Dall'ultima opera di Jullien tradotta in italiano (F. Jullien, L'universale e il comune. Il dialogo tra culture, Laterza, Roma-Bari 2010) ho tratto una serie di spunti in tema di pedagogia e didattica interculturale (la dialettica tra emancipazione ed integrazione - pp. 115-116-, l'importnaza della dimensione operativa e pratica - p.128 -, il fatto che l'appartenza ad una cultura non può essere passiva - pp. 155-156 -, i rischi della rivendicazione dell'identità, - p. 165 -, ...).
Al di là di un utilizzo "professionale", mi ha colpito un passaggio:
"possiamo benissimo parlare tutto il giorno e persino tutta la vita "senza aver mai parlato" [...] è possibile mantenerci in un'intimità reciproca, partecipi l'uno dell'altro attraverso una parola ininterrotta ma, in effetti, senza mai esserci "detti" niente - senza che si sia mai manifestato il desiderio di produrre un "senso", senza che, niente, alla fine della giornata, valga la pena di essere consideratro un "enunciato"[...]" (p. 144).
Dedicato, ovviamente e con grande affetto, a coloro che sono capaci di parlare ore senza dire nulla...
Al di là di un utilizzo "professionale", mi ha colpito un passaggio:
"possiamo benissimo parlare tutto il giorno e persino tutta la vita "senza aver mai parlato" [...] è possibile mantenerci in un'intimità reciproca, partecipi l'uno dell'altro attraverso una parola ininterrotta ma, in effetti, senza mai esserci "detti" niente - senza che si sia mai manifestato il desiderio di produrre un "senso", senza che, niente, alla fine della giornata, valga la pena di essere consideratro un "enunciato"[...]" (p. 144).
Dedicato, ovviamente e con grande affetto, a coloro che sono capaci di parlare ore senza dire nulla...
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