L’approccio storico non è il mio tuttavia quando mi sono
trovato tra le mani senza alcun mio
merito (uno dei soliti banchetti di libri dei mercatini estivi) il testo di
Giuseppe Lombardo-Radice, La buona messe, Associazione nazionale per gli
interessi del mezzogiorno, Roma 1926, ho intuito come tutta una serie di
questioni hanno radici antiche. Lombardo-Radice difende l’importanza del
disegno nella formazione del bambino verso posizioni che lo ritenevano del
tutto accessorio, una specie di lusso
estetico, e lo difende con un approccio
che non vuole il disegno come ripetizione di modelli standardizzati seguendo le
linee e i quadretti stampati sui fogli. Interessante l’elenco delle funzioni
affidate al disegno: “libero giouco a sfogo del bisogno di espressione che c’è
nel bambino; […] eccellente stimolo allo spirito di osservazione; […] commento
alle lezioni varie; […] educazione dell’autocontrollo intellettuale; […] preparazione
alla scrittura; […] integrazione delle descrizioni, per ciò che non è facile o
non giova esprimere a parole; e soprattutto come occupazione di riposo, a casa
e in iscuola” (p. 12). L’aspetto che mi stupisce, e che chiaramente va collocato
nel contesto del tempo, è come nonostante si voglia promuovere una educazione
all’immagine, quest’ultima sembra rimanere limitata, per tanti aspetti, ad una dimensione
ancillare, di riposo e di sfogo.
Un altro aspetto, che non mi aspettavo di trovare, è lo
scarto tra pratiche didattiche e riflessione pedagogica di natura accademica, scarto espresso in un
modo decisamente netto e diretto: “Singolar cosa l’assenza dei pedagogisti italiani nelle
esperienze didattiche nuove, salvo rarissime eccezioni. Anche quelli che da sé si
qualificano sperimentalisti quali esperienze
hanno compiute o indirizzate? Zero! La nuova pedagogia italiana ha i suoi veri
e soli pedagogisti nei maestri, ai quali i signori delle cattedre non faranno mai
posto nelle loro storie della pedagogia e dell’educazione!” (p. 26).