competente e che riesce nel suo lavoro.

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  2. Il dizionario definisce l’insegnamento in questi termini:trasmissione di conoscenze ed esperienze con cui si istruisce qualcuno in una disciplina o, più in generale, si forniscono stimoli alla crescita psicologica e intellettuale della persona. Se effettivamente si trattasse “solo” di questo non rimarrebbe nulla al di là delle nozioni e degli insegnamenti impartiti dai professori ;al contrario credo che ognuno di loro lasci un’impronta,positiva o negativa che essa sia,nella mente e nell’animo degli studenti. Per quel che riguarda la mia personale esperienza mi ritengo fortunata ad aver incontrato lungo il mio cammino formativo,di studentessa e di persona,un’insegnate esemplare:la professoressa M.T.P. di latino e greco. Mi risulta assai difficile e riduttivo pensare questa professoressa come descritto dal vocabolario, perché lei, prima di impartirci nozioni teoriche su queste meravigliose “lingue morte”, ha cambiato il mio modo di vedere e concepire le cose, mi ha fatto crescere, maturare, mi ha insegnato a non avere pregiudizi,a non bollare le persone, ad ASCOLTARE e ad avere il coraggio di pensare in maniera differente. Io ero, durante le sue lezioni, completamente attratta e rapita dal suo sapere (quando spiegava le tragedie greche mi trovavo, inspiegabilmente, sugli spalti del teatro);è sorprendente la sua versatilità e conoscenza di tanti argomenti e come riesca sempre a collegarli e ad offrire, a chi ascolta, una visione organica, globale. Mi ha riavvicinato molto alla lettura e ha risvegliato in me la curiosità, la voglia di conoscere e sapere a tal punto che avevo sempre voglia di essere interrogata, anzi di colloquiare, come diceva lei, perché avevo sempre tanto da dirle e ancor di più da imparare. Ancora oggi, a distanza di due anni dalla fine del liceo, continuo a parlare di lei, a praticare i suoi insegnamenti e a provare un affetto sincero e profonda stima nei suoi confronti. Ecco motivata la mia scelta per questo indirizzo di studi;al di là di tutte le nozioni e il sapere inculcato mi ha ispirata e mi ha fatto comprendere quanto importante e variegato sia il ruolo di un’insegnate,quanto peso abbia nella vita di un alunno,o comunque una persona in formazione e fino a che punto possa incidere nello sviluppo e nella crescita psicologica e morale di chiunque. Letizia La Salandra

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  3. L'insegnamento non è solo semplice trasmissione di contenuti, ma esplica pienamente la sua funzione educativa se mira alla formazione globale dell'individuo. È del tutto evidente, quindi, l'importanza di avere una figura di insegnante che si ponga, in tal senso, quale imprescindibile punto di riferimento. La mia esperienza di studentessa liceale in una piccola scuola di provincia è stata fondamentale proprio perché, nel mio percorso formativo, straordinariamente valido si è rivelato, quale docente, il professore di scienze sociali G. R. Sin dalla prima lezione, egli ha saputo trasmettermi il fascino di una disciplina, come le scienze sociali, vasta ed interessante allo stesso tempo. Mi ha colpito particolarmente il suo metodo di insegnamento, in particolar modo la sua eccezionale capacità di rendere chiari anche i concetti più complessi a ragazzi che per la prima volta si avvicinavano ad una disciplina tanto impegnativa. Non limitandosi alla semplice e fredda trasmissione teorica di contenuti, si avvaleva di esempi che attenevano alla quotidianità, non solo stimolando la nostra attenzione, ma rendendoci anche consapevoli dell'importanza della disciplina quale fattore necessario allo sviluppo e alla comprensione delle dinamiche sociali.
    Dotato di una preparazione globale, assolutamente fuori dal comune è stata la sua capacità di trasmettermi un tuttora vivo interesse per la materia. A ciò univa un'innata semplicità, capace di far venir meno il timore reverenziale che solitamente si prova nei confronti di un insegnante. Il suo obiettivo era quello di formare lo studente non mediante la tradizionale ossessione per la valutazione in termini di voto, ma stimolandone la capacità critica e il vivo interesse. Nel rapporto con noi studenti, non tendeva a porsi in maniera autoritaria e paternalistica, ma era sempre aperto al confronto e al dialogo. Le sue modalità di verifica dell'apprendimento, infatti, non erano solo finalizzate alla valutazione, ma anche a rendere lo studente consapevole della sua crescita formativa. La sua bravura mi ha reso conscia della fondamentale importanza dell'insegnamento quale strumento necessario per la formazione delle giovani generazioni, oggi ragazzi, domani cittadini consapevoli.
    Samanta De Sciscio

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  4. Analizzando il mio percorso scolastico e tutti gli insegnanti che ne hanno fatto parte , mi viene in mente la mia insegnante di italiano che mi guidò per i cinque anni delle elementari. Mi colpì particolarmente il modo in cui sapeva insegnarci le regole dell’ortografia italiana. Essendo delle regole che sarebbero servite per tutto il percorso scolastico, lei decise che dovevano essere impresse nella nostra mente sottoforma di storielle , le quali spiegavano il perché di quella regola ortografica. Nello studio degli articoli determinativi e indeterminativi , ricordo ancora che per spiegarci l’uso dell’apostrofo ci disse : “Bambini sapete perché nella grammatica italiana, a volte ,troviamo gli articoli con quella specie di lacrimuccia?”. A questa domanda noi rimanemmo allibiti ; la maestra vedendo il nostro stupore ci spiegò : “Allora bambini, c’era una volta l’articolo una che incontrò la parola ananas per stare insieme nella frase e non produrre un cattivo suono nella pronuncia , la parola ananas fu costretta a portare via all’articolo una la lettera a. L’articolo,triste per la lettera che aveva perso, tira fuori una lacrimuccia che costituisce l’apostrofo”. Da questa storia imparai ad usare nella maniera corretta l’apostrofo,pensando sempre a quella lacrimuccia. Tutte le storielle raccontate, mi hanno portata sia a scrivere correttamente , sia ad amare la grammatica italiana piena di eccezioni. Chiara Prencipe

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  5. Il mio sogno sin da quando ero bambina era fare l’insegnante, per fortuna ho avuto un’ esperienza scolastica positiva, in cui tutti i miei professori ,sin dalla scuola elementare, mi hanno dato un insegnamento sia nozionistico che passionale, ma l’insegnante che mi ha fatto innamorare ancor più di questo mestiere è stato il mio professore di storia L.D.A del liceo .
    Non riuscirò mai a ringraziarlo per tutto quello che mi ha insegnato, perché per me è stato un vero e proprio insegnante di vita , mi ha aiutato a vivere meglio in una società come la nostra, facendomi capire che la storia e la vita non sono due realtà completamente diverse ma l’una è parte dell’altra.
    Riusciva a parlarmi col cuore, ma allo stesso tempo col cervello , sapeva interessarmi alla sua materia anche se molto noiosa.
    Dall’aspetto imponente e dai folti baffetti, quando entrava in classe e iniziava a spiegare le ore passavano in un batter d’occhio e la storia diventava interessante da farmi immedesimare nelle popolazioni dei secoli precedenti, riuscendo quasi a vivere l’orrore delle guerre e sentire l’odore della vittoria. E’ stato quindi con lui, che la prima volta mi sono ritrovata dietro una cattedra, simulando un'interrogazione sotto forma di spiegazione.
    Per me non è stato un’insegnante qualunque ma l’insegnante che mi ha aperto la mente verso i temi sociali che danno ad una persona una maggiore sensibilità, mi ha fatto capire che insegnare è bellissimo perché t’impegna anima e cuore, dando sfogo alla vena creativa che è racchiusa in ognuno di noi.
    Vorrei avere le sue stesse qualità, la sua passione di trasmettere non solo mozioni e contenuti ma anche quei valori che servono alle nuove generazioni.
    Vorrei lasciare un segno come lui l’ha lasciato a me.
    Giulia Moffa

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  6. Nella mia storia di studentessa ho avuto modo di incontrare tanti insegnanti e posso dire che fortunatamente conservo un buon ricordo della maggior parte di loro. Il primo insegnante che mi è venuto in mente quando mi è stato chiesto di scrivere questo racconto è stato il mio professore di storia e filosofia del liceo, il mitico C. Ho subito pensato a lui perché tra tutti è quello che mi ha lasciato di più, sia dal punto di vista didattico che dal punto di vista umano. Era una macchietta, già guardandolo camminare non si poteva fare a meno di adorarlo, infatti era il più imitato tra gli studenti. Durante le sue lezioni c'era sempre un po' di tempo per qualche sua battuta e per ridere e scherzare insieme, rompendo quella “barriera” che inevitabilmente si crea tra insegnante e studenti. Ma non è questo il motivo principale per il quale ho deciso di parlare di lui. Era un professore davvero preparato e competente, non solo sulle sue materia, ma su tutto e sapeva spigarci in modo chiaro tutti i suoi saperi. Qualche volta aiutava me e le mie compagne in matematica, illustrandoci concetti che non ci erano chiari. Nelle spiegazioni di storia ci forniva informazioni dettagliate degli avvenimenti, a volte perfino gli orari, cose che sul libro non erano riportate. Quando invece ci parlava dei suoi filosofi preferiti metteva tutta la sua passioni facendoceli amare anche a noi. Dal modo in cui spiegava si percepiva benissimo che amava il suo mestiere e le sue materie. Era sempre dalla nostra parte, quando avevamo problemi con qualche insegnante cercava sempre di aiutarci. Arrivava perfino a litigare con la preside per tutelare i nostri diritti di studenti. Faceva di tutto per non mettere un'insufficienza sulle pagelle, una volta è arrivato ad interrogare una mia compagna quattro o cinque volte, nel giro di poco tempo, affinché riuscisse ad arrivare almeno alla sufficienza. C. mi ha reso cosciente dell'importanza della figura dell'insegnante non solo come “trasmettitore” di saperi ma come vero e proprio punto di riferimento per gli studenti. Quando sarò insegnate mi ispirerò a lui sperando che i miei alunni avranno sempre un'opinione positiva su di me come io ce l'ho di lui.
    Nicla Giuliani

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  7. Quando il primo giorno di lezione qui all’Unimol mi è stato chiesto di descrivere un insegnante che più degli altri avesse segnato il mio percorso scolastico, non ho avuto alcun dubbio, ho subito pensato alla mia professoressa di italiano e storia delle superiori: E.B. Impossibile dimenticare l’impegno e la dedizione con cui svolgeva il suo lavoro. Il suo metodo risultava stravagante, nonostante lei non fosse molto giovane. Prima di iniziare la lezione parlavamo di attualità ed era sorprendente il modo in cui lei riuscisse a collegare i nostri discorsi con la lezione del giorno. Nelle sue ore eravamo divisi in gruppi, che di volta in volta variavano e a fine lezione uno dei gruppi doveva ripetere la spiegazione ed esprimere il proprio pensiero in merito all’argomento trattato. In questo modo eravamo tutti attenti e il lavoro a casa risultava facilitato e piacevole. Ogni mese una lezione era dedicata alla visione di un film che lei riusciva sempre a collegare a ciò che aveva spiegato. La sua passione era la musica; non a caso a Natale amava organizzare concerti o piccole recite e naturalmente i protagonisti eravamo noi. Proprio in queste occasioni cercava di far emergere le nostre abilità nascoste e le nostre potenzialità, lasciandoci sempre il “campo libero”. Dalla mia professoressa ho imparato che la scuola e la vita sono due realtà che si completano perché lei ci ha formati come studenti ma soprattutto come persone. Quando ripenso a lei e al suo metodo di insegnamento vedo quello che vorrei diventare e mi convinco sempre di più che questo sia stato il percorso di studi migliore che potessi scegliere.
    Giovanna Daniele

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  8. Insegnare? Non esiste, per me, professione più incantevole…. e complessa! Riflettendo sui motivi delle mie scelte, credo che, oltre a predisposizioni innate, queste vengano influenzate dall’ambiente in cui siamo catapultati. Rispolverando con piacere i miei ricordi d’infanzia, mi rivedo nei panni della “maestra buona” che insegnava ai suoi piccoli discepoli immaginari. Sostenevo di DOVER diventare come la mia maestra. Devo ammettere di essere stata fortunata nel corso della mia carriera scolastica: ho avuto insegnanti brillanti, anche se ho amato alcuni più di altri. Insegnare è sempre stato il mio desiderio, è vero, ma credo che in tenera età non ci sia piena consapevolezza dei proprio sogni. Sebbene, quindi, abbia un ricordo positivo della mia maestra della primaria, l’insegnante che è riuscito ad indirizzare le mie idee fu il prof. di storia e filosofia del liceo. Il motivo sta nel fatto che durante gli anni delle superiori, si osserva e si riflette con una maturità maggiore che va oltre la semplice imitazione infantile. Nel mio caso mi sentirei di parlare di ammirazione. La stima nei suoi confronti è dovuta al suo essere colto, autoritario, ma nello stesso tempo sensibile, comprensivo e ironico. E’, inoltre, molto giovane e, forse per questo, più propenso a costruire una perfetta sintonia con gli studenti. Le sue lezioni non erano incentrate solo sulla tradizionale spiegazione teorica: cercava sempre di far acquisire a tutti un buon metodo di studio guidandoci nella ricerca di parole chiave, nella costruzione di mappe concettuali e ritagliava sempre un po’ di tempo per qualche battuta di spirito, soprattutto quando si accorgeva che la stanchezza cominciava a farsi sentire. Il “super prof” è stato capace di suscitare il mio interesse nei confronti della storia, la materia che fino a quel momento non avevo mai studiato con entusiasmo, perchè ne parlava con una passione contagiosa. La sfida che lui rivolgeva a se stesso era quella di riuscire ad inculcare agli allievi il senso di responsabilità necessario per raggiungere un livello di competenze ottimale, basandosi sulle possibilità di ognuno. Nella valutazione era sempre imparziale, sia nelle prove scritte che alle interrogazioni; premiava gli approfondimenti che incentivava a compiere e l’impegno dei ragazzi più deboli per aumentare l’autostima di tutti. Oltre all’aspetto didattico, si distingue per la sua grande umanità. Non lo considero solo un prof, ma un confidente, un amico e a lui mi rivolgo tutt’ora quando ho bisogno di giusti consigli o quando mi serve consolazione. Sono fiera di considerarlo uno dei miei punti di riferimento! “INSEGUI I TUOI SOGNI” è una frase che mi ripete spesso ed è diventata il mio motto. Sono convinta, infatti, che con impegno, dedizione, pazienza e passione si possa raggiungere la più alta delle vette. A lui devo dire GRAZIE perché ha contribuito a farmi essere consapevole di ciò che voglio. Vorrei riuscire a costruire il mio futuro mettendo in pratica gli insegnamenti ricevuti, non perdendo di vista il fatto che che ci sarà sempre da imparare! AD MAIORA SEMPER !!!!
    MARIA PIA LENTINIO

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  9. A scuola andavo bene ma in fondo per me era tutto monotono, prevedibile e così lontano dai sogni dell’adolescenza. Poi un giorno arrivò in classe E.R., il professore, o meglio, come lui amava definirsi “educatore” di pedagogia e sociologia e tutto cambiò.
    Una delle sue prime lezioni fu indimenticabile; prima di tutto ci dispose in semicerchio e a ognuno diede un brano intitolato “Saper essere e saper avere”.
    Inizialmente nessuno capiva i suoi discorsi “filosofici” e poiché non eravamo abituati a fare domande nessuno chiese spiegazione. Le prime “interrogazioni” furono un disastro e tutti cominciarono a criticarlo.
    In realtà non era il professore che doveva cambiare metodo era la classe che doveva aprire la mente e andare oltre la semplice lezione tradizionale.
    Pian piano capii il suo modo di insegnare e fu una scoperta meravigliosa.
    Scuola con lui non voleva dire ascoltare e ripetere in maniera passiva.
    I veri protagonisti eravamo noi alunni; noi ragazzi dovevamo fare lezione attraverso ricerche, lavori di gruppo e altre attività.
    Studiare e capire la pedagogia era qualcosa di fantastico.
    Innanzitutto con schemi, mappe concettuali e grafici contestualizzavamo il periodo storico e in seguito ad ogni alunno veniva assegnato un pedagogista e proprio come si fa in un teatro entravamo nella parte facendo discorsi, dibattiti e interviste sui vari metodi educativi che si sono susseguiti nel corso del tempo.
    La cosa più interessante, però, è che il professore non voleva solo sviluppare conoscenze ma voleva anche far crescere le nostre competenze.
    Dopo aver appreso la storia e le metodologie pedagogiche dovevamo metterle in pratica ed era questa la parte più difficile ma anche più interessante.
    Ad esempio dopo aver studiato Froebel e la Montessori siamo andati nel giardino della scuola e con grande impegno abbiamo iniziato a coltivare piante di ogni tipo e di ogni colore e ad abbellire la classe con piccoli vasi fioriti.
    Il compito più difficile è arrivato dopo ovvero pendersi cura del giardino e non solo per pochi giorni ma per tutto il percorso scolastico. Era questo il vero insegnamento.
    Le sue lezioni non si svolgevano quasi mai in classe , perché la nostra , proprio come le aule tradizionali utilizzava un criterio economico, con i banchi disposti per file parallele; così decidemmo di creare un angolo di studio all’ aperto dove non vi era la cattedra e lui si poneva al nostro stesso livello e in cerchio come in un Simposio discutevamo delle varie tematiche.
    Erano queste le ore più affascinanti, creative e anche divertenti ed era bello scoprire che alla fine di ogni lezione vi era una morale che ci segnava per giorni interi.
    In questi anni sono state tante le lezioni tradizionali e passive di cui ora ricordo solo alcuni concetti fondamentali mentre grazie alle sue metodologie innovative ho acquisito conoscenze, abilità e competenze che sicuramente metterò in atto.
    La normalità dovrebbe essere questa ovvero sperimentare nuovi metodi per avere una scuola innovativa, dinamica ed efficiente.
    Giada Barbieri

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  10. È sempre emozionante raccontare di Lei, ricordare ancora il suo viso sorridente, la sua bontà e la sua dolcezza. Chi se lo sarebbe mai aspettato che proprio lei, fosse stata in grado di cambiarmi. Di farmi crescere. Il tutto ha avuto un inizio abbastanza strano e per certi versi, anche simpatico. Era il primo giorno del terzo anno delle superiori; l'agitazione in me sovrastava ogni cosa al solo pensiero di trovare qualche professore nuovo. Ed ecco che l'agitazione si trasformò in paura: una donna abbastanza anziana, occhiali, tipico viso da insegnante severa, entró in classe. Sarebbe stata la mia nuova insegnante di italiano e storia. Avrei voluto scappare da quella situazione, mi ero ripromessa di non studiare neanche più quelle materie. Lei però, mi incuriosì. Giorno dopo giorno, si mostrò sempre più disponibile, dolce ma allo stesso tempo anche forte, sicura. Aveva la capacità di insegnare talmente bene, con quella semplicità, quella bravura, che sembrava stessi vivendo in un film: più lei raccontava, più io vivevo con la mente. Era in grado di catturare l'attenzione di tutti, anche del più distratto della classe. Il suo insegnamento era talmente coinvolgente che davvero, dopo giorni e mesi,nonostante l'aspetto anziano, le rughe sulla faccia, gli occhiali che le scendevano sulla punta del naso, la vedevo bella. La vedevo la persona più bella e buona di questo mondo. La sua bellezza mi era entrata dentro, qualsiasi cosa lei dicesse o facesse, la ammiravo. La ammiravo e pensavo che avrei voluto diventare esattamente come lei, da grande. Avrei voluto avere la sua forza, la sua capacità di capire i ragazzi solamente da un'espressione o magari da una frase non detta. I suoi modi di coinvolgerci, facendoci entrare nel vivo degli argomenti,erano speciali, quasi sublimi; con lei anche il tema che poteva apparire il più pesante, il più noioso al mondo, si mostrava invece interessante, in quanto ci rendeva protagonisti di ciò che raccontava. Nonostante l'età, riusciva a capirci, ad immedesimarsi in noi. È esattamente così che mi immagino in un futuro, sperando di poter trasmettere ai miei alunni il suo insegnamento, poiché è stata in grado di insegnarci, al di là delle materie scolastiche, insegnamenti di vita. A volte, penso che i sogni,i progetti di un futuro, si possano realizzare proprio così...inaspettatamente.
    Annalisa Cerio.

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  11. Flavia Vincelli. 30/11/2014

    Durante il mio percorso scolastico da studentessa ho trovato sempre insegnanti degni di questo titolo, in quanto mi hanno saputo infondere amore e passione verso lo studio e nel corso degli anni sono diventati per me una sorta di faro poiché, attraverso il loro esempio ho capito l'importanza di alcuni valori e comportamenti. In particolare ricordo ancora con affetto e grande stima la mia docente di storia e filosofia degli ultimi tre anni del liceo scientifico, con la quale fin da subito si è creato un particolare feeling, grazie al suo modo autorevole e mai autoritario di porsi alla classe ed alla sua solida ed approfondita preparazione, non certo nozionistica, ma legata alla passione per le sue materie d'insegnamento. Spesso mi tornano in mente le sue lezioni, durante le quali io riuscivo a comprendere a pieno le sue spiegazioni per varie ragioni: innanzitutto grazie al timbro della sua voce chiara, squillante e mai monotono, che teneva desta l'attenzione di tutti i discenti e poi ricordo con piacere che non amava leggere pedissequamente le informazioni dal manuale, ma cercava di avvicinarsi alle nostre giovani menti, rendendo attuali e semplici concetti storici e filosofici piuttosto complessi. Facilitava anche il nostro studio domestico, in quanto era sempre pronta a chiarire dubbi e perplessità di ognuno di noi e a spiegare o rispiegare con pazienza ed entusiasmo termini specifici delle due discipline o argomenti filosofici piuttosto astrusi. La professoressa ha sempre assunto un atteggiamento di apertura e di accoglienza nei confronti dei suoi allievi, a prescindere dal loro profitto scolastico, li ha fatti sentire sempre non spettatori passivi ma attori principali delle sue lezioni, che non erano ripetitive lezioni frontali ma sempre interattive, con vari feedback di ritorno, che le permettevano, in tempo reale, di capire le difficoltà di ognuno di loro. Ritengo che la mia insegnante, sia stata anche un'esperta docimologa, in quanto grazie ai suoi studi di pedagogia è sempre riuscita a stabilire giusti criteri per la valutazione delle prove scolastiche, che non si sono limitate a giudicare solo la mera ripetizione mnemonica dei concetti appresi, ma hanno tenuto conto anche dell'impegno profuso dagli alunni nel rielaborare in modo personale e consapevole gli argomenti trattati. L'esempio che mi ha dato questa insegnante, credo mi aiuterà molto nella mia futura professione, sia per costruire relazioni interpersonali basate sulla fiducia ed il rispetto, sia per insegnare ai miei futuri alunni, un metodo di lavoro che possa aumentare in loro l'autostima e di conseguenza il rendimento scolastico. Flavia Vincelli.

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  12. Devo essere sincera? Insegnare era l’ultimo dei miei progetti per il futuro… eppure eccomi qui iscritta al corso di Scienze della Formazione Primaria! Spesso, come gran parte degli alunni, ho avuto insegnanti che di insegnare non ne avevano la minima voglia e naturalmente non invogliavano granché allo studio. Tra le scuole medie e superiori ho vari candidati cui assegnare il premio PEGGIOR INSEGNANTE DELL’ANNO. Ma, fortunatamente, ci sono stati insegnanti che mi hanno fatto amare la propria materia, tra questi colloco la mia professoressa di letteratura latina delle scuole superiori. Al primo anno mi insegnò storia, il secondo grammatica latina e terzo quarto e quinto letteratura latina. La dipingevano e la dipingono ancora oggi in maniera negativa. È una persona che inizialmente appare dura, pronta ad affermare la propria autorità e a sottolineare il rapporto insegnante/alunno. Ha un amore profondo per la letteratura, in modo particolare per il latino, e che non vi venga mai in mente di dire in sua presenza che è una lingua morta, in quel caso potreste avere voi un incontro ravvicinato con la morte! Ha sempre preteso molto da noi, come classe, si arrabbiava quando non studiavamo, rimaneva delusa dai suoi “bimbi” (nomignolo che utilizzava quando ci comportavamo da immaturi), e in quei momenti un timore generale si diffondeva in classe. Con gli anni, però, la distanza si è accorciata, si scherzava, le lezioni non erano più solo concentrate sulla lezione del giorno, tutto ciò sempre rispettando ognuno i propri ruoli. Il terzo anno, dal punto di vista della sua disciplina, fu il migliore. Trattammo autori come Catullo, e il suo modo di spiegare la poesia fu così coinvolgente, ci fece apprezzare ogni singolo personaggio, ogni sentimento argomentato ci entrava dentro. Non si limitava alla semplice vita dell’autore o alla sua opera, ma ci faceva leggere i testi, anzi ce li faceva studiare prima in latino e poi la traduzione in italiano. Era un po’ difficoltoso e pesante, ma solo leggendo direttamente le parole dell’autore diventa più chiaro il suo pensiero e messaggio che vuole trasmettere. Durante le spiegazioni degli argomenti trattati faceva riferimenti alla letteratura italiana poiché gli stessi temi erano ripresi secoli dopo o andava alle origini greche delle parole, ma non con arroganza o per dimostrare che lei sapeva, semplicemente voleva che fossimo preparati, istruiti, perché spesso ciò che ci hanno tramandato gli antichi si può applicare nella vita odierna, quotidiana, ma soprattutto nella nostra vita.
    A volte è capitato di parlare dell’ignoranza che si incontra all’interno della scuola, e non solo facendo riferimento ai ragazzi ma anche ai docenti! Parlando dei ragazzi, oggi molti valori sono andati persi, e di certo se si iniziasse a fare l’elenco delle cose che non vanno, non si finirebbe mai. Una cosa, però, mi ha fatto capire, è la base che manca o che è sbagliata. Ciò che si dà nei primi anni di vita è quello che il bambino porterà sempre con sé. La famiglia è importante, ma la scuola è uno dei luoghi fondamentali. Ed è così che sono giunta alla mia decisione, voglio cambiare qualcosa, voglio dare le basi a coloro che saranno la futura società, voglio essere un pezzetto importante nella vita di quei bambini che con la loro semplicità sanno donarti tanto.

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  13. Devo essere sincera? Insegnare era l’ultimo dei miei progetti per il futuro… eppure eccomi qui iscritta al corso di Scienze della Formazione Primaria! Spesso, come gran parte degli alunni, ho avuto insegnanti che di insegnare non ne avevano la minima voglia e naturalmente non invogliavano granché allo studio. Tra le scuole medie e superiori ho vari candidati cui assegnare il premio PEGGIOR INSEGNANTE DELL’ANNO. Ma, fortunatamente, ci sono stati insegnanti che mi hanno fatto amare la propria materia, tra questi colloco la mia professoressa di letteratura latina delle scuole superiori. Al primo anno mi insegnò storia, il secondo grammatica latina e terzo quarto e quinto letteratura latina. La dipingevano e la dipingono ancora oggi in maniera negativa. È una persona che inizialmente appare dura, pronta ad affermare la propria autorità e a sottolineare il rapporto insegnante/alunno. Ha un amore profondo per la letteratura, in modo particolare per il latino, e che non vi venga mai in mente di dire in sua presenza che è una lingua morta, in quel caso potreste avere voi un incontro ravvicinato con la morte! Ha sempre preteso molto da noi, come classe, si arrabbiava quando non studiavamo, rimaneva delusa dai suoi “bimbi” (nomignolo che utilizzava quando ci comportavamo da immaturi), e in quei momenti un timore generale si diffondeva in classe. Con gli anni, però, la distanza si è accorciata, si scherzava, le lezioni non erano più solo concentrate sulla lezione del giorno, tutto ciò sempre rispettando ognuno i propri ruoli. Il terzo anno, dal punto di vista della sua disciplina, fu il migliore. Trattammo autori come Catullo, e il suo modo di spiegare la poesia fu così coinvolgente, ci fece apprezzare ogni singolo personaggio, ogni sentimento argomentato ci entrava dentro. Non si limitava alla semplice vita dell’autore o alla sua opera, ma ci faceva leggere i testi, anzi ce li faceva studiare prima in latino e poi la traduzione in italiano. Era un po’ difficoltoso e pesante, ma solo leggendo direttamente le parole dell’autore diventa più chiaro il suo pensiero e messaggio che vuole trasmettere. Durante le spiegazioni degli argomenti trattati faceva riferimenti alla letteratura italiana poiché gli stessi temi erano ripresi secoli dopo o andava alle origini greche delle parole, ma non con arroganza o per dimostrare che lei sapeva, semplicemente voleva che fossimo preparati, istruiti, perché spesso ciò che ci hanno tramandato gli antichi si può applicare nella vita odierna, quotidiana, ma soprattutto nella nostra vita.
    A volte è capitato di parlare dell’ignoranza che si incontra all’interno della scuola, e non solo facendo riferimento ai ragazzi ma anche ai docenti! Parlando dei ragazzi, oggi molti valori sono andati persi, e di certo se si iniziasse a fare l’elenco delle cose che non vanno, non si finirebbe mai. Una cosa, però, mi ha fatto capire, è la base che manca o che è sbagliata. Ciò che si dà nei primi anni di vita è quello che il bambino porterà sempre con sé. La famiglia è importante, ma la scuola è uno dei luoghi fondamentali. Ed è così che sono giunta alla mia decisione, voglio cambiare qualcosa, voglio dare le basi a coloro che saranno la futura società, voglio essere un pezzetto importante nella vita di quei bambini che con la loro semplicità sanno donarti tanto.

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  14. Avevo 16 anni quando per la prima volta l'ho incontrata. Una donna affascinate, curata ed elegante, snella, alta e dai boccoli del colore del rame. Subito mi è rimasta impressa. Aveva un non so che di attraente, una classe che non avevo mai visto in nessun'altra donna. Due cose non dimenticherò mai, la sua prima lezione e l'ultima. Sembra strano, ma è così. Ricordo che aveva esordito parlando di cose a noi completamente sconosciute, con termini e vocaboli incomprensibili, del tipo: archè, apodittica, ontologico, gnoseologico, doxa e divenuti poi oggetto delle barzellette di quell'anno.
    Nonostante però noi non capissimo di cosa parlasse, avevamo i nostri occhi puntati fissi su di lei, come dei fari. Le si leggeva nel viso la sua passione per ciò che diceva. Perfino nel suo modo maniacale e un po' iperbolico di gesticolare si riusciva a percepire il suo incondizionato amore per il sapere; perché lei si appassiona ad ogni cosa che possa arricchirla, ad ogni cosa che la porti a riflettere o a mettersi in discussione. È eccezionale come , partendo da una “semplice” lezione di filosofia, lei riesca a tirar fuori dibattiti entusiasmanti e coinvolgenti, che arrivano poi a toccare trasversalmente tutti gli ambiti, dalla matematica alla letteratura, dalla geografia astronomica alla sociologia. È tangibile che per lei insegnare non è solo un mestiere, ma è parte fondamentale della sua vita e lo si capisce dal grande impegno con cui prepara ogni singola lezione, arricchendola con libri, approfondimenti, ricerche, progetti, materiale tecnologico, etc...
    Come dimenticare poi l'ultima lezione insieme...quelle raccomandazioni su come comportarci all'esame, la richiesta di continuare a mantenerci in contatto, quasi con commozione e lo sguardo fiero per aver lasciato andare la sua fantastica 5I. Con grande amore ci ha seguiti nel nostro incubo dell'esame di maturità, mettendosi sempre a nostra disposizione, per aiutarci psicologicamente e materialmente con i nostri power point.
    Forse è proprio questo quello che più mi ha incantato di lei, il fatto di essere così presente, non solo come professoressa, ma quasi come “mamma”, così attenta ai nostri sguardi, da capire all'istante se qualcosa non andava e subito pronta al confronto e alla risoluzione di qualsiasi problema.
    Sembra banale, ma quelle attenzioni erano importanti, ci aiutavano a superare i problemi e ad essere realmente presenti in classe, perché una volta risolti i nostri grattacapi, la nostra testa era davvero libera da qualsiasi pensiero o distrazione, che non centrasse con storia o filosofia.
    Sono consapevole del fatto che fare la maestra è sempre stato il sogno della mia vita, fin da quando ero bambina, ma riconosco che, grazie a lei, ho imparato ad amare la cultura, non per il voto che avrei preso all'interrogazione, per vantarmene con gli altri, ma per il semplice gusto di conoscere, per arricchire la mia vita, per allargare i miei orizzonti e scoprire quant'è bello ampliare sempre di più il mio “piccolo mondo”, che in realtà così piccolo adesso non lo è più.

    Anna Maria Messina

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  15. Scrive Gibran ne “Il Profeta” riguardo all’insegnante: “E se davvero è saggio, non v’inviterà ad entrare nella dimora del suo sapere, ma vi guiderà alla soglia della vostra mente”.

    La professoressa che più di tutti mi ha guidata, motivata e fatta crescere, è lei: la mia professoressa di latino, greco e storia di V ginnasio.
    Un’insegnante precisa, puntuale, coerente, appassionata, ma allo stesso tempo severa e con valutazioni molto contenute.
    All’inizio i suoi ritmi, le esercitazioni in classe e i tanti compiti assegnati per casa, mi sembravano una grande fatica… si stava intere ore a tradurre versioni di greco e latino, a studiare Cesare, Costantino e Carlo Magno.
    Ma più passava il tempo e più mi rendevo conto di come lei ci proponesse un allenamento che giorno per giorno ci aiutava a trovare un nostro metodo, un nostro modo di studiare e di percepire gli argomenti.
    Nelle sue lezioni di greco e latino è riuscita a darci una solida base grammaticale per il triennio, grazie a spiegazioni chiare ed esempi esplicativi. Anche quando si trattava di regole grammaticali, riusciva a tener desta la nostra attenzione e a coinvolgerci.
    Ma i ricordi più belli che ho di lei sono le sue lezioni di storia, in cui tutti noi ragazzi la guardavamo con la bocca aperta, con gli occhi e le orecchie spalancati.
    Le sue spiegazioni di storia non erano delle semplici elencazioni di accadimenti, ma erano una continua ricerca di causa, effetti, conseguenze, e un continuo richiamarsi al presente, all’attualità.
    Forse, però, il momento più atteso e più interessante era quello in cui ci deliziava con curiosità e aneddoti sulla storia. Ma non erano semplici pettegolezzi, anzi, alla maniera di Svetonio, illustravano vari aspetti della personalità dei personaggi e fornivano a noi ragazzi un ritratto integrale e demistificante della realtà, facendoci comprendere a pieno i contesti e le situazioni.
    Il suo intento era quello di farci sviluppare un nostro punto di vista e una visione critica su tutto, ricordandoci sempre quanto fosse importante ragionare, capire e soffermarsi sugli aspetti più significativi.
    La avrò sempre come esempio, perché è stata davvero una Maestra. Mi ha insegnato tanto a livello scolastico, disciplinare e umano, ma soprattutto mi ha insegnato ad avere sempre la mente aperta.
    MGM

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  16. Inizio questa riflessione precisando che ,secondo il mio parere, il buon insegnante è colui che instaura un buon rapporto con la classe considerando i suoi alunni come persone umane e non semplici valori numerici. Una professoressa di cui mi sento di parlare è la mia ormai ex insegnante di psicologia e pedagogia alle superiori .Una donna con una grande sensibilità ma al tempo stesso determinata. Sin dai primi giorni è riuscita a stabilire un buon rapporto con noi non limitandosi unicamente alle spiegazioni “tradizionali” della materia in classe , infatti, eravamo soliti trattare anche di problemi quotidiani pur non distaccandoci dallo studio. A tale proposito invitò più volte un suo amico psicologo che riuscì a rispondere tecnicamente ad alcune nostre domande. Grazie a lei tutta la classe nutriva un profondo interesse verso la materia anche i meno volenterosi. Nonostante tutto era molto esigente nei nostri confronti ma al tempo stesso cercava di aiutarci nell’organizzazione scolastica. Spero anche io un giorno di trasmettere qualcosa di umano ai miei studenti e non solo semplici nozioni teoriche. Silvia Attanasio

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  17. Tanti sono stati gli insegnanti che hanno lasciato un segno nel mio percorso di studi,ma una che ricorderò in modo particolare è la maestra Elisa
    .E' stata la mia maestra di italiano alle elementari.Una maestra dolce e comprensiva ma nello stesso tempo severa ed esigente. Tutto ciò che ci insegnava e trasmetteva lo faceva con passione e determinazione. Imparare a scrivere con lei fu quasi un gioco: ogni regola grammaticale, vocali,consonanti, ci venivano insegnate con filastrocche e storielle. Ci rendeva ogni cosa semplice e di facile comprensione per tutti,in modo da non consentire a nessuno di non imparare. Ogni mattina entrava in classe con un sorriso dolcissimo che ci trasmetteva serenità e tranquillità e prima di iniziare la lezione parlava un pò con tutti noi, lasciava che ogni bambino raccontasse la sua "avventura" del giorno prima. Ma arrivato il momento di fare lezione bisognava essere tutti seri e pronti ad ascoltare ed imparare. Quando ci interrogava nella lettura e vedeva che un bambino aveva saputo leggere senza errori,era felicissima ed immediatamente scriveva un "bravissimo" sulla pagina del libro.Cosi facendo ci rendeva felici e ci spronava a fare sempre meglio. Tutti volevamo essere interrogati dalla maestra per mostrare la nostra bravura e per portare a casa il bravissimo sulla pagina del libro.
    E' la mia maestra preferita perchè oggi,ripensando a quei giorni,ricordo la voglia che aveva di insegnarci le cose,di farci apprendere a tutti i costi il sapere che ci serviva per essere dei bravi alunni. Era severa perchè pretendeva da me e dai miei compagni il sapere che tutt'oggi mi serve Se dovessi avere una figura di riferimento prenderei sicuramente lei per la voglia che aveva di vederci preparati al futuro e pronti per immergerci nel mondo dei grandi. Sabrina Pucci

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  18. A volte i ricordi affiorano senza che ci sia una molla che ci spinge ad andarli a cercare; altre volte sono stimolati da richieste e sollecitudini di terze persone, come in questo caso.
    Nei miei ricordi sono diverse le persone che hanno lasciato un segno, come alcuni di quelli che sono stati i miei maestri e professori. Fra tutte queste figure, sono realmente poche quelle che mi hanno davvero trasmesso la loro passione per l’insegnamento. Se oggi ho deciso di seguire questo percorso di vita è anche grazie a questi insegnanti. In modo particolare, una persona che ha segnato molto il mio percorso formativo, è stata la mia professoressa di lettere della scuola secondaria di primo grado.
    Ricordo tutto di questa grande professoressa, il suo modo di insegnare, di porsi con gli alunni e soprattutto la sua grande voglia di renderci delle persone preparate ad affrontare la vita e le diverse situazioni e difficoltà che essa ci pone.
    Ho scelto di parlare di lei perché è stata l’unica che mi ha trasmesso una grande forza e un grande amore per ciò che faceva. Nonostante avesse una classe che non la seguiva per niente e che non aveva nessuna voglia di imparare, lei non si è mai scoraggiata, ha sempre dimostrato molta pazienza e dedizione verso i suoi allievi.
    Nonostante avesse di fronte a lei alunni poco intenzionati ad apprendere era in grado di coinvolgerci in ogni caso, in tutto ciò che voleva fare. Aveva un modo molto diretto di parlare agli alunni e riusciva ad essere molto “alla mano”. Erano poche le volte in cui perdeva la pazienza, ma quelle poche le ricordo molto bene. Era anche molto affettuosa, ma non materna e questo ci è sicuramente stato molto d’aiuto. Voleva accompagnarci per mano ad affrontare la realtà, ma chi la doveva affrontare eravamo noi e non lei. Questo è stato una delle cose che ho sempre apprezzato in lei.
    Ciò che sicuramente ricordo con grande gioia è che per lei insegnare non era semplicemente un lavoro,e quindi il suo compito non finiva in classe, ma era la sua vita intera.
    Ha dedicato molto ai suoi alunni, ed io mi ritengo molto fortunata nell’aver avuto lei come insegnante.
    Ancora oggi siamo in contatto e molto spesso le chiedo consigli. Questo dimostra quanto abbia un bellissimo ricordo e soprattutto una grande stima di questa insegnante. Quindi l’unica parola che mi viene da dirle in questo momento è GRAZIE.
    MANUELA GIANCOLA

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  19. Nel mio percorso scolastico ,tanti sono stati gli insegnanti che con i loro pregi e i loro difetti mi hanno tramandato qualcosa. Ricordo però, più di tutti un’insegnante di italiano della scuola primaria. Un’insegnante che non aveva nulla di diverso dagli altri ,poiché era molto tradizionale: svolgeva infatti la classica lezione frontale, eppure aveva una gran capacità di coinvolgimento che riusciva a rendere interessante la lezione anche a coloro che scolasticamente avevano più problemi ed erano per così dire “ svogliati nello studio”. Era una di quelle persone che non era solita usare voti alti, poiché il suo scopo era di non farci guardare il voto di per se ma capire lì dove ci sono stati degli errori e rimediare. Era abile nel controllare anche la classe, tant’è come si dice volgarmente “ non permetteva nemmeno alla mosca di volare “e nonostante ciò era apprezzata da tutti. E stata per me più che altro una guida, un punto di riferimento ,un esempio professionale e di vita che mi ha condotto fin qui ,grazie alla passione che è riuscita a trasmettermi . Sono tanti i ricordi che ho di lei e starli ad elencare sarebbe troppo lungo. Spero soltanto che anch’io un giorno riuscirò a trasmettere ai miei futuri alunni non tanto le nozioni , quanto i valori ,facendo anch’essi di me un ricordo positivo. ANTONIETTA AQUILANTE

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  20. Quanti prof. mi sono passati sotto gli occhi in 13 anni di scuola?! Tanti, forse troppi! E ognuno a modo suo ha lasciato qualcosa di indelebile dentro di me. C’è stata la prof. severa e pignola che non trasgrediva mai; il prof. apparentemente burbero ma poi pian piano è riuscito a tirar fuori (grazie alla nostra simpatia) il suo animo buono; la prof. retta e corretta in tutto; il prof. allegro e pazzerello durante la lezione e poi?! Nei compiti in classe e nelle interrogazioni ti metteva sotto torchio come se non ci fosse un domani e come se, soprattutto, fosse un prof. appartenente alla Commissione esterna durante gli esami di Stato; e infine c’è lei: la prof. di Italiano, Storia e Geografia delle Scuole Medie. Colei che ha saputo trasmettermi l’amore per l’insegnamento, quella passione e quella dedizione che metteva affinché, noi ragazzi, appena usciti dal nido elementare capissimo al meglio tutto ciò che ci stava spiegando. Eravamo insicuri, piccoli e inesperti di tutto ciò che ci aspettava. Lei però col suo fare amorevole e da mamma chioccia (se così possiamo definirla) è riuscita a estrapolare in ognuno di noi una forza indescrivibile per poter affrontare al meglio il restante e tortuoso cammino, rispetto al passato, che ci aspettava. Io, in particolar modo, restavo ammaliata dalle sue spiegazioni; per me oltre ad essere semplici lezioni scolastiche erano anche lezioni di vita. M’immedesimavo in lei, immaginavo me al suo posto e pensavo a quanto potesse essere bello insegnare, “traslocare” i miei saperi a ragazzi che avrebbero avuto ancora tanto da imparare. Ecco, io voglio che i miei futuri alunni mi ricorderanno nello stesso modo in cui io ricordo la prof. delle Scuole Medie. MARIA BONFITTO

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  21. Nel momento in cui mi è stato chiesto di raccontare la mia esperienza da studentessa, mi sono ritrovata a rispolverare i vecchi ricordi tra i banchi di scuola. Come un flashback, sono balzati alla mente episodi collegati ad ogni insegnante che, diversamente l'uno dall'altro, mi ha lasciato qualcosa di sé che conserverò per sempre.
    Tuttavia, fra tutti e senza il minimo dubbio, non posso non ricordare con profonda ammirazione la mia professoressa di italiano del liceo. Oltre ad avere un ampio bagaglio culturale in qualsiasi ambito, e soprattutto nella sua materia, ciò che di lei mi ha sempre colpito è il suo animo nobile e la sua disponibilità, senza tuttavia essere eccessivamente indulgente e permissiva.
    In soli cinque anni è riuscita così a trasmettermi la devozione al lavoro e il suo grande amore per noi ragazzi. Più che semplici studenti, per lei eravamo quasi come figli. Se chiudo gli occhi, mi sembra ancora di vederla girovagare tra i banchi prima di iniziare la lezione, per preoccuparsi di chiederci come avevamo passato la giornata o se avevamo qualche problema. Per lei, infatti, era fondamentale conoscere il nostro stato d'animo, poiché sosteneva continuamente che non ci sarebbe potuta essere alcuna spiegazione se la mente non fosse stata favorevole all'apprendimento.
    Le sue lezioni non ci annoiavano mai, aveva la capacità di catturare l'attenzione anche sugli argomenti più noiosi, lasciando trasparire l'evidente passione per ciò che insegnava. Voleva che in aula ci fosse sempre un riscontro diretto, ma soprattutto faceva di tutto per farci comprendere e memorizzare ogni concetto. Insomma per lei la scuola, oltre ad essere un posto in cui si andava per apprendere nozioni, doveva essere principalmente un luogo che preparava al futuro e che contribuiva a sviluppare la personalità, i talenti e le inclinazioni di ognuno di noi.
    Mai come ora, posso confermare con certezza che se ho scelto di iscrivermi a Scienze della Formazione Primaria, in parte lo devo proprio a lei. A lei che mi ha dato tanto e a cui, in futuro, vorrei ispirarmi quando mi ritroverò ad insegnare. Spero anch'io di riuscire a lasciare un segno e che, magari, qualcuno mi ricordi con nostalgia nello stesso modo in cui ora sto facendo io.

    Maria Grazia Navarretta

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  22. Ho avuto il piacere durante la mia carriera scolastica di incontrare piu insegnanti meritevoli,ma la persona che ricordo con più nostalgia è sicuramente la maestra Tina della scuola primaria. Insegnava matematica ed è colei che più ha segnato il mio percorso formativo. Con il suo modo ammirevole di insegnare, ha fatto si che amassi la scuola fin dalla tenera età portandomi oggi a scegliere la sua stessa strada. La cosa che l'ha contraddistinta è indubbiamente la passione e l' amore che aveva per il suo lavoro;per di più stiamo parlando di matematica:la materia non sempre ben vista dai bambini,ma con lei si imparava giocando. Era capace di adottare una "via di mezzo"tra "l'essere un po' mamma"e"un'insegnante autoritaria":il giusto equilibrio per far si che si creasse un'atmosfera serena all 'interno della classe. Ed è questo che faceva di lei una maestra di vita. Lei non si occupava solo di numeri, ma senza neanche che noi ce ne accorgessimo insegnava i più importanti valori. Perché è questo che deve fare un'insegnante, non deve limitarsi solo a fare una corsa contro il tempo per riuscire a finire il programma prefissato, ma essere attento a capire anche le esigenze di chi sta dall'altra parte della cattedra, a maggior ragione se si tratta di bambini che muovono i loro primi passi nel mondo della scuola e nella società in generale. Deve saperli ascoltare, senza tuttavia essere eccessivamente indulgente e permissivo. La maestra Tina riusciva ad essere coinvolgente anche con una materia fredda qual è la matematica:qualsiasi persona, adulta o bambina che fosse, avrebbe capito che insegnava perché amava farlo e non perché doveva.
    Sono consapevole che nella pratica è sempre diffi Ho avuto il piacere durante la mia carriera scolastica di incontrare piu insegnanti meritevoli,ma la persona che ricordo con più nostalgia è sicuramente la maestra Tina della scuola primaria. Insegnava matematica ed è colei che più ha segnato il mio percorso formativo. Con il suo modo ammirevole di insegnare, ha fatto si che amassi la scuola fin dalla tenera età portandomi oggi a scegliere la sua stessa strada. La cosa che l'ha contraddistinta è indubbiamente la passione e l' amore che aveva per il suo lavoro;per di più stiamo parlando di matematica:la materia non sempre ben vista dai bambini,ma con lei si imparava giocando. Era capace di adottare una "via di mezzo"tra "l'essere un po' mamma"e"un'insegnante autoritaria":il giusto equilibrio per far si che si creasse un'atmosfera serena all 'interno della classe. Ed è questo che faceva di lei una maestra di vita. Lei non si occupava solo di numeri, ma senza neanche che noi ce ne accorgessimo insegnava i più importanti valori. Perché è questo che deve fare un'insegnante, non deve limitarsi solo a fare una corsa contro il tempo per riuscire a cile riprodurre modelli ideali ma lei, per quanto mi riguarda, ci è riuscita nel migliore dei modi e, per questo,gliene sarò sempre grata,con la speranza in futuro almeno di imitarla.
    Anna Della Rocca

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    1. Ho avuto il piacere durante la mia carriera scolastica di incontrare piu insegnanti meritevoli,ma la persona che ricordo con più nostalgia è sicuramente la maestra Tina della scuola primaria. Insegnava matematica ed è colei che più ha segnato il mio percorso formativo. Con il suo modo ammirevole di insegnare, ha fatto si che amassi la scuola fin dalla tenera età portandomi oggi a scegliere la sua stessa strada. La cosa che l'ha contraddistinta è indubbiamente la passione e l' amore che aveva per il suo lavoro;per di più stiamo parlando di matematica:la materia non sempre ben vista dai bambini,ma con lei si imparava giocando. Era capace di adottare una "via di mezzo"tra "l'essere un po' mamma"e"un'insegnante autoritaria":il giusto equilibrio per far si che si creasse un'atmosfera serena all 'interno della classe. Ed è questo che faceva di lei una maestra di vita. Lei non si occupava solo di numeri, ma senza neanche che noi ce ne accorgessimo insegnava i più importanti valori. Perché è questo che deve fare un'insegnante, non deve limitarsi solo a fare una corsa contro il tempo per riuscire a finire il programma prefissato, ma essere attento a capire anche le esigenze di chi sta dall'altra parte della cattedra, a maggior ragione se si tratta di bambini che muovono i loro primi passi nel mondo della scuola e nella società in generale. Deve saperli ascoltare, senza tuttavia essere eccessivamente indulgente e permissivo. La maestra Tina riusciva ad essere coinvolgente anche con una materia fredda qual è la matematica:qualsiasi persona, adulta o bambina che fosse, avrebbe capito che insegnava perché amava farlo e non perché doveva.
      Sono consapevole che nella pratica è sempre difficile riprodurre modelli ideali ma lei, per quanto mi riguarda, ci è riuscita nel migliore dei modi e, per questo, gliene sarò sempre grata, con la speranza in futuro almeno ad imitarla.
      Anna Della Rocca

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  24. Durante il mio percorso di studi con i docenti ho sempre avuto dei
    rapporti e una considerazione del loro lavoro abbastanza buoni. Oggi, dopo
    aver conseguito la maturità negli studi e con una maggiore consapevolezza
    di quella che dovrebbe essere la loro funzione, se mi venisse chiesto di
    parlare dell’insegnante che a mio avviso ha contribuito a
    valorizzare me stessa,sia come persona che come studentessa, accrescendo
    l’interesse per la conoscenza e la cultura, nonché la consapevolezza
    delle proprie potenzialità, parlerei del professore di Letteratura e
    Storia del triennio.
    Ricordo ancora le prime lezioni sui canti danteschi e l'amore gentile, la
    donna angelo, la spigliatezza con cui comunicava l'amore e la vita.
    Rimanendo incantata e al tempo stesso affascinata da quel modo di
    interessare non solo me ma quasi tutta la classe che, oltre a
    prendere appunti,restava in silenzio, quest’ultimo non riconducibile
    all'autorità dell’insegnate, bensì alla sua dialettica.
    Parlando di autorevolezza c'è da dire che pur essendo abbastanza severo
    spesso esercitava l’autorità per ricondurre il gruppo a principi di
    correttezza, coerenza e lealtà.
    Ho imparato molto dalla sua didattica, il più delle volte i quesiti
    delle verifiche erano latenti, non erano esplicitamente trattati sui
    libri di testo. Questo metodo di insegnamento ha consentito di
    sviluppare in me un buon senso critico, l'abilità di considerare i
    "fatti" da più punti di
    vista, chiedendosi il perché e tralasciando i particolari inutili.
    Gli sono grata perché ha individuato e sottolineato, senza senso
    critico, le mie debolezze spronandomi a dare il meglio di me, a volte
    con valutazioni, a mio avviso, insoddisfacenti.
    Il professore, tutt’ora in servizio crede molto nei giovani, che reputa
    “la linfa vitale della società e del mondo intero”, a differenza di
    molti altri che invece pensano il contrario.
    Solo ora capisco le tecniche e gli strumenti a cui faceva riferimento per
    le sue, a suo dire, obiettive valutazioni, e senza poi parlare di quanto
    si stato attento alle difficoltà del percorso, e alla diversificazione di
    ognuno di noi dinnanzi ad esse. Infatti sarebbe inopportuno valutare
    alla stessa stregua due allievi due allievi che raggiungono gli stessi
    obiettivi con punti di partenza diversi.
    Mi ha stimolato a credere nel cambiamento, nel rinnovamento non solo
    individuale
    dinnanzi a tutte le vicissitudini della vita, ma nella rinascita
    sociale.
    Questo deriva dalle sue lezioni interdisciplinari, piene di un sapere
    quotidiano, classico, moderno e talvolta politico.
    Ci ha raccontato la vita, la sua quella degli altri e degli uomini in
    generale in raffronto alle situazioni, reinterpretate in chiave
    moralistica,o più che altro interpretativa. La valenza positiva di questa
    didattica, di questi strumenti sta proprio nella motivazione, nella
    possibilità di sentirsi all'altezza del proprio ruolo,di sentirsi
    protagonisti del percorso che seppure guidato per certi versi,rimane pur
    sempre individuale.
    Lo apprezzo per le innumerevoli testimonianze di affetto mascherate da un
    briciolo di severità e diffidenza.Uno
    degli elementi che non dovrebbe mai mancare è il dialogo, la
    conversazione costruttiva, mai univoca e sempre aperta all’ascolto. Solo
    questi elementi possono favorire il rapporto docente-alunno.
    Concludo, sottolineando che solo la passione e la dedizione con cui si
    svolge il proprio lavoro possono farne comprendere l’importanza e
    apprezzare il ruolo del docente.
    Spero che un giorno, non molto lontano, anch'io possa far trasparire e
    trasmettere questi elementi alle nuove generazioni di alunni affinché,
    sin dall’inizio del loro percorso scolastico, possano essere motivati e
    parte attiva nell’apprendimento (nel senso più ampio del termine), per
    renderli ingegneri del proprio destino.

    Chiara Occhionero

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  25. Ricordo lucidamente il giorno in cui ho deciso di divenire insegnante. In quel momento, la professoressa E. G. stava spiegando Quintiliano: “il buon maestro è colui che plasma il proprio discepolo come fosse creta; prova ottimismo nei suoi confronti e fiducia nelle sue capacità”. Quelle parole mi avevano colpito perché, finalmente, mi rendevo conto di come lei avesse sempre cercato di farlo. Certo, in un modo piuttosto velato e nascosto. Con lei tutto era un’incognita!. Era quel tipo di insegnante che, dopo averti interrogato il giorno prima, decideva di farlo anche quello successivo, perché “voglio vedere se continui a studiare”… Era inaspettata e a volte faceva anche innervosire! Con quelle sue impensabili verifiche, con quelle sue continue sfide. Nonostante ciò, però, riusciva a farti sentire fiero di te stesso perché, seppur l’imprevisto, con la sua preparazione eri riuscito a farcela comunque. Sebbene le sue metodologie fossero state alquanto tradizionali, aveva un non so che di innovativo quello che diceva. Sembrava capirti nonostante l’età. Infatti, era riuscita magicamente a farmi appassionare alle sue discipline; ed è proprio in un momento simile che si inizia a studiare per il gusto di scoprire, semplicemente per sapere, senza badare più alla valutazione. Sentivo una certa sintonia tra noi, tanto da non farmi pesare il suo ruolo di superiorità. D’altronde, lei era sempre l’insegnante, eppure a me non sembrava affatto così... Cercava sempre di motivarti perché, come lei stessa diceva, “se non saremo noi i primi fan di noi stessi, chi potrà esserlo?”. In classe sapeva mantenere le giuste e dovute distanze, ma ne frattempo era colei che, nonostante all’esame di stato fosse stata esterna, il giorno prima della prova d’italiano ti inviava un messaggio per rincuorarti. Era colei che nel parlare del tuo futuro ti prendere da parte, cosicchè gli altri non sentissero, così da dirti ciò che davvero pensava di te. Ed era proprio questo che più tutto ammiro di lei: questo suo lato sensibile che si celava dietro quell’aria così seria e dura, e che bisognava solo saper riconoscere. È stata senza dubbio una professoressa significativa, con le sue qualità e i suoi limiti, e solo ora riesco a comprenderne i metodi. Gaia Giulivi

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  26. La mia vita scolastica, fino alla terza media è stata proprio bella. Il passaggio alla prima superiore un vero trauma. Il motivo era semplice: mi trovavo in una scuola sbagliata. L'avevo scelta solo per assecondare mio padre, che ho sempre stimato. Speravo di trovare un professore di italiano che si accorgesse dell'errore e lo convincesse a farmi cambiare scuola, peccato che l'abbia trovato solo all'esame di maturità, quando mi chiese cosa ci facessi in quella scuola.
    La professoressa che ha lasciato un ricordo positivo e indelebile è quella che insegnava ragioneria. Con il suo fare, gentile e cordiale, rispondeva a tutti su qualsiasi problema si presentasse. Il suo modo di spiegare era semplice e chiaro, svolgeva il suo lavoro con un tale entusiasmo che ne rimanevo affascinata. Si percepiva che amasse la sua materia quanto i ragazzi. Con la sua dolcezza ed il suo accento milanese ci parlava delle contrattazioni in rialzo, in ribasso, dei punti Ftse Mib, insomma sembrava di stare proprio a Milano in "Piazza Affari". Per non parlare delle valutazioni dei compiti in classe. Raramente scendeva al di sotto del quattro, perché doveva dare, a chi aveva difficoltà, sempre la speranza di poter recuperare se si fosse impegnato. Al contrario, era l'unica a mettere dieci a chi consegnava una verifica esatta e non otto come altri. Meno male che l'ho incontrata al secondo superiore, perché mi ha ridato quella fiducia che avevo perso e di cui avevo bisogno in quel momento.
    Raffaella Tiberio

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  27. "La vita non ti dà le persone che vuoi, ti dà le persone di cui hai bisogno: per amarti, per odiarti, per formarti, per distruggerti e per renderti la persona che era destino che fossi" (A. Einstein). Molte sono le persone con cui mi sono relazionata nel mio iter scolastico, ma ad oggi il mio pensiero è rivolto a una persona in particolare; si tratta della professoressa di filosofia che mi ha accompagnato negli ultimi tre anni del liceo di scienze della formazione. Donna raffinata e dotata di grande intelletto, abili capacità nell’insegnamento con un amore profondo per la sua materia. Stimata e ammirata molto da noi alunni per le doti sopr’anzi citate. Per me non è stata solo un’insegnante, ma un vero e proprio modello di riferimento poiché ha ispirato la mia scelta accademica. La sua metodologia didattica era molto accurata, infatti poneva molta attenzione a richiamare le conoscenze precedenti, prima di introdurre le nuove. Capace nel ridurre i contenuti all’essenziale, facilitando noi alunni nell’apprendimento della lezione quotidiana; conduceva la lezione in modo interattivo, rendendo protagonisti noi alunni; faceva emergere dibattiti al fine di ottenere un confronto costruttivo, diversamente dal metodo tradizionale nel quale gli educandi sono meri ricettori passivi. Essendo la filosofia un sapere complesso, la docente era in grado di semplificare gli argomenti trattati, per mezzo di metafore molto interessanti e spendibili nella realtà quotidiana, difatti non dimenticherò mai uno dei più grandi insegnamenti non solo scolastici, ma di vita che mi ha particolarmente segnata: la consapevolezza dei propri limiti, del “sapere di non sapere” (Socrate). Alla fine di ogni lezione si avvaleva di supporti tecnologici come video e lavagne virtuali al fine di consolidare il nostro bagaglio culturale. Inoltre ha contribuito alla crescita dell’interesse in noi alunni riguardo la realtà che ci circonda, ponendo in essere il progetto del quotidiano in classe, il quale consisteva anche nella creazione da parte di noi alunni (lei compresa) di un gruppo sul sito “il quotidiano in classe.it”. Su questo ogni settimana veniva proposto un tema che noi dovevamo commentare. Inizialmente lo avevamo sottovalutato, ma con il trascorrere del tempo ne abbiamo compreso l’importanza poiché ci permetteva di essere informati sugli eventi del territorio. Era una vera professionista poiché riusciva a scindere la vita lavorativa da quella personale, non facendo mai emergere preoccupazioni o problemi; aveva l’abilità di “traslocare criticamente i saperi” a noi alunni; si interessava di tutto, infatti grazie a lei ho potuto conoscere il metodo Montessori, visitando le scuole di Roma e Foggia dove quest’ultimo viene adottato, appassionandomi e facendo crescere ancor di più in me una forte vocazione per l’insegnamento.
    Angela Desiree Carbonella

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  28. Ciao sono Fabio e oggi voglio rispondere il gentile ammiratore F. Bruni,
    Caro F.,
    Il mio percorso scolastico non è mai stato quello che si potrebbe definire “un percorso tradizionale”.
    Foggia. Era il lontano 1999, l'Euro era stato ufficialmente creato, Michael Jordan si ritirò dal Basket e La vita è bella vinse 3 Oscar. Fine di un secolo, la gente era entusiasta (anche dopo la tragedia di Viale Giotto) perchè voleva chiudere, insieme a quel secolo, tutti i problemi ed andare avanti.
    In tanto io finivo, innamorato di questo mondo per me ancora poco chiaro, la mia prima elementare. Per carità, niente da dire per le mie adorate maestre che mi hanno formato benissimo, ma all'epoca ne avevo davvero il terrore. Crescendo passai alle medie dove...... meglio chiudere qui l'argomento.
    Finita la scuola media decisi, un po' perchè portato per la matematica, un po' perchè andavano tutti i miei amici e un po' perchè era di moda, di iscrivermi al liceo scientifico, dove trovai ottimi insegnanti comprensivi e capaci di trasmettere la loro cultura. Ma... e dico ma... il bullismo psicologico(ragazzi con la puzza sotto il naso / figli di papà) + un mix di problemi personali (che quelli non mancano mai a nessuno), mi resero insopportabile la mia vita scolastica tanto che il secondo anno venni bocciato....
    Ed è qui che inizia la VERA storia
    Così stufo di quella realtà decisi di cambiare scuola e mi iscrissi al “ITG” ( il geometra in pratica).
    Non ero bravissimo nemmeno li, fatto sta che sicuramente avevo legato subito con i miei compagni. Questo mi permise di “aprirmi” anche mentalmente.... ok, non ci voglio girare in torno 1.. 2.. 3.. facevo un casino infernale in classe!!! Ma non era per un motivo esatto, semplicemente perchè ero contro le istituzioni, ero stato bocciato ingiustamente, tutti avevano sbagliato ma io no, insomma, un po il ragionamento di tutti i ragazzi alle prime armi. Un giorno mentre capitanavo il baccano nei corridoi insieme ai miei compagni, la mia ,allora, prof. di chimica mi disse: “Taggio sei contento?” e io in maniera del tutto indisponente risposi: “si!”, appena risposi così passò l'allora 3a di quel corso d'avanti a noi, così la prof. replicò: “Pensa che ora potevi stare li” calò il silenzio per un istante e poi mi chiese di nuovo “Taggio sei contento?” non la risposi più, mi limitai a guardarla, mi aveva tolto le parole.
    Tutto questo per dire che: l'insegnante che a me ha colpito di più è stata lei, non per la materia che insegnava, per come la insegnava o per come vestiva, lei quel giorno mi ha cambiato la vita, da li è iniziato il mio processo di maturità e nulla fu più come prima! Questo per me vuol dire essere insegnate: “Insegnare con la semplicità a vivere!”.

    Rispondendo a lei sign. Bruni, si, mi piace molto la pasta con il pesto!

    Fine

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  29. Ripensando al mio percorso di studi e a tutti gli insegnanti che ne hanno fatto parte, mi torna in mente la mia insegnante di matematica della scuola elementare. Non dimenticherò mai la dedizione e l’impegno con cui affrontava la sua materia. Con la sua dolcezza, la sua bontà mi ha fatto innamorare della matematica, nonostante per me fosse incomprensibile. Era sempre dalla nostra parte, ci sosteneva in ogni occasione rischiando di mettersi contro gli altri insegnanti. Durante la lezione, non si limitava alla trasmissione teorica di contenuti, ma forniva degli esempi vicini alla realtà in modo che si comprendesse meglio il significato di un’operazione. Altre volte ci divideva in gruppi, e ad ogni gruppo veniva assegnato il compito di svolgere un problema in un tempo prestabilito in modo che tutti fossero coinvolti. Nella valutazione era sempre imparziale, sia nelle prove scritte che alle interrogazioni., premiava l’impegno di tutti i bambini con la speranza che continuassero ad impegnarsi sempre. Con lei anche l’argomento più pesante, il più noioso si mostrava interessante, perché ci rendeva protagonisti del suo insegnamento. Quando sarò insegnante mi ispirerò a lei sperando di riuscire a trasmettere ai miei alunni gli insegnamenti ricevuti. GIULIA GIOVANNITTI

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  30. Io ricordo esattamente il momento in cui ho deciso di diventare un insegnante, ero piccolissima e la figura della mia maestra mi aveva affascinata, ogni volta che apriva bocca restavo incantata.
    Con il passare del tempo in me è cresciuta la voglia ma la mia maestra tanto amata era cambiata nella professoressa delle medie che non mi suscitava forti emozioni, finché in quarto superiore non incontrai la mia professoressa di storia e filosofia.
    In questi giorni sono tornata nel mio vecchio liceo e l’ho rivista, anche in quell’occasione ho sentito la passione che lei mette nel suo lavoro,quando mi ha vista, sapendo la strada che avevo scelto, mi ha detto:”Ti danno due lire, ma la soddisfazione di aver donato qualcosa a qualcuno e il vedere che alcuni, come te, tornano a raccontarti cosa fanno, non ha prezzo!”.
    Lei lavorava molto sul lato umano,voleva scoprire i meandri delle nostre personalità e sapeva quali fossero i nostri punti deboli e quelli forza e puntava sempre sulle nostre qualità per incoraggiarci a fare meglio.
    Sapeva catturarci con i suoi discorsi e traspariva il suo reale interesse alle nostre vicende scolastiche.
    Ci raccontava la storia e la filosofia come se li avesse vissuti in prima persona.
    Quando la mia prof entrava in classe carica di libri, foto e mappe, per noi era una festa perché non era la solita lezione noiosa, ogni volta era unica (quando durante la settimana c’era lei, la classe era al completo, nessun assente, il che era una rarità!). Durante l’ora che aveva a disposizione nasceva sempre un dibattito vivo che ci portava al pensiero di quel filosofo tramite semplici suoi input, eravamo noi a fare la lezione senza rendercene conto, in questo modo la materia diventava nostra, alla fine dell’anno la sapevamo padroneggiare.
    Nonostante io abbia fatto filosofia anche al terzo anno di liceo, è nel quarto anno che ho capito che la filosofia può aiutarci a sentire e a renderci consapevoli del nostro pensiero.
    La mia professoressa con noi era sempre attiva, non si stancava mai e dopo anni di lavoro, una volta le abbiamo chiesto se fosse stanca di stare dietro una cattedra e lei ci rispose che fino a che gli alunni avessero risposto in maniera positiva alle sue lezioni non si sarebbe mai stancata.
    La sua dedizione e l’amore che metteva nel suo lavoro mi hanno portata a pensare che alla fine questo mestiere non si fa se vuoi un posto sicuro (anche perché oggi nulla è sicuro) se non si ha la voglia,diventa pesante.
    Nardella Celeste

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  31. Durante tutta la mia carriera scolastica, credo di potermi ritenere abbastanza fortunato perché mi sono trovato spesso bene con tutto l’ambiente scolastico. Infatti, ho avuto spesso esperienze positive e costruttive con la maggior parte degli insegnanti sin dalla scuola materna! Sicuramente il mio percorso di studi, trascorso tra il liceo delle Scienze Sociali e il corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria, è strettamente collegato alla mia esperienza molto positiva e formativa degli anni della scuola primaria. Durante quegli anni, infatti, ho avuto insegnanti che mi hanno saputo motivare bene allo studio e all'apprendimento sempre maggiore tanto da “traslocare” in me la loro passione per l’insegnamento. Fra tutti gli insegnanti della scuola primaria il più importante, dal punto di vista culturale e umano, è stato per me il maestro M.P. di storia e geografia; un uomo di mezz'età, laureato in filosofia all'università di Firenze. Era un insegnante con una gran cultura e con una grande passione nel diffondere le sue conoscenze a tutta la classe. Sono rimasto molto colpito dai suoi metodi d’insegnamento perché furono molto innovativi e particolari in confronto ai soliti metodi “classici”che alcune maestre adottarono qualche anno prima con i miei fratelli maggiori. Proprio per questo, ricordo dopo più di dieci anni, alcune delle lezioni e dei progetti più particolari ed efficaci realizzati con il maestro M.P.. Non potrò mai dimenticare la “fabbricazione” di un calendario con dei disegni creati da noi bambini sulla mitologia greca. Tra i progetti didattici di maggior interesse è bello ricordare anche quello sui pianeti e il sistema solare, grazie al quale, dopo vari mesi di studi e piccole ricerche, siamo riusciti a creare una Meridiana che ancora oggi segna l’ora esatta sull'entrata principale della scuola del mio paese! La peculiarità didattica di questo fantastico maestro era legata alle sue brillanti e stimolanti spiegazioni alle quali accompagnava una dimostrazione pratica visiva. È grazie ai suoi insegnamenti, alternati tra teoria in aula e messa in pratica, che ancora oggi ho riscontri positivi sulla mia cultura e sulle miei aspettative lavorative di insegnante. Aldino D’Amico

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  32. Dovendo individuare la figura dell'insegnante che mi ha colpito di più devo necessariamente andare indietro nel tempo e ritornare alla scuola primaria.
    Qui ho avuto la fortuna di essere accompagnata per l'intero percorso scolastico da un maestro unico.
    Il primo giorno di scuola ricordo che rimasi intimorita nel vedere in classe una figura maschile che ci accoglieva, provenendo da una scuola d'infanzia tutta al femminile. Tuttavia, nel giro di poco tempo, venivo tranquillizzata, in quanto il metodo di insegnamento, e non la figura di genere, riusciva ad infondere nel mio animo sentimenti di serenità e fiducia.
    Il maestro faceva emergere in classe, con grande passione, il desiderio all'apprendimento spiegando in modo semplice le singole materie e ricorrendo spesso a sussidi didattici ed esempi vari che coinvolgevano costantemente l'interesse e l'attenzione di tutti noi.
    Il suo impegno, infatti, era quello di portare i suoi allievi ad un medesimo livello di conoscenza, senza alcun discrimine, in quanto tutti dovevano sentirsi primi della classe, ognuno con la propria originalità.
    Il maestro viveva la giornata scolastica abitualmente tra i banchi escludendo quasi completamente la cattedra in modo da coinvolgerci maggiormente nonché per sollecitare ed ascoltare le osservazioni che riuscivamo a proporgli.
    Inoltre sapeva con grande abilità alternare l'impegno didattico introducendo fasi di attività ludico-ricreative, di recitazione ed iniziative varie che animavano la classe e rendevano quanto mai piacevole l'impegno scolastico primario.
    In definitiva il metodo didattico usato, mirante ad un insegnamento il più possibile coinvolgente, pur non trascurando mai il rigore scientifico, mi rimane ancora vivo ed attuale nel personale ricordo della professionalità ed umanità del mio maestro che riusciva a suscitare in noi autostima ed infondere, come già rilevato, amore per la conoscenza.
    Linda Iannitto

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  33. Ricordo l’ingresso in aula della mia professoressa d’Italiano al secondo anno delle superiori: sguardo imperturbabile ma attento, tono di voce fermo ma dolce, postura da gran donna. In classe il panico si diffuse al pensiero di aver trovato una delle prof. più crudeli della nostra storia liceale. Dopo aver fatto l’appello e distribuito test attitudinali per valutare le nostre conoscenze iniziò a leggere ad alta voce le domande fornendo spiegazioni in maniera cosi chiara e semplice che noi tutti restammo incantati. Nella sua lezione riuscì a sintetizzare un anno scolastico. Ci spiegò che il suo intento non era quello di valutarci ma di iniziare un lavoro di collaborazione con noi. La nostra cara professoressa D.L. diventò un punto cardine. Una professore esemplare sia nella metodiche didattiche che nei contenuti. Riusciva a gestire la classe, composta da 23 alunni, con pugno di ferro e cuore di velluto. Ogni lezione era una continua scoperta, non esisteva il terrore delle interrogazioni né ci caricava di compiti per casa. Preparava lezioni così interessanti da permetterci di compiere una parte importante dell'apprendimento direttamente in classe. Era stimolante il modo in cui esponeva gli argomenti, faceva risvegliare curiosità e piacere nel ricercare approfondimenti. Con lei ho imparato ad apprezzare la lettura dei classici e l’inebriante scoperta che è possibile leggere senza annoiarsi. Credo di avere tracciato il ritratto dell'insegnante ideale a cui piace ispirarmi pensando al futuro.
    Raffaella Sansone

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  34. È stato bello viaggiare nel passato e rivivere le belle e purtroppo anche le brutte esperienze della mia carriera scolastica. Nella mia testa le immagini di coloro che mi hanno accompagnata lungo tutto il percorso scolastico, scorrevano come diapositive come quelle di una camera cinematografica. Ma improvvisamente, una in particolare, ha illuminato i miei ricordi.
    Il mio professore di Filosofia del Liceo Pedagogico è stato colui che, più di altri, ha alimentato in me la voglia di studiare e ottenere ottimi risultati.
    Era un uomo di fede, con i modi placati, umili e gentili, una voce soave e pulita e il suo sguardo sempre attento a far si che tutti stessimo attenti durante la lezione. Esigeva rispetto e non tollerava rumori. Non necessitava di urlare per riprenderci bensì un solo sguardo era alquanto sufficiente. Non per questo era cattivo, anzi, comprensivo, pronto all’ascolto e attento ai nostri stati d’animo e spesso ci regalava anche qualche sorriso.
    Era appassionato alla Filosofia, quella disciplina tanto complessa e contorta, ed esponeva i concetti in modo chiaro e comprensibile. Ricordo perfettamente con quanta brama lo faceva e si capiva anche dal suo modo di fare; gesticolava lentamente e il tono della sua voce alternava suoni alti e bassi come se stesse interpretando una poesia. Mi spingeva involontariamente a seguirlo e non era difficile concentrarsi sul perché l’essere, il mondo, la natura …. Amavo le sue lezioni, infatti dopo tanti anni conservo ancora, come reliquie, i miei quaderni di filosofia ricchi di sapere.
    Sembrerà strano ma adoravo anche le sue interrogazioni. Non era solito appellare tenendo sotto mano quel tanto temuto registro, ma eravamo noi studenti a decidere quando e con chi andare all’ interrogazione. Infatti ci interrogava in coppia. Non lo faceva alla cattedra ma ci faceva disporre due banchi al centro dell’aula. In questo modo non suscitava in noi quella sorta di imbarazzo o timore che a volte si prova stando vicino un professore e sentirsi osservati da tutti.
    I suoi meccanismi valutativi erano rigorosi. Si è vero, premiava la diligenza ma non screditava il negligente. Non aveva preferenze e questo lo ammiravo perché non faceva di noi dei competitori.
    Sapeva rendere quell’ ambiente a volte aspro, insito di gelosie, paure e ansie, un luogo caloroso e pacifico.
    Concludo dicendo che è stato bello ricordare e raccontare quell’ insegnante che mi ha regalato tanto e se lo ricordo particolarmente non sarà per le conoscenze filosofiche che mi ha trasmesso (perché probabilmente non ricordo più nulla di filosofia) e mi auguro che un giorno anche i miei alunni possano dire altrettanto di me.
    Alessandra Mimma Staniscia

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  35. La parola insegnante, nella sua accezione originaria, contiene al suo
    interno il sostantivo SIGNUM <> che insieme al prefisso IN-, rende
    in modo pieno, il suo significato. L'insegnante, infatti, ha l'importante
    compito e onore, allo stesso tempo, di lasciare un segno, di imprimere un
    segno tangibile e indelebile non solo nella mente, ma anche nel cuore di
    ogni alunno.
    Ed è proprio per questa ragione, che desidero raccontare la
    meravigliosa esperienza vissuta con la maestra M. (insegnante di storia e
    geografia alle scuole elementari) che mi ha
    permesso di capire quale sarebbe stata la strada più giusta da
    intraprendere. Quella, un giorno, di poter lasciare, anche io, un segno.
    Nonostante abbia avuto il privilegio di conoscerla soltanto in quarta
    elementare, ho avuto, comunque, la possibilità di scoprirla appieno e
    innamorarmi del suo essere insegnante. Era giovanissima e nel suo
    approccio a noi sapeva essere tanto materna,quanto autorevole. Nel suo porsi con me,
    trasmetteva protezione.
    Per questo è stata il mio 'punto di riferimento' in quanto, molte volte,
    un suo complimento mi rendeva fiera più dell’incoraggiamento di mamma e
    papà, divenendo così il mio 'modello da imitare'.
    Ed io tornando a casa, la imitavo. Infatti, prendevo la mia piccola
    lavagnetta e fingevo di fare lezione con la mia sorellina.
    Aveva un metodo di insegnamento particolarissimo; per farci, infatti,
    comprendere le peculiarità di un determinato periodo storico, affidava la
    parte di un personaggio (tenendo in considerazione il carattere e le
    attitudini) ad ogni alunno. Ad esempio, alla fine del quarto anno, ci
    trovammo a mettere in scena una rappresentazione ambientata nella corte di
    Federico II. Sono riuscita così, fin da subito, ad acquisire tutte quelle
    competenze (rispetto delle regole, spirito di adattamento,
    collaborazione), che sono indispensabili per ogni bambino.
    Grazie a lei ho scoperto che la gratificazione di apprendere non dipende
    esclusivamente da un voto buono, ma, molte volte, dal 'gusto' di
    conoscere, imparare e, soprattutto, crescere. Per suo merito ho amato la
    storia e la geografia, ma soprattutto l’insegnamento come mezzo e
    strumento di crescita.
    Spero di diventare esattamente come lei, perché essere insegnante comporta
    responsabilità, oggi più di ieri, in quanto abbiamo bimbi e futuri
    cittadini sempre più fragili, i quali, hanno bisogno di essere istruiti ed
    educati, ma, hanno soprattutto bisogno di essere formati nella
    costruzione di valori e personalità, che, soprattutto a quell'età, sono
    fondamentali per il percorso formativo successivo e per la vita.
    Sono anni ormai che non la vedo, ma se mai avessi la possibilità di
    incontrarla, vorrei dirle che ha lasciato un segno indelebile nella mia
    vita, mi ha dato radici ed ali per inseguire il mio sogno e se oggi sono
    qui a scrivere, lo devo anche un po’ anche a lei.
    CARMELA IAVAGNILIO

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  36. Durante il mio percorso tra i banchi di scuola, credo possa ritenermi alquanto fortunata ad avere avuto sempre docenti validi, competenti e professionali. Dalle elementari alle superiori quasi tutti hanno lasciato in me ricordi positivi. Una in particolare però mi ha letteralmente “ammaliata, catturata” : R.C. professoressa di Italiano che ho avuto l’onere e l’onore di avere in seconda e terza media. Seppur molto rigida, severa e caratteriale è riuscita a conquistare l’intera classe, me in primis. Donna dotata di immensa cultura e gran carisma, le sue lezioni erano “calamite” per le nostre menti; ciò nonostante non era la classica prof del “programma da portare a termine”, il suo lavoro con noi non terminava al suono della campanella, anzi! Capiva che stavamo attraversando la difficile fase adolescenziale e capitava che molti pomeriggi, con la scusa di offrirci un the ci invitava a casa sua e trascorrevamo ore a parlare sulle cose che ci turbavano, sui primi amori, sulla nostra vita fuori dalla scuola insomma. Una seconda mamma! Sapeva tirare fuori il meglio di noi in ogni situazione. Quando sbagliavamo ci chiamava in disparte e anche con parole forti (io stessa ricordo di essermi beccata un sonoro str…a in gita scolastica) sapeva farci comprendere i nostri errori e riportarci sulla “retta via”. I due anni trascorsi con lei sono quelli che rimpiango di più di tutta la mia carriera scolastica. Un augurio che posso farmi è solo quello di provare a diventare come lei, per lasciare nei miei futuri alunni impronte indelebili.
    Ilaria Gianfelice

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  37. Ripercorrere gli anni di scuola e scrivere dell’insegnate che ha lasciato un’impronta positiva non solo nella mia mente, ma anche e soprattutto nel mio cuore, è una faccenda alquanto malinconica. Suppergiù tutti i docenti che ho incontrato hanno avuto un impatto positivo su di me, eccetto qualche mosca bianca, ma è risaputo che ogni studente abbia avuto almeno un “intoppo” nel proprio percorso scolastico. Tuttavia la persona di cui desidero raccontare è la mia professoressa di italiano, storia e geografia delle scuole medie. Sono obbligata, però, a partire da un presupposto: la prof. M.D.N. aveva la fama di essere rigida, molto esigente ed anche parecchio scontrosa. In effetti aveva quell’aspetto un po’ da Signorina Rottenmeier, con gli occhiali tondi e quello sguardo quasi sprezzante. Invece fu abile a smentire immediatamente questo pregiudizio; il primo giorno, dopo essersi presentata, si mise di fronte ad ognuno di noi e, di volta in volta, ci chiese di scegliere l’argomento che avremmo voluto affrontare. Domanda assai spiazzante, nessuno osava rispondere per paura di sbagliare. Poi scoppiò in una gran risata dicendo che voleva solo abituarsi a riconoscere le nostre voci, visto che avremmo dialogato per tutto l’anno; era semplicemente il suo modo per farci capire che le interessava ascoltarci, condividere i nostri pensieri, trovare risposta alle nostre curiosità, gestire le nostre paure. Le ore con lei passavano sempre in fretta e le attività svolte non erano mai banali; si passava dalle interviste ai sopravvissuti della guerra, alla lettura di canti e filastrocche popolari per fare amicizia con il nostro passato (come diceva lei). Quando spiegava il senso di una poesia usava le parole più semplici per permetterci di percepire lo stato d’animo dell’autore ed i sentimenti che lo spingevano a scrivere quelle parole: era come rivivere le stesse sensazioni, come prepararci con lo stesso entusiasmo dei protagonisti al dì di festa del “Sabato del villaggio”, oppure assistere da spettatori al malinconico lamento di Foscolo in “A Zacinto”. Era sempre disponibile ed affettuosa, quasi fosse una sorella maggiore (anche data la sua giovane età). Cercava in tutti i modi di renderci partecipi e spesso si lasciava andare a battute divertenti se percepiva nei nostri volti espressioni di sfinimento. Sapeva cogliere la perplessità riguardo ad un argomento, anche facendo un’unica semplice domanda e non ottenendo alcuna risposta, in tal caso ci pregava di esprimere i nostri dubbi, poiché le sarebbe stato difficile proseguire nella spiegazione con la consapevolezza che alcuni di noi non “seguivano il filo”. Durante le interrogazioni il registro restava chiuso, cercava di non infondere preoccupazione, ma allo stesso tempo provava a restare impassibile davanti alle esitazioni di noi alunni nel dare una risposta. In effetti, raramente si è mostrata arrogante, ma quando le era necessario, sapeva assumere magistralmente un atteggiamento autoritario nel correggerci ed anche nel rimproverarci. Ho apprezzato molto la sua capacità di mantenere sempre viva la nostra attenzione e di evitare in ogni modo che qualcuno restasse un passo indietro rispetto agli altri. Ed è questo che vorrei riuscire a fare: far sentire tutti i miei alunni in grado di poter affrontare e superare le difficoltà, sia a scuola, sia nella vita.
    Giusy Rita Quaranta

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  38. In tutta la mia formazione scolastica ho conosciuto tanti prof, ognuno con un suo modo di fare.
    Tra questi quello che mi ha impressionato di più è il prof di matematica della 3^ media, nonostante la sua preparazione e la sua giovane età, riusciva a tenere la classe (molto vivace) quiete, in modo da poter lavorare tranquillamente.
    Sapeva farsi rispettare, era come un amico e un insegnante nello stesso tempo, mantenendo un equilibrio costante.
    Era un patito della matematica e talvolta era pesante col carico di argomenti da portare all’interrogazione, ma dava tempo sufficiente per prepararci.
    Ma ricordo questo prof soprattutto per il modo in cui interagiva con tutti su qualsiasi problema si presentasse davanti, riuscendo alla fine a trovare sempre una soluzione, e per il suo modo di spiegare le cose in modo chiaro e ben definito.
    Beh, che dire, io vorrei diventare un maestro come lui , cosi che i miei alunni mi ricordino e mi apprezzino nello stesso modo in cui io ricordo e apprezzo il prof della 3^ media.
    MICHELEPIO DE LEO

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  39. Settembre, inizio anno scolastico. Ore 8:15: suono della campanella. A gruppi disordinati i ragazzi si accingevano ad entrare rumorosamente all'interno del Liceo Classico. Le emozioni che si percepivano erano tante, un misto tra perplessità, ansia, adrenalina, pura consapevolezza di ciò che era e consapevole paura di ciò che sarebbe cambiato.
    Proprio noi, alunni del IIB, eravamo destinati ad un imminente cambiamento: di lì a poco avremmo conosciuto la nuova insegnante di greco e latino.
    Ognuno al proprio posto, come se nulla fosse mutato dall'anno precedente, attendevamo l'arrivo di colei che, inaspettatamente, sarebbe diventata una delle colonne portanti della mia formazione.
    Il suono dei passi e il rumore della porta che si chiuse alle sue spalle, spensero il mormorio nella classe, facendo in modo che ogni sguardo fosse su di LEI : esile, slanciata, eterea, capelli scuri e occhiali che le contornavano il viso.
    -E' giovane..., giovanissima!- questo pensai - Come può una ragazza appena trentenne tener testa alla nostra classe di adolescenti, accompagnandoci nel percorso verso l'esame di maturità?-
    I dubbi iniziarono ad assalirmi, ma mi dovetti subito ricredere quando lei, con sublime passione e concreta preparazione, cominciò il suo excursus sulla letteratura degli antichi greci e latini.
    Anche con il passare del tempo le sue lezioni e il suo modo di metterci in relazione con le materie umanistiche, riuscivano sempre a tener viva la mia attenzione; trovavo le sue modalità d'insegnamento affascinanti, ma la cosa ancora più incredibile era il suo animo sincero, incorruttibile e l'atteggiamento con cui si poneva nei nostri confronti: per la prima volta non ci sentivamo dei "sacchi" da riempire di sterili nozioni, ma delle PERSONE con intelletto e un bagaglio culturale da dover accrescere. Ogni suo "bene, adesso cominciamo..." dava inzio ad una lezione che giornalmente avrei voluto non finisse mai.
    Le devo veramente tanto e me ne sto rendendo conto soprattutto ora che ho intrapreso un percorso di studi che mi porterà un giorno a trovarmi "dietro la cattedra". So per certo che semmai dovessi riuscire a trasmettere ai miei futuri alunni la voglia di apprendere, la sete di conoscenza e l'amore per le materie studiate, sarà solo per merito del suo insegnamento.

    Noemi Russo

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  40. Fin dall'asilo ho conosciuto bravi insegnanti e forse proprio questo ha influenzato la mia scelta di iscrivermi a scienze della formazione primaria. Ma l'insegnante che ricordo con affetto è la professoressa delle scuola superiori di pedagogia e psicologia, questo perché da subito è riuscita a suscitare in me un particolare interesse nelle sue materie. Le sue lezioni partivano quasi sempre da un problema di vita quotidiana e per motivare il nostro interesse venivano svolti approfondimenti, concordati insieme, su argomenti connessi alle materie per poi discuterne insieme. E' stata una prof innovativa perché ci faceva lavorare sempre in gruppo, infatti anche le interrogazioni erano svolte in questo modo.
    Sosteneva che fosse assurdo fare solo teoria, pretendeva che fossero inserite anche attività di laboratorio per mettere in pratica quello che studiavamo a scuola e quindi partecipare davvero in modo attivo, infatti è riuscita a farci partecipare ad attività di tirocinio e ad approfondire il metodo Montessori visitando la scuola e osservando da vicino gli strumenti utilizzati. Tutti gli alunni hanno fiducia e stima in lei perché si dedica pienamente al suo lavoro e riesce ad insegnare in modo divertente e innovativo.
    La sua particolarità è che ci interrogava tutti i giorni e soprattutto non mancavano i compiti in classe a sorpresa! Questo suo metodo inizialmente ci risultava pesante ma poco dopo abbiamo compreso che era un buon metodo per non dimenticare gli argomenti studiati in passato. E' stata una grande insegnante perché è sempre riuscita a creare un clima d'aula perfetto per apprendere, le sue lezioni non erano mai noiose, infatti era un piacere ascoltarla. Un giorno spero di riuscire a essere innovativa e determinata come lei per i miei futuri alunni.

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  41. Fin dall'asilo ho conosciuto bravi insegnanti e forse proprio questo ha influenzato la mia scelta di iscrivermi a scienze della formazione primaria. Ma l'insegnante che ricordo con affetto è la professoressa delle scuola superiori di pedagogia e psicologia, questo perché da subito è riuscita a suscitare in me un particolare interesse nelle sue materie. Le sue lezioni partivano quasi sempre da un problema di vita quotidiana e per motivare il nostro interesse venivano svolti approfondimenti, concordati insieme, su argomenti connessi alle materie per poi discuterne insieme. E' stata una prof innovativa perché ci faceva lavorare sempre in gruppo, infatti anche le interrogazioni erano svolte in questo modo.
    Sosteneva che fosse assurdo fare solo teoria, pretendeva che fossero inserite anche attività di laboratorio per mettere in pratica quello che studiavamo a scuola e quindi partecipare davvero in modo attivo, infatti è riuscita a farci partecipare ad attività di tirocinio e ad approfondire il metodo Montessori visitando la scuola e osservando da vicino gli strumenti utilizzati. Tutti gli alunni hanno fiducia e stima in lei perché si dedica pienamente al suo lavoro e riesce ad insegnare in modo divertente e innovativo.
    La sua particolarità è che ci interrogava tutti i giorni e soprattutto non mancavano i compiti in classe a sorpresa! Questo suo metodo inizialmente ci risultava pesante ma poco dopo abbiamo compreso che era un buon metodo per non dimenticare gli argomenti studiati in passato. E' stata una grande insegnante perché è sempre riuscita a creare un clima d'aula perfetto per apprendere, le sue lezioni non erano mai noiose, infatti era un piacere ascoltarla. Un giorno spero di riuscire a essere innovativa e determinata come lei per i miei futuri alunni.
    Ida Debora Padalino

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  42. "Un maestro dovrebbe sempre essere all'altezza degli ideali del proprio allievo."

    Non si può certo dire che questo tema sia stato per me il più semplice da trattare.
    Dopo una carriera costellata di "insegnanti" negativi, nell'autunno del mio quarto anno al liceo scientifico, arrivò lui: M.M., professore di storia e filosofia.
    Profondamente legato alle sue materie, aveva la particolare capacità di riuscire a far apprezzare anche gli argomenti più complessi.
    Non pretendeva di ergersi a "Divinità della cattedra", anzi... il tempo che vi passava seduto era minimo, quasi inesistente: amava stare con i suoi alunni, sedersi a quei banchi tanto odiati e colmi di disegni, tanto che a volte venivano sporcati di proposito, solo per sentire l'opinione preferita del professore.
    Proprio per le sue capacità e la sua passione, veniva denigrato da alcuni: "Può essere bravo quanto volete, ma ha una cultura fatta su Wikipedia", "Siete ancora indietro con il programma perché perdete solo tempo con lui"... E invece no. Le spiegazioni erano semplici, frutto della sua esperienza e istruzione universitaria e intervallate da battute spiritose per alleviare il peso dei temi trattati. Ignorava qualsiasi voce diffamatoria e spesso ne rideva, ne aveva sentite di peggiori quando era uno studente: ci disse che i suoi professori tentavano di demotivarlo in tutti i modi, che NESSUNO AVREBBE MAI SCOMMESSO SU DI LUI, eppure eccoli qui, è arrivato persino più lontano dei suoi docenti e tutti gli alunni lo adorano.
    Il vero insegnante, secondo me, non deve infondere la mera conoscenza nelle teste dei suoi alunni, sperduti in una realtà che non sentono più loro, ma INSEGNARGLI A VIVERE, aiutarli a sviluppare le conoscenze e le capacità necessarie a donar loro la speranza per un futuro migliore, condurli sulla soglia del mondo e lasciarli liberi di esprimere se stessi e lasciare un'impronta nel mondo.

    "Di chi è questa mano? Ah... è la mia...
    Sono riuscito a diventare... insostituibile per qualcuno?"

    Grazie mille signor M., per essere stato il mio insegnante.

    De Cinque Chiara Pia

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  43. Se c'è una persona che è stata veramente speciale nel mio percorso di formazione come non ricordare la professoressa di filosofia G.M.!!Una persona semplice , giusta , dall'animo buono e generosa ,sempre disponibile e aperta ad innovazioni .Le sue lezioni erano sempre piacevoli , era impossibile annoiarsi ; di lei ricorderò il modo in cui spiegava ma non solo, la sua capacità di trasmettermi interesse verso la materia ,lei era l'unica che capiva gli alunni ,dando consigli e a volte anche rimproveri !!Come non dimenticare le sue spiegazioni ,ogni giorno sembrava di essere catapultati nel mondo dell'antica Grecia e così via.. Ricordo la prima lezione , tutti atterriti nel vederla ,col suo modo quasi buffo di vestire forse anche spaventati , bastò poco per acquistare la nostra fiducia e il suo insegnamento fu un crescendo continuo .. Tanto che riuscì ad avere talmente attenzione nel suo modo di raccontare filosofia che non avresti smesso di ascoltarla .Le interrogazioni erano un confronto , un dialogo , un insieme di pensieri e di rielaborazioni non una semplice esposizione di conoscenze .Purtroppo questo viaggio durò poco poichè insegnò solamente nel terzo anno di liceo per correre a Bari per il fatidico ruolo!!Si parla tanto di orientamento ,di competenze, lei fu l'unica o forse una delle poche ad avere non un semplice sapere , ma una capacità ad insegnare che pochi avevano , l'unica a farmi capire di quanto sia bello insegnare e dell'importanza e anche la difficoltà che questo possiede !!
    CHIARA ANTONIA MASCOLO

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  44. Ripercorrendo con la memoria la mia carriera scolastica ho provato a mettere a confronto tutti gli insegnanti che ho conosciuto fin dall’infanzia e che mi hanno accompagnata nel mio percorso di crescita; la prima figura che mi è saltata davanti agli occhi è stata quella di F.R, docente di storia e filosofia dal terzo anno di liceo. Negli anni precedenti, ascoltando i commenti delle mie amiche più grandi, devo dire che ero un po’ spaventata riguardo alla filosofia, descritta come una materia noiosa e ripetitiva “che non serve a nulla nella vita quotidiana!” Tuttavia, già dalla prima lezione, fui costretta a ricredermi: infatti, il nostro primo approccio con questa materia avvenne attraverso l’analisi dell’etimologia del termine filosofia: composto di φιλεῖν “amare” e σοφία ,“sapere”, viene tradotto dal greco con “amore per il sapere”. E’ stato proprio questo amore che lei ha saputo trasmettermi che mi ha portata a cambiare non soltanto il mio modo di studiare, ma anche il mio modo di concepire le cose. Era (anzi è) una persona semplice, che non sentiva mai il bisogno di mettere in evidenza le sue conoscenze per farsi notare, ma anche capace di farsi rispettare e, quando chiamata in causa, riusciva a chetare tutti con delle frasi brevi ed intense.
    Ai miei occhi il suo metodo risultò nuovo, mai sperimentato prima: infatti, a differenza dei miei precedenti insegnanti che alle interrogazioni si accontentavano della lezione ripetuta meccanicamente lei, inizialmente, ci ammoniva proprio per questo: non so quante volte abbia dovuto ripeterci che “la filosofia è una materia da capire e non da memorizzare!” prima che riuscissimo a comprendere cosa intendesse davvero. Solo dopo alcuni mesi, con la sua santa pazienza, iniziammo ad abituarci a questo, per noi, nuovo metodo di studio, dove allo sforzo di memoria sostituimmo il ragionamento per intuizione. La lezione era non più un monologo dell’insegnate, ma un dialogo in cui la professoressa ci spronava ad intervenire con domande che, anche quando a noi sembravano stupide, lei diceva essere costruttive e mai inutili. Riuscimmo, così, a scoprire davvero la bellezza dello studio, il fascino di una materia tanto complessa quanto interessante, al punto da integrare le conoscenze apprese dal manuale con ricerche, letture dai testi originari e documentari audio-visivi. Inoltre, entusiasmata dalla nostra curiosità sempre maggiore, ogni anno, nel mese di ottobre, ci accompagnava a partecipare al festival della filosofia: si tratta di un evento culturale organizzato nell’area del Parco Nazionale del Cilento che mira alla riscoperta dei luoghi e degli spazi dove è nata la filosofia, interpretandola in una chiave nuova, diversa e affascinante: il percorso, della durata di quattro giorni, si compone di passeggiate filosofiche nella natura, laboratori interdisciplinari, dialoghi, concorsi a tema e tante altre attività che univano magicamente studio e divertimento. Il primo anno partecipammo quasi per gioco, inconsapevoli del fatto che negli anni successivi alcuni di noi avrebbero perfino rinunciato alla gita di fine anno pur di conservare i soldi per il festival. Penso che questa sia stata l’esperienza più istruttiva e coinvolgente che io abbia mai svolto in tutta la mia vita, che mi ha dato la possibilità di conoscere nuove persone, confrontare con loro i miei pensieri e allargare i miei orizzonti e per questo non posso fare altro che ringraziare la mia docente per questa opportunità.
    Angelica Marinelli ( I parte)

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  45. Purtroppo molte volte siamo portati ad etichettare come buoni insegnanti soltanto quelli “generosi” nei voti; tuttavia, grazie a F.R, ho capito che il buon insegnante è quello che riesce ad aiutare l’allievo ad aprire la sua mente ad un pensiero critico, nuovo, ad una nuova visione del mondo. Quell’insegnante sarà apprezzato, ammirato, ricordato…molto più di quello che ha elargito soltanto buoni voti.
    Infine, mi piacerebbe concludere, con un frammento di un autore latino a me molto caro, che così recita:
    “Assuma prima di tutto verso i suoi discepoli i sentimenti di un genitore e creda di succedere al posto di coloro che gli hanno affidato i figli. Egli stesso non abbia e non permetta vizi. La sua severità non sia rigorosa, la benevolenza eccessiva, in modo che non nasca da quella l’odio, da questa il disprezzo. Parli moltissimo di ciò che è buono e onesto; infatti quanto più spesso ammonirà, tanto più raramente castigherà. Non sia affatto iroso nè trascuri quelle cose che sono da biasimare; sia chiaro nell’insegnare, lavoratore, assiduo piuttosto che eccessivo. Risponda volentieri a quelli che lo interrogano, si rivolga di sua iniziativa a quelli che non lo fanno. Riguardo alle risposte date dagli alunni e che gli sembrano degne di lode non sia avaro né prodigo, poiché l’avarizia genera la noia per il lavoro; la prodigalità, presunzione. Nel punire ciò che lo merita, non sia acerbo e offensivo; invero, proprio questo allontana molti dal proposito di studiare e cioè che alcuni docenti rimproverano come se odiassero; dica ogni giorno qualcosa, anzi molte cose che poi quelli che lo ascoltano ripetano tra di sé. Infatti dalla lettura tanti esempi da imitare si possono trarre fuori ma di più nutre la voce e specialmente la voce di quel precettore che i discepoli, se sono stati rettamente istruiti, amano e rispettano.”
    (Quintiliano, Le qualità del precettore)
    Angelica Marinelli ( II parte)

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  46. “Se siamo bravi è merito loro. Se siamo ciucci pure”.
    Amati, combattuti, adorati, sono rimasti comunque scalfiti nella nostra memoria. Bisogna solo avere la fortuna di incontrare quelli giusti. Sono gli insegnanti i primi architetti di una vita, dopo i genitori.
    Quelli che aiutano a mettere le basi di una vita, a capire chi siamo e chi potremo diventare da grandi.
    Devo ammettere che sono stata molto fortunata a incontrare nel mio percorso scolastico un buon numero di docenti, più o meno oggettivi, più o meno attenti, ma tutti seriamente preparati.
    Ricordo con grande affetto la professoressa di latino e greco (e poi anche di italiano) soprattutto perché è stata la prima insegnante conosciuta il primo giorno del “temutissimo” liceo classico: un profondo cambiamento, ma ancor di più, una grande paura mista ad ansia per materie, appunto, come greco e latino.
    Una professoressa molto giovane (già per insegnare in un liceo), dolce, affabile, mai un urlo esagerato, mai una parola fuori posto verso noi alunni. Ho avuto il privilegio di imparare molto da lei, una donna di profonda cultura e di intelligenza inestimabile … il valore aggiunto, un autentico “pozzo di conoscenza”. Perché avere un buon bagaglio culturale e poter vantare una vivacità intellettiva rara non sono la stessa cosa. Non si trattava di genialità, ma di semplice approccio alla vita. Il suo insegnamento più grande è stato proprio quello di comunicarci schiettamente l’importanza, il valore della cultura, quella vera. Mai un segno di presunzione, il suo era un atteggiamento all’insegna dell’umiltà e della serietà.
    Come non ricordare il suo amore, la sua passione nelle spiegazioni, così rilassanti quanto interessanti, cercare sempre di attualizzare le tragedie greche (come Medea e Antigone). Ma soprattutto la sua dialettica curatissima è l’aspetto che più di tutti mi ha sempre colpito, infatti riusciva a catturare l’attenzione dell’intera classe. Inoltre, le piaceva tantissimo discutere con noi alunni di ciò che accadeva nel mondo, ci consigliava sempre dei libri da leggere, magari durante le vacanze e, quando possibile, organizzava uscite a teatro.
    Durante le interrogazioni faceva sempre domande difficili (di quelle che ci devi arrivare ragionando), mai scontate. Pretendeva esposizioni semplici, chiare, dirette e quasi impeccabili, non erano ovviamente ammesse ripetizioni mnemoniche dei contenuti. Nelle valutazioni era sempre giusta: chi studiava veniva premiato, senza alcun tipo di condizionamento dovuto a particolari simpatie.
    Una professoressa che ci ha seguiti dal primo all’ultimo anno, che ha vissuto con noi momenti felici e momenti difficili, che ha condiviso, che ci faceva notare, mai con troppo durezza, i nostri errori. Per tutto questo, anche dopo il liceo, spesso sono andata a salutarla e ad aggiornarla sul mio percorso.
    Spero di riuscire a infondere nei miei futuri alunni la passione, la determinazione, la curiosità,il dialogo, l’amore per la conoscenza.
    Angela Novelli

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  49. Non so dire con certezza chi sia il sign. C.T.,ma in poche righe cercherò di descrivere quello che di tanto c'è nel prof. C.T.
    Ero al quarto anno di liceo e di insegnanti ne avevo incontrati tanti:paziente,disponibile,corretto,ingiusto,ansioso,terrificante,vendicativo,comprensivo,generoso ed ero pronta ad etichettare il “nuovo arrivato” con un aggettivo nuovo o già usato.
    Quel giorno di metà settembre, la porta si aprì lentamente, semplice ed elegante al contempo,con un sorriso di letizia con il quale chiedeva il permesso di entrare nelle nostre vite, senza intrufolarsi;ci guardò e annunciò”Bonjour!Je suis C.T., votre professeur d'histoire et de philosophie”.
    Aveva vissuto per un po' in Francia, forse per questo aveva la mente così aperta,e con le sue lezioni interdisciplinari(filosofia,storia,musica,francese)insegnava anche a noi ragazzi che si può imparare sempre,da chiunque e in qualunque modo, anche con poesie e canzoni.
    Potevamo essere in gita,in aula,nei corridoi, in biblioteca, quando c'era lui si faceva scuola; non ci ha mai fatto sentire l'ansia e il peso dello studio,dello scorrere del tempo e del programma che “doveva essere terminato”.
    Ricordo i suoi occhi brillare di sapere;parlava dei filosofi con una naturalezza come quella con cui si parla di vecchi amici e delle opinioni scambiate.
    Il suo cavallo di battaglia era storia:rivoluzione francese,americana,dopoguerra,spiegava come se fosse stato ovunque, in ogni tempo,e noi esterrefatti e sbigottiti per quante conoscenze erano deposte in quel singolo e umile uomo , con quante competenze e abilità le faceva riemergere e ci guidava per farci viaggiare assieme a lui.
    Non c'erano tempi,consegne,insufficienze,ma quando ritenevamo di essere preparati, ci distribuiva caramelle al caffè simboliche, discutevamo insieme e si assicurava che avessimo appreso appieno.
    Quasi al termine del liceo,ci confidò di essere stato, in passato,un poliziotto e di aver vissuto agiatamente,ma di essersi svestito di questa carica,per andare ad occupare quel posto che da sempre aveva il cartellino “riservato” con su scritto il suo nome:quello di professore era e sarà sempre la sua grande vocazione!
    Mi ha consigliato di non ascoltare i giudizi degli altri e di fare le scelte che più mi avrebbero potuto rendere felice; grazie a lui ho deciso di intraprendere questa strada,sperando di essere per i miei futuri alunni quello che lui è stato per me:insegnante saggio,sapiente,presente allora e tuttora con i suoi consigli e citazioni che riecheggiano nella mia mente.
    Antonella Fascione

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  50. Rifletto sul mio percorso scolastico, ricordo i miei insegnanti che, ognuno a modo suo, ha lasciato in me un segno ,positivo o negativo, bello o meno bello, ma che comunque ha contribuito alla formazione della mia personalità. Ma sfogliando l'album dei ricordi del liceo non posso far a meno di dedicare un ricordo particolare a lei, che ha lasciato nel mio io un’impronta indelebile. Era il primo giorno del primo anno, vidi entrare nella mia nuova realtà la professoressa di lingue, nonché la materia da me più odiata sin da quando ero piccolina . La professoressa tanto temuta da tutta la scuola entrò, ed era molto seria, tanto che pensai non fosse in grado di sorridere; una donna “ tutta d’un pezzo”. Passai l’intera ora a osservare i suoi modi di fare senza riuscire a comprenderli. Il tempo passava ed ero sempre più attratta dal suo modo di fare particolarmente misterioso, dal metodo attraverso il quale traslocava le conoscenze della sua disciplina. Ma il suo interesse non era rivolto solo ed esclusivamente a trasmetterci meri e sterili contenuti, ma si mostrò attenta dal primo momento all'armonia tra tutte le componenti della mia classe. Così io iniziai ad ammirarla poiché mi era sempre capitato di incontrare professori molto preparati i quali però ponevano poca attenzione al clima tempestoso della mio gruppo classe. Iniziò a mettere in atto delle strategie per risolvere questo problema, ci faceva lavorare in gruppo così che ognuna di noi inevitabilmente doveva collaborare con l’altra sotto la sua vigilante supervisione. Ogni volta durante l’ora della sua materia dovevamo mettere da parte rancori e inimicizie per dialogare nella lingua da lei insegnata, il francese. Iniziai a concepire il francese diversamente fino al punto di innamorarmi del suo ritmo musicale e della sua affascinante fonetica. Ad ogni colloquio con lei ,diversamente da ciò che accadeva con tutte le altre materie, tutte le ragazze si presentavano e si faceva a turno con i volontari. anche gli altri professori la guardavano stupiti e, sono convinta, che anche se in segreto, provavano nei suoi confronti quella sana "gelosia" di chi fa del proprio mestiere la sua vita. Mi sono sempre chiesta quale fosse il segreto del suo successo.
    Merla Simona I parte

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  51. Ora che riguardo indietro con il senno di poi e analizzo i suoi atteggiamenti mi rendo conto che non si tratta di uno ma di tanti segreti. Il primo è quello che io reputo più importante: aveva una sorta di "sacro timore " nei confronti di noi studenti, non ci offendeva mai, ci rispettava come "creature in cammino" e pretendeva da noi lo stesso rispetto x lei che ci "insegnava a camminare". Le bastava uno sguardo diretto negli occhi per capire se ero riuscita ad apprendere ciò che lei aveva detto come in un idillio d’amore. Ci “raccontava” cosa dovevamo studiare con tanta passione da rapirmi e catapultarmi nella realtà francese. Così iniziai a sentirmi inadeguata, non pronunciavo bene il francese e non potevo permettermi di darle una delusione tanto grande. ;a quel punto mi domandai come avrei potuto colmare quella lacuna e iniziai a guardare film e ascoltare canzoni in francese così da migliorare la mia pronuncia e dimostrare alla mia mitica professoressa che tutti i suoi sforzi non erano stati vani . Ricordo che tutti gli anni ci faceva cucinare a scuola delle ricette nuove e tipiche della Francia così da suscitare in me la voglia di “sapere” sempre più sulla cultura, le tradizioni, i modi di vivere degli abitanti del paese. Lentamente riuscii, grazie a lei, a trasformare l’odio per il francese in un amore incessante. Devo a lei tanto; vorrei poter insegnare un giorno con la sua stessa passione e il suo amore per una professione che non può essere un lavoro fatto solo con la mente. In lei trovo realizzato ciò che san Francesco diceva a proposito del lavoro : "chi lavora con le mani è un operaio, chi lavora con le mani e la testa è un artigiano, chi lavora con le mani, la testa e il cuore è un artista". Lei ha operato in me quella trasformazione che solo un'artista può fare : trasformare l'animo ordinario e terreno di una ragazza normale nell'animo di una donna con una sola aspirazione...collaborare alla realizzazione di un mondo più bello spendendosi per la crescita delle nuove generazioni.
    Merla Simona II parte

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  52. Potrebbe sembrarvi strano, ma l’insegnante di cui ho deciso di parlarvi è lei, proprio lei, la tanto severa e temuta professoressa di matematica e fisica. Veterana dell’istituto, da sempre descritta come la più drastica e esigente, dai voti bassissimi. Impauriti dalle affermazioni dei ragazzi a cui aveva già insegnato, iniziamo il nostro cammino insieme in terzo liceo. I primi giorni si sa, si è ancora intimoriti, ma, grazie a lei e ai suoi modi di approcciarsi a noi, la paura è passata quasi subito, lasciando spazio alla voglia che avevamo sia noi, che lei di conoscerci. All’inizio ci ha mostrato il programma e le procedure con cui lo avremmo svolto. Le spiegazioni si mostravano affascinanti e coinvolgenti; si notava l’amore che provava verso questa materia e il desiderio di riuscire a trasmetterla anche a noi, nonostante sapeva che la sua era una disciplina ostica, non amata da tutti. A mio parere, le sue lezioni erano quelle che ogni insegnante avrebbe dovuto fare: all’inizio si ripetevano le cose già fatte e soltanto dopo essersi assicurata che tutti avevano capito l’argomento, procedeva a spiegare i nuovi argomenti. Con lei era impossibile non stare attenti; aveva un modo di comunicare e di trasmettere quelle nozioni incantevole; riusciva quasi a renderti la matematica “banale”. Era disposta a spiegarti le cose infinite volte, per lei questo era importante. In quei tre anni abbiamo instaurato un rapporto bellissimo, diventando nostra “amica” quando capiva che avevamo bisogno di lei e molto dura quando era necessario per indurci a studiare. Quando mi è stato chiesto di quale insegnante ho ancora oggi un ricordo positivo, non ho esitato un attimo a pensare a lei. Si può dire che è stata la persona che mi ha ispirato per la mia scelta per un futuro lavorativo. È proprio così che vorrei essere: in grado di insegnare ai miei alunni, capace di trasmetterli tutti i saperi di cui dispongo, ma cercando anche di essere per loro un punto di riferimento, una persona importante, presente sempre nella loro vita, non solo nel momento della lezione.
    Giorgia Santagata

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  53. Dovendo dare un colore alla mia infanzia, sceglierei sicuramente il bianco. Ricordo ancora quando da piccolina, i miei genitori mi portarono in un asilo cattolico, gestito da circa sei suore dall’aria dolce, affabile e premurosa. Mia madre e mio padre vollero scegliere accuratamente l’asilo che avrei dovuto frequentare, e quello sembrava rispecchiare quasi in pieno i canoni della perfezione. Settembre  arrivò in fretta ed io mi accingevo ad iniziare il mio percorso scolastico; non mi ci volle molto per capire che quelle che sembravano le suore più amabili del mondo, in realtà erano tutt’altro che devote al loro lavoro, e forse anche al Signore stesso. Ben presto, quello spazio apparentemente paradisiaco si trasformò in una prigione per bambini, dove i genitori “posavano” i loro pargoli, in piena fiducia.
    Da sempre sono stata una bambina tutt’altro che loquace, ma un genitore lo sa; qualunque cosa tu voglia tenergli nascosta, lui in realtà la conosce alla perfezione. Così arrivò il giorno della “liberazione”, quando cambiai asilo, ed ero felicissima. Ricordo ancora oggi la tunica bianca delle suore; quella tunica, quel colore, hanno per sempre segnato la mia infanzia.
    Nell’altro asilo ero felice: anche lì vi erano “maestre poco materne” ma se non altro, se a mensa non volevo la carne e la buttavo nella spazzatura, nessuno mi costringeva a riprenderla e mangiarla.
    Iniziai le elementari e tutto mi sembrava diverso. Ricordo ancora la maestra d’italiano; ci faceva sempre fare tanti lavoretti manuali e pochi “lavoretti sui quaderni”. Era brava, ma come per le altre maestre, tutti avevamo intuito che la ragione principale per la quale veniva a scuola, era per andare a fare compere a inizio mese, a Roma in via Condotti. A noi diceva di assentarsi per via dell’influenza, poi nella ricreazione la si poteva sentir discutere con le colleghe delle spese folli nei giorni recedenti. Inutile dirvi che mia madre, mamma e maestra esemplare, iniziò ad accorgersi della mia quasi totale ignoranza in Italiano e dovette farmi da insegnate privato.
    La maestra di matematica ci faceva studiare di più, tuttavia la sua era la classica lezione sterile, fine a se stessa. Non si preoccupava di farti appassionare alla sua materia, ma forse neanche lei ne aveva passione. Ricordo che io per lei ero schedata come “non portata per la matematica”. Oggi come oggi, vorrei farle fare una chiacchierata con i miei prof di matematica del liceo, di sicuro la penserebbero diversamente.
    L’uscita di scuola era il momento più bello della giornata; si tornava a casa, il posto dove si stava bene davvero e poi facevamo i compiti. Quasi nessuno di noi in quei cinque anni di scuola elementare, era riuscito ad appassionarsi ad una materia; si studiava solo perché lo si doveva fare ma non per la gioia di farlo. Le ore in classe trascorrevano lentamente e in monotonia, ma non nell’ora di religione, non con lei.
    Dolce, materna, e paziente, la maestra Tiziana era per tutti noi come una “mamma buona”; ricordo che quando si rivolgeva a noi, non strillava mai, piuttosto metteva in atto tutte le strategie in suo possesso per educarci al silenzio e al rispetto per la lezione. Ma non strillava, mai. Aveva una voce armoniosa, ci trasmetteva pace e nei suoi occhi potevi capire con quanta passione e dedizione ti insegnava la parola di Dio. Gli occhi le si illuminavano quando, guardandoci, capiva che eravamo felici di vederla e che non vedevamo l’ora di farle mille domande. 

    Maria Teresa Napoletano parte1

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  54. Non aveva figli ma aveva noi e aveva Dio. Ricordo che le uniche volte che ho pregato a scuola è stato con lei. Di sicuro aveva più fede e devozione di tutte le sei suore messe insieme, te ne accorgevi dalle sue azioni e dal modo in cui amava il prossimo, come se stessa. Insieme trascorrevamo pochissimo tempo, eppure la qualità di quell’ora a settimana trascorsa in sua compagnia , compensava il tempo i cui le stavamo lontani. Era l’insegnate più scrupolosa che io abbia mai avuto, sempre attenta che tutti avessero compreso ciò che spiegava; insomma, faceva bene il suo lavoro e con la voglia di volerci davvero insegnare qualcosa.
    Complessivamente, posso definire il mio percorso scolastico tutt’altro che in discesa; tanti sono stati gli ostacoli e tante le difficoltà, ma tante non erano le figure disposte a facilitarci le cose, poiché è questo che un’insegnate dovrebbe fare. La maestra Tiziana mi ha trasmesso tanto, una moltitudine di nozioni delle quali farò senz’altro tesoro nella mia futura carriera da insegnante. Trasmettere alle generazioni future il nostro sapere, affrontare con loro le difficoltà ma soprattutto farli appassionare a qualcosa, farli appassionare alla scuola e all’apprendimento, affinché la scuola non venga vista sempre e solo come “strumento di tortura” dai bambini. Per questo, non finirò mai di ringraziare quell’insegnante che ha saputo far maturare in me la consapevolezza che è solo amando il proprio lavoro che si raccolgono i risultati migliori.
    Maria Teresa Napoletano parte2

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  55. Di tutti gli insegnanti che si sono rincorsi nei miei anni tra banchi di scuola ed aule universitarie credo che quello che ha lasciato il segno più profondo, il ricordo più vivo, sia stato C.F., professore di Diritto Internazionale.
    Ricordo perfettamente la sensazione provata il giorno in cui ho ritirato il testo di riferimento del corso in libreria: un “mattone”, non fosse altro che per lo spessore del libro e l’azzeccatissimo colore bordeaux della copertina. Cinquecentotrentadue pagine fitte di sentenze, commenti ed approfondimenti. Basta poco ad uno studente universitario per capire il grado di difficoltà di un esame e devo ammettere che quel giorno, uscendo dalla libreria, mi rassegnavo ad ore di studio “matte e disperatissime”.
    E’ bastata tuttavia la prima ora di lezione a smentire ogni mia più nefasta previsione. Il professore, dall’aspetto severo e composto, in realtà non faceva nulla per nascondere il proprio entusiasmo per le tematiche che di volta in volta affrontava, finendo presto per contagiare anche noi studenti. Non si limitava a spiegare unilateralmente i vari argomenti, ma invitava tutti i presenti, da soli o in gruppo, a studiare prima di ogni lezione un case study su delle tematiche precise, in modo che ognuno sviluppasse le proprie idee a riguardo e che le illustrasse poi in aula, in un vero e proprio dibattito.
    F.C. considerava l’aula un’arena di confronto e, calandosi nel ruolo per la mia esperienza sicuramente inedito di moderatore tra i diversi punti di vista, seguiva e dirigeva la discussione, forniva spunti ed elementi di riflessione, certamente consapevole di fare un lavoro utile tanto a se stesso quanto all’aula.
    Le cinquecentotrendadue pagine del “mattone”, piene di note e sottolineature, sono letteralmente scivolate via quel semestre e oggi sono lì, rilegate nella loro copertina bordeaux, sul ripiano più alto della mia libreria a ricordarmi uno dei corsi più interessanti e stimolanti che io abbia mai seguito.
    Filly

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  56. Credo che parlare di qualcuno sia di per sé molto impegnativo, ma quando il soggetto da prendere in questione è un insegnate, tutto si complica. Io vorrei oggi parlarvi della mia professoressa di lettere del liceo, una donna, un modello. È arrivata in classe in un momento in cui noi allievi eravamo destabilizzati a causa dei frequenti “cambi” di professori e pertanto di metodi e di valutazioni. Lei ha attentamente analizzato ogni nostra parola, ha pazientemente ascoltato tutto il nostro sfogo e poi, anziché imporsi, come altri prima di lei avevano fatto, ci ha permesso di conoscere un po’ di lei. Durante la prima settimana non abbiamo utilizzato alcun libro, quaderno, non una goccia di inchiostro è rimasta impressa sui fogli; quello che per lei, e poi si è scoperto solo più tardi anche per noi, era importante è stato “fare conoscenza”. Noi le dicevamo che non sapevamo fare niente e lei rispondeva che un giorno avremmo imparato, noi eravamo convinti dei nostri limiti e lei ci confidava che aveva fiducia in noi e che credeva nelle nostre potenzialità, noi credevamo di non sapere da dove iniziare e lei meticolosamente ci guidava. È stata proprio quella motivazione che mi ha dato la spinta necessaria per ricominciare un percorso che credevo ormai compromesso. Da sempre ho pensato alla letteratura in maniera cinica, invece grazie a lei e al suo prezioso insegnamento, ho “imparato ad imparare”. Mi sono sempre chiesta come mai quando pronunciavo il suo nome alle persone, queste lo ripetevano e sorridevano. Dopo averla conosciuta e dopo averla salutata l’ho capito. E oggi sorrido anche io pensando a lei.
    Camilla Mucciardi

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  57. Alle scuole elementari ho avuto un ottimo esempio di maestra e ho di lei un ricordo molto sereno e dolce. Purtroppo, però, nel concreto i ricordi si annebbiano quindi parlerò di un’altrettanto ottima insegnante delle scuole superiori.
    Tale professoressa ha insegnato alla mia classe inglese per 5 anni e in questo periodo di tempo è riuscita a portare a discreti livelli gli alunni che meno ne sapevano e contemporaneamente a migliorare sempre di più i più bravi, pur non evidenziando mai le differenze e non facendo mai sentire i meno bravi “minori”, anzi, mostrava nei loro confronti una certa fierezza ad ogni piccolo miglioramento, anche il passaggio dal 4 al 5 perché lei sapeva che poi avrebbero raggiunto il 6. Tale fierezza non mancava neppure nei confronti dei più bravi e sicuramente questo suo VERO interesse verso la nostra cultura e verso noi stessi ci invogliava molto a migliorare.
    Per quanto riguarda le sue lezioni, la sua spiegazione di letteratura mi portava in un altro universo, era entusiasmante come riuscisse a collegare le opere studiate con la nostra vita quotidiana facendo esempi odierni e travolgenti; al suono della campanella ero quasi dispiaciuta di “dover tornare nella semplice e spesso noiosa realtà scolastica”. Durante queste lezioni amavo come evidenziasse l’importanza di determinati valori che spesso purtroppo risultano assenti, insegnandoci a rispettarci, a saper discutere, a saperci ribellare quando era giusto usando testa e cautela e la professoressa usava nei nostri confronti lo stesso rispetto che voleva noi portassimo nei suoi confronti e verso i nostri compagni.
    Inoltre è stata talmente in gamba da darci gli strumenti per le altre materie insegnandoci a comprendere ed analizzare autonomamente un testo o un problema, azioni di cui purtroppo eravamo incapaci.
    Mi piaceva molto di lei anche che, a differenza di molti altri professori, fosse continuamente aggiornata.
    Se riuscirò a realizzare i miei desideri sicuramente questa sarà una figura che terrò sempre presente cercando di diventate una buona insegnante per gli alunni che verranno dando loro conoscenze disciplinari, competenze e valori morali che spesso risultano assenti oggigiorno.
    Un importante fattore che terrò molto a mente della mi professoressa è il suo “sdoppiamento”, una parte di ei assumeva i nostri panni e si poneva tra i banchi, e l’altra invece si poneva dietro la cattedra e diventava la classica figura di insegnante, in tal modo noi ci sentivamo liberi di poterci confidare e allo stesso tempo riusciva a gestire la classe come se fosse la cosa più semplice del mondo. Non so ancora come riuscisse a farlo ma sono determinata a scoprirlo perché voglio dare ai miei futuri alunni lo stesso senso di sicurezza, di familiarità e allo stesso tempo senso del dovere e responsabilità.
    Sabatino S.

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  58. Ricordo molto bene il mio professore di storia dell’arte che ho avuto la fortuna di conoscere quando frequentavo le scuole superiori. Come potrebbe essere diversamente! Persona di grande cultura e creatività è stata una figura basilare nel mio percorso di formazione, in un’età complessa com’è quella adolescenziale in cui ciascuno è alla ricerca di un sé ”altro” e autonomo rispetto alle canoniche figure di riferimento e le istanze dell’anima spesso sono inespresse o non comprese dal mondo adulto. Credo che l’influenza che questo insegnante abbia esercitato in questo particolare momento della mia vita sia stato determinante per l’evoluzione successiva. E’ stato un anello di congiunzione essenziale tra due fasi.
    Profondo conoscitore della disciplina, purtuttavia non ha mai ridotto la propria professionalità ad un’attività trasmissiva nella quale privilegiare la logica quantitativo/cumulativa. Possedeva il gran pregio od intuizione di andare oltre il vincolo istituzionale derivante dal proprio ruolo, per scoprire l’individuo nella sua essenza, aiutandolo a capire sé stesso e ad esprimersi al meglio. Ciascuno di noi era per lui fonte di ricchezza e potenzialità ancora inespressa; non ha mai stigmatizzato i nostri limiti ma esaltato le capacità di ciascuno. Era evidente, a tutti noi, l’amore, la passione e la ricerca continua profusi nella sua pratica didattica che non ha mai ridotto a certo ritualismo alienante…ed è proprio nella competenza di capire ed utilizzare la ricerca per evolvere la propria pratica didattica che risiede, secondo me, la differenza tra un insegnante come mero esecutore di programmi già elaborati, sterile trasmettitore, e il professionista che si discosta anni luce dalla logica propria dell’impiegato statale ormai disilluso e malpagato, ma che sa agire in un contesto mutevole perché sente la necessità della continua riflessione su questo contesto, oltreché di studiare la propria pratica didattica in azione e non a tavolino, per meglio adattarsi e rispondere ai molteplici imprevisti che ci si trova a fronteggiare giorno dopo giorno. Questo ho imparato da lui, il significato autentico del far scuola e ricerca che è deontologia professionale.
    Stefania Bivona

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  59. Ognuno di noi,durante la sua carriera scolastica,ha avuto il piacere di incontrare sulla sua strada una sfilza di professori diversi e con caratteristiche,allo stesso tempo,del tutto diverse tra loro. Non è semplice,ma nemmeno impossibile,tenere presente colui o colei che maggiormente hanno saputo catturare la nostra attenzione. Nel mio caso tutto ciò è avvenuto col professore I.I,durante gli anni in cui frequentavo la scuola superiore di primo grado. La cosa che maggiormente mi colpì fu il suo modo di rapportarsi con noi alunni,un modo del tutto nuovo e che ai nostri occhi era sconosciuto. Sicuramente preponderante è stata la sua esperienza formativa,in quanto lo ha visto,per lungo tempo,docente in una delle maggiori università d'Italia. Il suo amore per la materia ha fatto sì di suscitare anche in noi un vivo interesse per questa,la storia,che non a tutti era simpatica,ma che veniva spesso etichettata come ostica e noiosa. La sua passione per la storia era tale da trasportare la mente di ciascuno di noi in un universo quasi parallelo,al fianco di dame e cavalieri,re e papi,epoche e vicende storiche diverse,quasi ad essere un tutt'uno con le vicende narrate sui libri. Aveva la capacità di rendere anche la più complicata spiegazione in una semplice successione di eventi,e il suo essere chiaro nelle spiegazioni ci permetteva di capire al meglio e di fare domande laddove lo ritenevamo opportuno. Noi alunni avevamo sviluppato una vera e proprie attrazione per la sua materia che ci ha portati più volte a discutere dei fatti narrati al di là delle ore prefissate di lezione,avendo come supporto anche le varie ricerche effettuate e che poi facevano da sfondo ai vari dibattiti. La sua calma e professionalità,il suo essere sempre disponibile per confronti e chiarimenti mi ha portato sin qui. La scelta che ho compiuto,quella di diventare insegnante,in parte è dovuta anche al mio professore e,come lui,spero che un giorno i miei futuri allievi possano dire di aver incontrato sulla strada del loro cammino un'insegnante altrettanto ammirevole.
    Nadia Bao

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  60. E' molto difficile per me, descrivere un insegnante del mio percorso di studi poiché ognuno di loro mi ha lasciato un insegnamento. Oggi ho deciso di parlare della mia maestra d' italiano: L.B. , una gran bella donna, alta 1.75 m, molto magra con capelli corti e rossi ma il suo difetto era quello di avere un atteggiamento distaccato da tutti e con tutti.
    Provenivo da una scuola materna molto accogliente e avevo delle insegnanti che ogni giorno ci dimostravano molto affetto.
    Iniziata la prima elementare, mi aspettavo un ambiente altrettanto accogliente con delle maestre affettuose ma ciò non avvenne e rimasi molto delusa. La maestra L.B. era molto seriosa, raramente sorrideva e non faceva altro che parlare dei suoi figli gemelli, non molto più grandi di noi, descrivendoli come dei geni.
    Ricordo ancora oggi, quel giorno che tornai a casa in una valle di lacrime perché durante un' esercitazione di grammatica, mi chiamò alla cattedra per correggermi l' esercizio e notò due errori di distrazione, così mi sbarrò con l' inchiostro rosso la pagina, la strappò e dovetti riportarla a scuola, il giorno dopo, firmata dai miei genitori. Da quel momento iniziò il terrore nei suoi confronti così mi impegnai seriamente. Oggi, sono riconoscente nei suoi confronti poiché mi ha insegnato, sin da piccola, che molte cose nella vita vanno prese sul serio ed inoltre è stata capace di costruire delle ottime fondamenta che mi hanno aiutato durante il percorso scolastico.
    Oggi ho il piacere di incontrarla spesso e la vedo con occhi diversi poiché la stimo molto sia come insegnante che come persona.
    Noemi Salemme

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  61. Il primo giorno di scuola elementare conobbi la maestra Maria, una persona eccezionale per la sua pazienza, calma e, soprattutto, passione per l’insegnamento. Era apprezzata da tutti per la sua grande capacità di ascolto, infatti, riusciva a farsi rispettare senza mai imporsi. Fu lei che seguì la mia classe per tutti e cinque gli anni. Ci insegnava tutte le materie, eravamo sempre avanti con i programmi, perché riusciva a suscitare in noi un grande interesse per lo studio. Ci entusiasmava in esperimenti, recite e anche gare, senza mai creare rivalità tra di noi, perché diceva sempre: “l’importante è imparare con il sorriso sulle labbra”. Riusciva a coinvolgerci e a farci apprendere sempre qualcosa di nuovo. Tutto questo lo faceva senza mai lasciare indietro nessuno, tutti dovevamo capire, altrimenti ci soffermavamo ancora su quell'argomento, perché il problema non era di chi non aveva capito, ma di tutti. Eravamo un gruppo e grazie a questo modo di pensare, nella nostra classe si era creato un clima familiare, sembrava quasi di stare a casa. Per questo, quando, finita la quinta, dovevamo “passare alle medie”, eravamo tutti un po’ tristi nel dover lasciare la nostra maestra; ma, anche qui fu brava a farci capire l’importanza di andare avanti, senza dimenticare quello che lasciavamo alle nostre spalle, facendo tesoro di tutti quelli che erano stati i suoi insegnamenti. La maestra, oltre alle conoscenze, ci “fece respirare” dei valori che ancora oggi porto dentro di me, come l’importanza del rispetto e della convivenza con gli altri. Infatti, solo oggi, guardandomi indietro, riesco a capire come quell'insegnante mi abbia formata non solo culturalmente, ma anche sul piano umano. Lei rappresentò un pilastro nella mia vita!
    Anna GELSI

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  62. Nel corso della mia carriera scolastica ho avuto il piacere di conoscere ottimi professori sia in campo professionale sia un ambito per così dire quotidiano, ma il professore che più mi è rimasto impresso è stato il mio prof. di storia e filosofia A. B.
    Sfortunatamente è stato con noi soltanto in 4° liceo, ma mi sento in dovere di ringraziarlo per tutto quello che ha fatto per la mia classe, ma soprattutto per me. Mi ha fatto appassionare alla filosofia più di quanto mi piacesse già:la spiegava in una maniera straordinaria, quando parlava tutta la mia classe aveva gli occhi fissi su di lui, si era creata una complicità tra noi e il prof. Mi piaceva tantissimo il suo modo di interagire con noi e questo non solo in ambito scolastico. Inoltre durante le lezioni ci raccontava un paio di aneddoti che ci facevano ridere a crepapelle. Essendo laureato anche in psicologia, sapeva come prenderci, essendo noi una classe particolarmente vivace già dal 1° anno di liceo. Parlando personalmente, mi ha aiutata molto in quell'anno , perché io sono sempre stata una ragazza con bassa autostima e lo davo molto a vedere e il mio caro prof. mi ha aiutata a farmi "rialzare", quindi è dovere per me considerarlo anche e direi soprattutto come uno speciale insegnante di vita. Per un professore è indispensabile essere rigoroso e giusto e lui lo era a tutti gli effetti; non direi la verità se dicessi che non era severo, ma la sua severità era compensata da un'innata dolcezza che pochi professori sanno trasmettere ed è per questo motivo che la sua severità non si notava più di tanto. Nonostante fosse una persona molto obiettiva e severa al punto giusto, al contempo era gentile, calma, buona, comprensiva e dolce e secondo me sono questi i requisiti per essere un buon insegnante e sicuramente è per questo che ho amato il suo modo di insegnare, ma soprattutto il suo modo di essere ed è per questa ragione che mi sento in dovere di ringraziare il mio prof. A. B. perché mi ha trasmesso tutta la sua bontà , la sua gioia di vivere e la sua forza per affrontare le difficoltà della vita.
    Incoronata Peluso

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  63. I.L. il prof che mi resterà impresso nella mente è indubbiamente quello di filosofia. Egli ha inciso molto sul mio percorso scolastico.
    Ero al terzo anno di liceo quando lui divenne il mio professore: era il più anziano dell’istituto ma, oserei dire, il più giovane dentro! Era pieno di entusiasmo e passione per la sua materia nonostante l’età che aveva. Il suo amore per la filosofia non si era affievolito anzi si rinvigoriva ogni qual volta spiegava (parlando del mitico Platone ancora gli si illuminavano gli occhi!).
    Inizialmente eravamo terrorizzati da lui, tant’è vero che dopo essere entrato, in aula iniziò a regnare un silenzio tombale in quanto non abituati a fare domande e chiedere chiarimenti riguardo discorsi filosofici che sentivamo lontani perché ci sentivamo intimoriti dalla sua immensa cultura ed inferiori. Le prime interrogazioni furono un disastro per tutti, in quanto per lui non primeggiava chi imparava il più schematicamente e meccanicamente possibile le formule proposte dal manuale.
    Era una persona molto colta, brillante ma soprattutto aveva una qualità che adoravo: l'ironia. La sua ironia era sottile. Fu proprio grazie questa ironia che tra noi si creasse un rapporto davvero speciale. Velocemente le cose cambiarono. Finalmente la sua cultura sproporzionata non ci spaventava più, ma diventava un dono, dono che un giorno ci avrebbe permesso di diventare come lui. Ad un tratto iniziarono,infatti, ad essere meno frequenti le assenze di massa, poiché anche se era troppo esigente, ormai diventava un piacere fare lezione con lui e perderne una significava perdere una lezione di vita. Era un insegnante giusto, coerente e appassionato e per lui insegnare era un piacere oltre che un "dovere".
    Ogni volta al suono della campana, controllava il suo orologio e lo confrontava con i nostri per impiegare anche l’ultimo minuto per trasmettere il suo sapere. Alla fine di ogni anno scolastico affermava :”Ragazzi non siate tristi, ci vedremo tra qualche settimana!”.
    Ci portava spesso del materiale integrativo delle "risorse extra" per i vari approfondimenti coinvolgendoci e stimolandoci sempre più. Dimostrava resistenza emotiva quando si trovava a trattare ragazzi difficili e situazioni problematiche, ma in virtù delle proprie competenze professionali e della propria esperienza riusciva sempre a mantenere la calma.
    L’insegnamento per lui è vita. Ci amava come figli propri, riconosceva in noi potenzialità e teneva, anche facendoci seguire percorsi diversi, che raggiungessimo obiettivi comuni. Io non sarei la stessa persona se non avessi conosciuto questo professore e amato studiato, elaborato in questa meravigliosa disciplina.
    Pepe Ilaria

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  64. Maria Serena Fanelli
    PARTE PRIMA
    L.A.C. , queste sono le iniziali di un uomo che non è stato solo il mio maestro delle scuole elementari ma un vero e proprio maestro di vita.
    Era l' anno scolastico 1982/'83 ed io frequentavo la prima classe della scuola elementare "M.C.", istituto intitolato al padre del mio insegnante.
    A quei tempi andare a scuola era cosa diversa. Non esistevano i supporti tecnologici che ci sono oggi, a casa ed a scuola anche una semplice ricerca imponeva un altro approccio. L.A.C. insegnava nella 'classe speciale', la classe in cui venivano accolti i bambini 'problematici' individuati e segnalati dalla dirigenza scolastica.
    Pur non avendo i 'requisiti' mio padre volle fortemente ed ottenne che io frequentassi la 'sezione C' dove insegnava L.A.C. suo carissimo amico e compagno di partito.
    Ricordo il mio disappunto e il dolore per quella scelta. Sarei stata assegnata alla sezione B come tutti i miei amici ma mio padre era sicuro della sua scelta ed io dovetti accettarla.
    Il primo giorno di scuola conobbi il mio nuovo insegnante. Era anziano e portava spessi occhiali. La sua era una figura austera, lo sguardo severo, la voce grave. Noi bambini eravamo intimoriti. L.A.C. non sorrise quella mattina.
    Dalla cattedra diede subito due comunicazioni di servizio importantissime. La prima era che il giorno seguente avremmo dovuto lasciare a casa i nostri grembiuli. A lui non piacevano le 'uniformi' ed i grembiuli gli ricordavano quelle indossate ai tempi del fascismo dai balilla. La seconda fu che non avremmo dovuto chiamarlo maestro ma 'insegnante'. Sosteneva che 'maestro' fosse colui che pensa di detenere un sapere assoluto, cosa che nemmeno una vita intera di studi non può garantire.
    A me, già indipendente e curiosa, quella figura piacque immediatamente. Per cinque anni occupammo sempre la stessa aula al primo piano. Quei cinque anni furono indimenticabili.
    Noi della Sezione C eravamo lo zimbello della scuola. Gli altri alunni ci consideravano 'strani' perchè non portavamo il grembiule, perché chiamavamo quell' uomo 'insegnante' e perché il problema di matematica non doveva esser definito 'problema' ma 'calcolo'. A noi tutto questo piaceva. Potevamo esprimerci liberamente nel rispetto del ruolo dell'insegnante e nel rispetto per i nostri compagni. Egli voleva rendere il nostro pensiero libero. Voleva renderci individui sicuri e critici.
    Odiava prepotenza ed arroganza e per lui il timido ed impacciato era come farfalla in attesa di venir fuori dal proprio bozzolo. Ognuna delle nostre lacune doveva e veniva colmata dal compagno che ne sapeva di più.
    Le lezioni non erano mai noiose. Il sabato divenne il 'giorno della creatività'. Si portava l'album da disegno, i colori, la colla, i pezzi di carta recuperata e liberamente ci si esprimeva.
    Maria Serena Fanelli
    PARTE PRIMA

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  65. Maria Serena Fanelli
    PARTE SECONDA
    Il venerdì divenne il "giorno delle scienze".
    Il vecchio televisore della scuola mandava le puntate del 'Mondo di Quark' che l'insegnante aveva registrato per noi su VHS perché la Rai quel programma lo mandava in onda in seconda serata e a noi bambini non era permesso di stare svegli fino a quell'ora. I documentari erano bellissimi, chiari e semplici da capire. Il nostro insegnante portava il mondo in classe. A fine programmazione si commentava la puntata e nascevano dibattiti.
    La scuola divenne davvero ambiente educativo e stimolante. In ognuno di noi esisteva un potenziale. Si trattava di individuarlo.
    In seconda elementare ci chiese di portare dei libri da tenere in classe da sfogliare e leggere durante la ricreazione.
    Quell'anno L.A.C. capì che amavo leggere, notò la mia passione per i libri ed un giorno mi fece un regalo che segnò la mia vita. Quella mattina L.A.C. arrivò in classe con un sacchetto di plastica bianca, quello per la spesa, mi chiamò alla cattedra e me lo consegnò. Il sacchetto conteneva due libri ed erano per me. Ero sorpresa ed emozionata. L'unico libro che avessi mai ricevuto in dono era un libro di fiabe, roba da bambini.
    'La bottega dell'antiquario' di Charles Dickens e 'La storia di Cosette' di Victor Hugo, questi i due libri. L'insegnante mi disse: "Spero ti piacciano, leggere fa bene quì" (e si toccò la tempia). Non aggiunse altro. C'era una dedica su ognuno di quei libri. "Alla mia cara alunna Serena Fanelli...negli anni più belli della sua vita". Se nella vita ho continuato a leggere e a provare a scrivere, se mi sono sempre chiesta il perché delle cose, se ho cercato di essere giusta, critica, se ho cercato di essere Serena Fanelli, se ho capito perché quelli fossero gli anni più belli della vita credo io lo debba a lui.



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  66. Ripensando alla mia esperienza di studentessa ho tanti ricordi, tutti bellissimi, non solo legati ai miei compagni ma anche ai miei insegnanti. Con loro ho sempre avuto un rapporto strettamente scolastico, ma mi sono affezionata a ognuno di loro. Una delle insegnanti di cui ho un ricordo positivo è la mia professoressa di matematica che ho avuto al primo e al quarto anno delle scuole superiori. Non sono stata mai particolarmente brava nelle materie scientifiche; infatti, al primo compito di matematica del liceo ho preso 4, ma la cosa positiva e che a fine anno sono arrivata a prendere 8. Grazie a lei. Spiegava molto bene, un argomento che a solo sentire il titolo sembrava un teorema, lo semplificava in modo tale da farlo capire a tutti. Era molto rigida. Durante la lezione doveva esserci un silenzio assoluto, il giorno della correzione degli esercizi assegnati per casa girava fra i banchi per controllare se tutti li avessimo fatti ( altrimenti un due sul registro non lo toglieva nessuno), dopo di che ci mandava uno alla volta alla lavagna per vedere se avevamo capito; erano rari i momenti in cui parlavamo di cose extrascolastiche. Non condivido molto i suoi modi di rapportarsi con noi alunni. Molti miei compagni erano terrorizzati da lei, tanto che a volte per l' ansia, andando alla lavagna non riuscivano a fare niente. Non ci veniva quasi mai incontro, non si metteva mai nei nostri panni..per lei tutti gli insuccessi erano dovuti a una mancanza di studio. Nonostante questi suoi aspetti negativi, ho deciso di parlare di lei perché è stata l' unica che in tredici anni mi ha fatto capire qualcosa, almeno le basi della matematica, ma soprattutto mi ha reso soddisfatta dei miei progressi, dei miei voti, perchè sapevo che con lei erano davvero meritati e giusti.
    Adele Passarella

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  67. Nella mia esperienza scolastica ho incontrato tanti maestri o professori "bravi" ma la mia mente é ancora vivo il ricordo della mia prima maestra di matematica A.C.
    A lei devo la mia passione piú grande, la matematica, starei ore ad ascoltare un buon professore parlare di matematica.
    Nei primi anni dell' elementari ha collegato la materia con il gioco. Infatti tutti avevamo numeri di cartoncino creati da noi cosí ci ha fatto conoscere i numeri ed in seguito somma e sottrazione, con l'abaco ed i regoli le decine e le unitá. Lei ci divideva in gruppi lasciandoci prima giocare liberamente con numeri per poi trascrivere i risultati.
    Con il passare degli anni la maestra ha diminuito in modo graduale la parte del gioco, senza peró eliminarla completamente, lasciando quel senso di felicitá nell'affrontare cose nuove.
    Lei infatti cercava sempre di venirci incontro cercava sempre di capire i nostri problemi ,soprattutto negli ultimi anni , non mancava mai la domanda come é andata la giornata? o come va? parlando di eventuali problemi o di momenti felici.
    Insomma, vorrei riuscire ,un giorno ,ha fare quello che A.C. ha fatto con me; cioé riconoscere e far crescere la passione dei miei futuri alunni.
    QUITADAMO MICHELE

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  68. Alle medie incontrai un docente di italiano che mi colpi particolarmente.
    Non solo mi colpi per il suo modo d'insegnamento ma anche per la sua personalità nell' insegnare. Tutti i giorni era a scuola, anche il giorno libero, perché passare del tempo a parlare con gli alunni e discutere con loro era quello che a lui piaceva di più. Era impossibile distrarsi durante una sua lezione, uno perché partiva immediato il richiamo, due perché ogni sua spiegazione era stupenda, si riusciva a capire come egli amasse le sue discipline riuscendo a infondere anche in noi. Infatti anche gli alunni più svogliati che non studiavano erano capaci di ripetere i concetti base che venivano ricordati all' infinito durante le spiegazioni in modo da non poterle più dimenticare.
    Lo ricordo come il più grande professore che abbia mai incontrato.
    QUITADAMO LUIGI

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