"Certi mortali sono affetti da una rigidità di spirito, un difetto di elasticità dei lombi, una mancanza di flessibilità nella cervicale; quest' infelice funzionamento impedisce loro di perfezionarsi nell'arte di strisciare e li rende incapaci di fare carriera", pp. 12-13.
"Un buon cortigiano non deve mai avere un'opinione personale ma solamente quella del padrone o del ministro", p. 13.
"Il cortigiano deve ingegnarsi per essere affabile, affettuoso ed educato con tutti coloro che possono aiutarlo o nuocergli; deve mostrarsi arrogante soltanto con chi non gli serve a niente" p. 16.
"Il vero cortigiano è tenuto, come Arlecchino, ad essere amico di tutti, ma senza commettere la debolezza di affezionarsi a chicchessia; costretto a soggiogare l' amicizia e la sincerità, il suo attaccamento sarà riservato all' uomo al comando fino al momento in cui perde questo potere", p. 17.
I cortigiani "si inorgogliscono nell'esercizio dei più infimi incarichi presso l'adorata persona; giorno e notte aspirano alla gratificazione di essergli utili; lo scortano, si atteggiano a intermediari compiacenti di ogni suo piacere [...] il buon cortigiano è talmente assorbito dall' idea di dovere, che spesso si sente fiero nel compiere atti disprezzati anche dal più leale servitore" p. 19.
Paul H. D. d'Holbach, Saggio sull'arte di strisciare ad uso dei cortigiani, Il Melangolo, Genova 2009.
Sarà che in questi ultimi tempi ho visto retorica e servilismo sparsi a piene mani, la lettura di questo aureo libretto è stata davvero provvidenziale. La cosa che mi fa sorridere è che chi testimonia con pratiche costanti e palesi tale atteggiamento, al punto da esserne intriso sin nell'intimo, lo considera così normale da considerare sconveniente e scostumato chi si comporta altrimenti...
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