"ritengo che il punto di vista di scrittori e aspiranti pittori sia molto simile a quello dei pionieri del collezionismo [...] Nonostante tutta la retorica sulla storia e la memoria, i primi collezionisti non erano spinti dal desiderio di preservare le vestigia del passato, ma dall'esigenza di crearsi un'identità e, quindi, un nuovo futuro" (Orhan Pamuk, L'innocenza degli oggetti. Il museo dell'innocenza, Istanbul, Einaudi,Torino 2012, p. 46)
da Un Modesto manifesto per i musei
"Se gli oggetti non sono privati del loro ambiente e delle loro strade, ma vengono sistemati con cura e ingegno nelle loro case naturali, racconteranno da sé le proprie storie" (Orhan Pamuk, L'innocenza degli oggetti. Il museo dell'innocenza, Istanbul, Einaudi,Torino 2012, p. 57)
Il collezionare viene spesso inteso in termini negativi: ricerca talvolta ossessiva, al limite della patologia, di oggetti da tenere nascosti. Il collezionista è visto come colui che privilegia le cose rispetto alle persone, che preferisce quanto non è più utile rispetto a ciò che è vivo e funzionale. E i musei spesso, sia pure in modo riflesso, risentono di una tale visione.
Bella l'idea di Pamuk: il collezionare, gli oggetti "museali" assumono un nuovo valore: ci raccontano storie, ci permettono empaticamente di conoscere persone e condividere vite a patto che non siano separati dalla quotidianità ma facciano da tramite con la folla non anonima che sta dietro di loro.